Il tempo giusto di Simona Grancagnolo, all’esordio discografico con la Maremosso

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L’artista siciliana ci racconta il suo disco d’esordio Il tempo che conta (pubblicato dall’etichetta Maremosso), un affascinante viaggio nel pop d’autore prodotto da Rosario Di Bella. La incontriamo tra una lezione di yoga e un soundcheck: le chiediamo di raccontarci questa sua affascinante opera prima. A Settembre l’etichetta Maremosso ha pubblicato l’esordio discografico di Simona (al secolo Simona Grancagnolo), interprete siciliana di un pop raffinato e, al tempo stesso, estremamente accessibile, fresco e accattivante. La produzione è del suo conterraneo Rosario Di Bella, uno degli artisti più attenti e sensibili (e schivi) della scena musicale italiana, abile architetto di paesaggi elettroacustici, che ci ha recentemente regalato con Juri Camisasca lo splendido Spirituality, un disco destinato a rimanere nel tempo e a fare la gioia di chi abbia avuto la fortuna di ascoltarlo.
Puoi raccontarci il percorso che ti ha portata a questo esordio? Com’è avvenuto l’incontro con Rosario Di Bella?
La passione per la musica nasce con me, essendo figlia d’arte. Ho iniziato a stare sul palco sin dall’adolescenza e lo faccio ancora oggi esibendomi come cantante solista e con gruppi live presso molti locali siciliani. Nel 2015 fui segnalata a Rosario da alcuni musicisti amici comuni, dal momento che stava cercando una voce per la colonne sonora della trasmissione televisiva Voyager su Rai 2. Successivamente questa conoscenza mi ha dato la possibilità ed il piacere di lavorare al progetto Il tempo che conta, che mi ha appassionata e coinvolta sin da subito.
Tu e Rosario siete riusciti a dare un forte senso di unità ad un lavoro che attraversa territori molto eterogenei. Come avete fatto a tenere insieme assolate spiagge spagnole e steppe russe, elettronica e manouche, testi d’autore e micidiali ganci pop?
La musica come la vita è un continuo fluire, quindi ritengo che la chiave di tutto sia trovare il giusto equilibrio. In questo album, nonostante le diversità musicali, si è riusciti a creare un’armonia perfetta, grazie all’esperienza e alla maestria di Rosario, che ho seguito con molto entusiasmo.
Dopo la scomparsa di Lucio Battisti, in Italia si è venuta a creare una terra di nessuno tra l’impegno e il rigore formale della canzone d’autore e la fruibilità e la leggerezza del pop. Il tuo disco sembra voler ricreare un ponte tra questi due mondi ormai sempre più irrimediabilmente separati. E’ così?
Esattamente. Questo disco rappresenta il punto di unione di due realtà musicali: la canzone d’autore e il pop, passando attraverso melodie etniche e vintage, creando sicuramente una bella novità per questi tempi.
Quanto il tuo interesse per una disciplina come lo yoga ha influenzato il tuo approccio alla musica?
Lo yoga e la musica sono per me unione perfetta. Lo yoga è scienza, la musica è vibrazione. Entrambi rappresentano benessere e amore, strumenti necessari nella mia vita e di cui non potrei fare a meno.
Cosa significa per te questo disco e cosa possiamo aspettarci da Simona nel futuro?
Questo disco è il frutto della passione che ho sempre avuto per la musica. E’ senza dubbio un’esperienza di crescita professionale, sia perché ho avuto modo di lavorare con grandi nomi della musica italiana, sia perché ho avuto la possibilità di mettermi in gioco confrontandomi con me stessa, proprio per la diversità dei brani che ho interpretato. Nel futuro mi auguro di lavorare ad altri progetti interessanti, che mi portino a realizzare nuove esperienze stimolanti e di arricchimento. Mi piace scrivere e sperimentare anche mondi musicali particolari… chissà…
Come vivi l’esperienza del live e il contatto con il pubblico?
Il live è sempre un momento di grande emozione e di grande prova, perché è lì che esprimo me stessa e realizzo ciò che provo dentro, attraverso l’ascolto delle mie sensazioni, che sono anche quelle che mi auguro di trasmettere. E’ lì che faccio ogni volta esperienze nuove, e il pubblico, piccolo o grande che sia, per me è sempre fonte di entusiasmo, di motivazione e coinvolgimento. E’ davvero un gran bel momento di condivisione e di scambio reciproco di energia che mi porto dentro per giorni.
La musica, nell’era di internet, degli smartphone e della morte del disco, può ancora secondo te creare emozioni collettive?
Il settore musicale nell’era del web è completamente cambiato dagli anni 2000 ad oggi. Si è evoluto per certi aspetti, ma è diverso il modo in cui le persone sono capaci di interagire con i contenuti, vedi la velocità della condivisione di file musicali con amici o anche sconosciuti. Io ricordo invece i sacrifici che facevo nel mettere da parte i primi risparmi per acquistare i 33 o 45 giri dei miei artisti preferiti, ma ancor di più ricordo l’emozione che provavo ad avere la copia fisica in mano, prenotata e attesa anche per molto tempo. Oggi è tutto più semplice e facile da ottenere: lo vivo con mio figlio adolescente… Questo cambiamento ha un effetto drammatico dal punto di vista artistico, perché un intero lavoro di un musicista, viene frammentato in singoli, facendogli perdere la sua essenza, il suo mood, ma per fortuna è ai concerti che si ha la possibilità di vivere grandi emozioni sia per l’artista che per l’ascoltatore.