Catanzaro, tripudio per Cristiano De André al Festival d’Autunno

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Un’eredità da portare sulle spalle pesante come un macigno e da vivere come un impegno forte e molto sentito, quello di far conoscere alle nuove generazioni l’opera di suo padre Fabrizio. E’ esattamente ciò che ieri sera, nel Teatro Politeama di Catanzaro, che ha registrato un sold out, Cristiano De André ha dimostrato con una esibizione dalle mille sfumature musicali al Festival d’Autunno, ideato e diretto da Antonietta Santacroce.

Un evento in cui si è assistito alla attenta rilettura di uno degli album che ha ben definito un periodo della musica italiana: Storia di un impiegato. Un ruolo il suo di «sacerdote che porta la parola del Padre, come in una messa laica» con cui è riuscito a coinvolgere il pubblico che ha riconosciuto in quel figlio d’arte una capacità interpretativa di grande spessore.

Quelle canzoni scritte circa mezzo secolo fa sembrano essere state composte oggi, tanto suonano ancora attuali. Il merito di Cristiano De André è di aver dato loro una lettura moderna, evidenziando un coraggio artistico inconsueto nel confrontarsi con un album molto discusso, sicuramente il più politico dell’intera discografia del padre. I testi di Storia di un impiegato hanno anticipato i tempi e con il loro messaggio ancora oggi riescono nell’intento che si prefiggevano nel 1973: risvegliare le coscienze.

Per Cristiano De Andrè la Calabria è una regione che ha un significato importante. Era il 13 agosto del 1998 quando il padre si esibì in pubblico a Reggio Calabria nel suo ultimo concerto. Un rapporto speciale e forte che lo ha portato emotivamente a dare il massimo al pubblico che più volte nel corso della serata gli ha tributato lunghe ovazioni.

Riarrangiato con Stefano Melone, Storia di un impiegato è diventato una sorta di opera rock che assume un aspetto più forte di quello originale, in cui ogni brano è stato “urlato” nei momenti più intensi e sussurrato in quelli più intimi. Mai si è perso il senso originale voluto da Faber. Un fascino incontaminato, arricchito da arrangiamenti più potenti e intensi, pronti a porre l’accento alla sublime poetica dei testi. Tutto supportato da video proiettati alle spalle del gruppo con l’intento di rendere più vive le immagini descritte dai testi.

 

Accompagnato da Davide Devito alla batteria, Davide Pezzin al basso, Osvaldo Di Dio alle chitarre e Riccardo Di Paola a tastiere e programmazioni, che hanno sostenuto con forza le nuove letture rock, Cristiano De André ha confermato di essere un polistrumentista e un raffinato musicista dalle indiscusse qualità tecniche, avvicendandosi alla chitarra, alle tastiere, al bouzouki e al violino. Nella prima parte, di rilievo le esecuzioni de La bomba in testa, Al ballo mascherato e Il bombarolo. Ma il brano che più ha emozionato è stata una esecuzione di grande intensità e sensibilità solo piano e voce di Verranno a chiederti del nostro amore.

La seconda parte è stata contrassegnata dalla esecuzione di alcuni tra i brani più significativi del songbook di Fabrizio De André. Anche qui una scelta dei brani un po’ ardita, avendo escluso alcuni cavalli di battaglia con cui avrebbe riscosso i sicuri consensi del pubblico. La mancanza di Bocca di Rosa, La canzone di Marinella o La canzone dell’amore perduto è stata dettata dalla volontà di dare un messaggio forte oltre alla “presenza” socio-politica di Storia di un impiegato.

Cristiano De André è riuscito nell’intento scegliendo brani tratti dagli ultimi album di Fabrizio, Anime salve e Le nuvole. Introdotta da una presentazione dello stesso musicista, la seconda parte ha vissuto attimi profonda riflessione come quello vissuto con La domenica delle salme, uno dei capolavori della discografia di Fabrizio, unitamente ad altri che hanno creato attimi di grande esaltazione con la celeberrima Don Raffaé, Quello che non ho e la conclusiva Fiume Sand Creek, salutata da un lungo applauso che ha “costretto” il cantante e la sua band a tornare sul palco per eseguire Creuza de mä e Il pescatore. Quest’ultima è stata vibrante e coinvolgente grazie anche alla performance superba al violino elettrico di Cristiano, al cui termine si è assistito ad una esplosione di entusiasmo da parte del pubblico che ha regalato a tutti una standing ovation che ha commosso il figlio d’arte, erede di una storia da mantenere viva.

Venerdì 8 novembre, il Festival d’Autunno si concluderà conEmozioni. Un itinerario tra le canzoni di Mogol e Battisti, con Mogol, Gianmarco Carroccia e Orchestra. L’Autore più importante d’Italia racconterà il suo lungo e celebre sodalizio con Lucio Battisti a 20 anni dalla sua morte, svelando al pubblico aneddoti, curiosità, genesi e storia di canzoni intramontabili come Mi ritorni in menteLa Collina dei CiliegiIl mio canto libero Il tempo di morire. Insieme a lui sul palcoscenico un’orchestra di 16 elementi e la presenza di Gianmarco Carroccia che interpreterà, in modo fedele all’originale, canzoni entrate di diritto nella storia della musica italiana.

I biglietti per assistere allo spettacolo di Mogol e Gianmarco Carroccia potranno essere acquistati nella segreteria sita su Corso Mazzini (di fronte alle Poste Centrali), nei punti vendita Ticket One e online sul sito www.festivaldautunno.com e sul sito www.ticketone.it, dove è possibile pagare anche con la carta del docente e con app18. Per eventuali informazioni sui biglietti, sui concerti e gli eventi culturali è disponibile il sito del Festival, le pagine Facebook e Instagram, l’app scaricabile per i cellulari Android e IOS. Per ulteriori informazioni:  info@festivaldautunno.com e telefono 331.830 1571.

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(Foto di Salvatore Monteverde)