La rara e non invisibile Caterina Ceccuti, un puzzle di infinite combinazioni, tra Nick Cave, Nek, Radiohead, De Gregori ..

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Quello che colpisce di Caterina Ceccuti è la dolcezza di uno sguardo, abbinata alla grinta che mette nelle sue azioni, la cortesia con cui si pone che fa il paio con una determinazione impensabile per lei che indubbiamente ha avuto una forte esposizione mediatica. Una visita al suo blog dona un pamphlet di buone intenzioni … Quanto costa realizzare un sogno. Il mio sogno. Non c’è prezzo che non sarei disposta a pagare, mi ripeto spesso, per inseguirlo anche solamente. Realizzarlo, mi ripeto ancora più spesso, verrebbe da sè…dal coraggio di non arrendersi anche se la congiunzione astrale non sta funzionando, anche se i pianeti non sono perfettamente allineati. Le emozioni più intense sono la vertigine e il suo senso, quando di fronte al vuoto mi domando se sia meglio buttarsi nell’incognita di un progetto nuovo, oppure rimanere immobile e non rischiare niente. Scrivere, scrivere, scrivere è la vita che ho sempre sognato…ad occhi chiusi e aperti.
Caterina buongiorno; recentemente il tuo nome l’ho visto associato all’iniziativa Attivatori di Creatività e La Generatrice di Miracoli: di che eventi si trattava?
Attivatori di Creatività è un’iniziativa avviata l’8 Novembre scorso (che si protrarrà fino alla fine di Febbraio) e nasce da un’idea della Professoressa Anita Tosi, con la collaborazione del Consiglio Regionale della Toscana. L’intento è quello di “risvegliare” il lato creativo che la vita quotidiana tende ad assopire e nascondere nel più remoto angolo di noi stessi. Sono coinvolti nel progetto numerosi professionisti degli ambiti più disparati, dall’architettura al teatro, dalla letteratura alla musica, alla pittura. Ciascuno di noi terrà una conferenza in cui presenterà al pubblico il proprio mestiere in modo creativo. Il 30 Gennaio toccherà a me e all’attore Massimo Blaco, che gentilmente ha accettato di accompagnarmi in questa avventura. Presenteremo il mestiere del giornalista, mettendo a paragone il mondo di oggi con quello del 1920… insomma, Massimo vestirà i panni di un giornalista dei primi del ‘900. D’altronde ci è abituato perché -per tornare alla tua domanda- ha già vestito gli stessi panni quando abbiamo presentato al pubblico il mio secondo romanzo La generatrice di miracoli, che appunto è ambientato nel 1910 e racconta le avventure del giornalista Riccardo Sirigatti alle prese con una rubrica dedicata al sovrannaturale, sulla rivista Bric à brac. Alla figura di Sirigatti ho dedicato anche il mio terzo romanzo Le geometrie dell’amore, dopo che “La generatrice di miracoli” aveva ricevuto il Fiorino d’oro per la narrativa edita.
Indubbiamente però dire il tuo nome (e quello di tuo marito Guido De Barros) porta subito alla mente Voa Voa …
Certamente. Voa Voa Onlus Amici di Sofia è l’associazione che io, Guido e la nostra piccola Sofia abbiamo costituito nel 2013 per sostenere famiglie che -come la nostra- hanno un figlio in età pediatrica colpito da una malattia neuro degenerativa. Ma non solo, Voa Voa si impegna per statuto anche nella sensibilizzazione del pubblico e delle istituzioni sul tema delle malattie rare e nel finanziamento della ricerca scientifica ad esse correlata. Non a caso a dicembre del 2018, esattamente un anno dopo la morte della nostra adorata Sofia (che come molti sanno era affetta dalla patologia rara Leucodistrofia Metacromatica, meglio nota come MLD), abbiamo avviato in suo onore la campagna di crowdfunding Gocce di speranza, per il finanziamento del primo progetto pilota al mondo di screening neonatale della MLD, al Laboratorio di Diagnosi precoce dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze.
Quanto sono belli i vostri murales ..
Per tornare all’attività di sensibilizzazione del pubblico e delle istituzioni, un paio di anni fa Voa Voa Onlus Amici di Sofia ha inaugurato una campagna molto speciale che si chiama Un muro per Sofia. In pratica chiediamo alle amministrazioni delle varie città della Toscana (e non solo) di mettere a disposizione dei nostri street artist un muro pubblico su cui realizzare il grande murale di cinque metri per cinque con l’immagine di una bambina che scrive l’ashtag #rarinoninvisibili. A Firenze ce ne sono già due, poi uno a Rosignano Solvay, Scandicci e Campi Bisenzio. Anzi, colgo l’occasione per chiedere ai cittadini dei comuni toscani di darci mano presentando la domanda di realizzazione del murale anche alla loro amministrazione.
Da 3 lustri sei giornalista ed hai una collaborazione in corso con il quotidiano La Nazione, ma anche con Nuova Antologia e la Fondazione Spadolini: settori diversi tra loro…
In realtà sono tutti strettamente correlati. Sono nata in una casa in cui si respirava la Storia del Risorgimento -mio padre la insegnava alla Cesare Alfieri di Firenze-, e si mangiava pane e letteratura, con mia madre appassionata di narrativa, già insegnante di italiano al liceo. Ma non solo, quando sono nata io mio padre era già segretario particolare di Giovanni Spadolini, per conto del quale curava la rivista Nuova Antologia, di cui il Senatore era direttore. La rivista è una perla rara nel panorama delle pubblicazioni nazionali in quanto rappresenta il più antico trimestrale laico, con 154 anni di attività ininterrotta. La Nazione era il giornale che tutti i giorni vedevo sporgere dal tavolo della cucina, all’ora di pranzo, quando ci ritrovavamo tutti insieme seduti a tavola e babbo e mamma commentavano le notizie del giorno. Ho sempre pensato -e sperato- di diventare un giorno giornalista anch’io.
Tra l’altro Nuova Antologia è stata presente nella storia d’Italia sin dalla sua nascita…
Esatto, come dicevo prima stiamo parlando della più antica rivista laica d’Italia. Periodico di Lettere, Scienze ed Arti, si tratta di un trimestrale composto da 400 pagine, quattro fascicoli annui per un totale di 1600 pagine. “Nuova Antologia” nasce nella Firenze capitale del 1866, riprendendo nella forma e nei contenuti l’antica “Antologia” di Gino Capponi e Gian Pietro Vieusseux (pubblicata dal 1821 al 1832). Espressione alta della cultura nazionale, “Nuova Antologia” è tutt’oggi presente nelle maggiori biblioteche del mondo con la collezione completa dei suoi volumi. Tanto che, in occasione dei 150 dell’unità d’Italia, la rivista ha ricevuto dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano una targa di riconoscimento per l’impegno costante nella crescita culturale, etica e civile del nostro paese. Politica, letteratura e critica letteraria, arte e beni culturali, musica e cinema, economia, diritto, etica. Questi alcuni dei maggiori filoni prevalentemente trattati. Un secolo e mezzo di grandi firme si sono succedute nelle sue pagine, affrontando tematiche di grande attualità sia nel campo delle lettere che delle scienze: da Pirandello a Verga, da Marconi a Fermi. Dalle sue pagine Alessandro Manzoni lanciò l’appello per invocare il toscano come lingua italiana, Edmondo De Amicis vi anticipò alcuni capitoli di Cuore, Aldo Palazzeschi Le sorelle Materassi e Riccardo Bacchelli Il Mulino del Po’- per dirne alcuni.
Parlaci del tuo rapporto con l’editore Pagliai …
Antonio Pagliai mi ha aiutato a realizzare il grande sogno di pubblicare il mio secondo e il mio terzo romanzo (il primo, “Voa Voa”, è stato pubblicato da Le Lettere nel 2013 e adesso i diritti sono passati alla Onlus di Sofia). Recentemente l’editore Pagliai è diventato anche la stamperia di Nuova Antologia, mentre editrice ne è sempre stata la Fondazione Spadolini Nuova Antologia, come da volontà dello storico direttore Giovanni Spadolini che la fondò nel 1980 esclusivamente per mantenere l’indipendenza completa della rivista.
Andiamo alla tua dimensione personale: con tutta questa attività lavorativa, riesci a ritagliarti del momento di relax? Hai un hobby?
I momenti di “relax” sono quelli che passo con mia figlia Gloria. Giocando con lei, vedendola ridere, imitarmi e ballare, facendo le nostre coccole quotidiane che non sono mai abbastanza, mi rendo conto che anche sulla terra esistono angoli di Paradiso. Il mio hobby è uno solo: la scrittura. Adoro scrivere fin da quando ero bambina: mi piace leggere e imparare dagli altri scrittori modi nuovi di giocare con le parole. Per me le parole servono a formare un puzzle dalle infinite combinazioni, piuttosto che una composizione governata da un ordine rigido e immutabile. A volte mi diverto a esprimere lo stesso concetto in modi diversi, a giocare con i modi di dire o a cercare di trasformare in parole un’emozione sottile che a mala pena riesco a percepire.
Parliamo di quello di cui ti stai occupando in queste ore….
In queste ore sto curando i rapporti con la stampa per l’istituto per l’Arte e il Restauro Palazzo Spinelli, che oggi Venerdì 29 Novembre presenta al pubblico una interessantissima tavola rotonda dal titolo “Il futuro del sistema restauro in Toscana: amministrazioni a confronto”, in programma a partire dalle 15 nella Sala del Gonfalone di Palazzo del Pegaso a Firenze e realizzato con il contributo della Regione Toscana. Poi, il concerto dedicato ai 230 anni dalla Rivoluzione Francese, promosso dalla Fondazione Spadolini, Giovedì 5 Dicembre alle 18 nell’Auditorium della Fondazione CRFirenze, in cui gli allievi della Scuola di musica di Fiesole si esibiranno con musiche dell’epoca rivoluzionaria e napoleonica, dopo l’introduzione storica di Alberto Batisti.
Quanto è importante la musica nella tua vita?
La musica e la scrittura in me sono intrecciate come due sorelle siamesi. Le parole sono note, le frasi motivi che si compongono e che, nella lettura, devono obbligatoriamente “suonare bene”, altrimenti non ho scritto un buon testo. La musicalità della lingua permette di leggere le righe di un libro con lo stesso coinvolgimento e trasporto di quando si ascolta un pezzo musicale sinceramente emozionante.
In gioventù, quali artisti musicali hai amato? Chi invece ora ti ammalia di più?
Da ragazza amavo molto il rock inglese, come i Radiohead, ma anche la musica dark dell’australiano Nick Cave e della sua band “The bad seeds”. Intorno ai trent’anni ho sviluppato una grande passione per i cantautori italiani, in particolar modo Francesco De Gregori. Oggi giorno ascolto tutto, non mi dispiace il rock grintoso degli americani e al contempo resto fedele a quello più “sperimentatore” degli inglesi…detto questo, la mia bambina di appena diciassette mesi balla sulle note del reggaeton.