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Interviste
Pubblicato il 16/05/2016 alle 17:07:10
Alessandro Florio ci racconta il suo album 'Roots Interchange'
di Stefania Schintu
Un incontro tra la migliore tradizione jazzistica americana e la cultura mediterranea ed europea di concezione melodica. Realizzato tra l'Italia e gli USA con Pat Bianchi all'hammond e Carmen Intorre alla batteria.

Un incontro tra la migliore tradizione jazzistica americana e la cultura mediterranea ed europea di concezione melodica. Realizzato tra l'Italia e gli USA con Pat Bianchi all'hammond e Carmen Intorre alla batteria.

Si intitola Roots Interchange l’album firmato dal chitarrista e compositore jazz Alessandro Florio con due tra i più importanti e quotati musicisti della scena jazzistica internazionale: Pat Bianchi all’hammond e Carmen Intorre alla batteria, quest’ultimo fulcro della rhythm section di George Benson e di Joey Defrancesco; ed entrambi musicisti del trio di Pat Martino, leggenda della chitarra jazz. Abbiamo incontrato il giovane chitarrista originario della Costiera Amalfitana alla vigilia della seconda ristampa dell’album che sta riscuotendo unanimi consensi di pubblico e di critica, sia in Italia, sia all’estero.

Per diventare il musicista che sei oggi, hai studiato all’estero e calcato innumerevoli palchi. Raccontaci qualcosa del tuo percorso.
Tanto studio, tante esperienze... ma è solo l'inizio. Lo dico perché, come ogni persona che si dedica totalmente a una disciplina ben sa, che non si finisce mai di imparare e che per migliorarsi c'è bisogno della teoria (studio giornaliero dello strumento a casa) e della pratica (continui stimoli sul palco a fianco di diversi musicisti). Si impara tantissimo stando al fianco di chi ne sa più di te ed ha più esperienza, così nella musica come nella vita, così sul palco come fuori dal palco. Proprio l'essere conscio di ciò mi ha spinto (e mi spinge) a cambiare e a muovermi.
Ho cominciato a interessarmi seriamente alla musica quando ero ancora un ragazzino alla Civica Scuola di Jazz di Milano per poi trasferirmi al Prins Claus Conservatorium di Groningen in Olanda per poi ultimare il Master a New York. In verità ho sempre frequentato le aule di musica non per le materie in se ma proprio perché mi davano l'opportunità di stare al fianco di alcuni dei più grandi jazzisti internazionali in circolazione. Musicisti con cui ho imparato veramente tanto e con alcuni dei quali ho avuto anche la fortuna di collaborare spesso.

La tua, è una famiglia di musicisti?
Assolutamente no. Nessuno dei miei genitori, nonni, zii o antenati a quanto pare ha avuto mai a che fare con la musica; l'unica da cui ho ascoltato qualche nota era la mia sorella maggiore che spesso suonava il piano a casa quando io ero ancora bambino.
I miei genitori vengono da quella generazione che nell' immediato dopo guerra ha dovuto risollevare le proprie sorti e quelle di questo Paese, quindi non c'era molto tempo per dilettarsi con la musica, non ne hanno neanche avuto l'opportunità immagino. Questi fattori non hanno certamente aiutato la mia scelta: è stato uno scontro tra me e famiglia, protrattosi per molti anni, che avrei felicemente evitato ma che dà la misura di quanto amassi ed ami quello che faccio. Tantissime volte ero costretto a studiare lo strumento di nascosto...!
A volte ho un po' di invidia per chi nasce già in mezzo ai dischi o da genitori musicisti ma spesso la mia situazione mi da ancora più forza e voglia di fare musica anche per chi, come i miei, non ha avuto l'opportunità di farla, amarla e/o capirla.

Quando hai capito che la tua strada era la musica? C’è stato un momento preciso, un evento che ci puoi raccontare?
Momento precisissimo: avevo credo 15 anni, tornavo da un concerto a cui andai tutto solo in quello che era allora il Teatro Smeraldo a Milano e dove si esibiva il grande B.B. King, grazie a un biglietto regalatomi da mia sorella (quella del piano) che ben sapeva la mia passione allora per il Blues. L' impatto fu così devastante che tra un passo e l'altro, sulla via del ritorno a casa mi dissi letteralmente: "farò questo per sempre, costi quel che costi". E così feci... e all'epoca non suonavo neanche granché bene a dirla tutta... diciamo che ci ho creduto in anticipo...!

Un anno fa hai pubblicato da indipendente “Roots Interchange”, oggi ci incontriamo alla vigilia della tua seconda ristampa. Cosa è successo nel frattempo?
Tante cose, tanti tour (USA, Europa, Asia) il trio si è ulteriormente consolidato e sia il pubblico che la critica ha fortunatamente apprezzato molto il lavoro, sia su disco che nei live. Ho anche cominciato a proporre lo stesso repertorio del disco anche con altri organici e formazioni, visto che, seppur abbiamo già fatto tre tour insieme, gli “Americani” (Pat Bianchi e Carmen Intorre, n.d.r.) non capita certo di averli ogni giorno...

Pat Bianchi e Carmen Intorre sono i tuoi compagni di viaggio in questa avventura discografica. Se non erro sono i musicisti di Pat Martino, leggenda della chitarra jazz internazionale. Come sopporti il peso di questa responsabilità?
Diciamo che... è meglio che non ci pensi! Pat Martino è davvero una leggenda, un'icona della chitarra jazz e quindi un mito per me, che ho tra l'altro studiato piuttosto a fondo. Il mio incontro con Pat e Carmen è avvenuto per puro caso, ovviamente, non sono andato a scegliermi la stessa ritmica di Pat Martino, sarei una specie di megalomane...!
Ho conosciuto Pat a una jam session al "Fat Cat" di New York, dove fui invitato da Paul Bollenback, uno dei più grandi e rispettati chitarristi della scena Jazz mondiale con il quale ho avuto la fortuna di studiare.
Al momento non avevo neppure capito si trattasse di Pat Bianchi, che già ascoltavo su molti dischi che per me erano un riferimento; fu proprio Pat poi a presentarmi Carmen Intorre, sua spalla fissa in molte formazioni di rilievo come nel trio del leggendario Pat Martino.
A lezione da Pat Martino, un po' di anni fa, proprio lui mi disse: "ognuno ha una ricchezza e un talento originale perché ognuno di noi è unico e originale come essere umano; se sviluppata a dovere la ricchezza di ognuno di noi può essere incommensurabile". Sono parole incoraggianti e vere per tutti, però davvero... non penso al “peso”, penso invece al rapporto che c'è tra noi tre e a quello che vogliamo comunicare come Trio attraverso la musica in quel modo e in quel momento.

Qual è il messaggio che vuoi lanciare con questo cd?
Diciamo che i messaggi portanti sono almeno due o tre.
E' un disco Italo-Americano, Pat e Carmen hanno entrambi i nonni Italiani che a loro tempo emigrarono in USA, il nonno di Pat si chiamava Pasquale Bianchi ed era pianista: in quanto emigrante Italiano non gli era neanche permesso di andare a suonare nei locali e per poter lavorare dovette cambiare il suo nome in Pat White, traduzione letterale del suo nome in Inglese! Non solo questo disco vuole rivendicare l'importanza, troppe poche volte sottolineata, che gli Italiani hanno avuto nella formazione di un genere come il Jazz (innumerevoli i nostri connazionali che hanno reso grande questa musica) ma ci riporta in maniera diretta verso un tema assai dolente ed attuale dei giorni nostri che ci si ripropone in altre vesti: l'immigrazione.
Ci tenevo anche a fare un disco ovviamente di qualità ma che riuscisse a prendere anche chi crede che il jazz sia solo per intellettuali o simili: no, almeno per me il jazz è "di pancia" e, in quanto nato come musica da ballo, non può perdere i suoi connotati terreni ed impulsivi, alla fine quello che gli americani chiamano "groove" o "swing" è a grandi linee proprio questo...

Quanto contano la musica e il jazz come mezzo di espressione?
Non essendo musica vocale, cioè non avendo spesso testi, riesce se fatta a dovere ad arrivare al pubblico in maniera ancora più profonda e viscerale. Mi piace lasciare il pubblico con un'espressione di gioia alla fine di un concerto ed intrattenermi con tutti per quanto possibile. Non c'è cosa più bella di poter donare un po' di gioia, soprattutto in periodi non proprio rosei come questo...

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Stiamo lavorando per un altro imminente tour con Pat e Carmen , questa volta nei Festival estivi, e per altri tour per tutta Europa ed Asia con altri big americani di cui pero' non voglio anticipare nulla anche per scaramanzia... E poi non si sa mai che mi rimetta a scrivere e lavorare per il prossimo disco: tante idee sono in cantiere.

Dove si può trovare il cd?
Si può scaricare su tutte le piattaforme digitali (iTunes, Amazon, Google Play, Shazaam ecc), o, per quanto riguarda le copie fisiche si può acquistare direttamente ai miei concerti live o scrivendo alla sezione "contatti" del mio sito ufficiale www.alessandroflorio.com o contattando Top1 Communication, il mio Ufficio Stampa .



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