Diego Galeri: con I Fiumi torna il rock anni ’90

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È il contrasto tra la brutalità del reale e la bellezza che in esso si nasconde, il concetto alla base “Il Dono” (Dischi Soviet, ed. Freecom), il nuovo singolo della band I Fiumi. Si tratta del primo singolo tratto dal nuovo album di inediti, in uscita nel 2023: una collezione di dieci brani in cui la voce di Sarah Demagistri segue con fluidità il sound creato dall’insieme delle sonorità consolidate di Xabier Iriondo (chitarra elettrica), Andrea Lombardini (basso elettrico) e Diego Galeri (batteria). Le produzioni dosano il pop-rock con elementi new wave e post-punk. Generi e timbri di impatto accompagnati da una narrazione sempre melodica e poetica. Abbiamo parlato di questo nuovo progetto con Diego Galeri, che è stato, tra le altre cose, anche il fondatore e batterista dei Timoria.

Foto di Raffaella Vismara

Come nasce il progetto dei FIumi?
Il progetto è nato qualche anno fa e per un po’ di tempo abbiamo lavorato alle canzoni e alla musica. Poi ci sono stati di mezzo i due anni di lockdown, per cui abbiamo avute alcune battute d’arresto nella lavorazione del disco. E solo in questi ultimi tempi siamo riusciti a concretizzarlo.
Si può dire che è super gruppo, visto che tutti i musicisti vantano esperienze importati. Tu con i Timoria, Iriondo con gli Afterhours, Lombardini nel jazz e la cantante Demagistri con collaborazioni che vanno da Ivano Fossati ai La Crus. Qual è stata la motivazione che vi ha spinto a unirvi?
In verità ci conoscevamo, ma senza esserci mai frequentati troppo e senza aver mai suonato assieme. La band è nata dalla voglia e dal desiderio di tornare un po’ alle radici. La band è una formazione classica, molto semplice: basso, batteria, chitarra e voce. C’era l’esigenza di tornare alle radici della nostra musica, dopo quello che ognuno di noi ha sperimentato con vari generi musicali, dalla musica strumentale all’elettronica. Il nostro DNA musicale è ovviamente legato agli anni ‘90 e alla musica rock. Collaborando con Andrea Lombardini per una serie di concerti, gliene ho parlato e abbiamo stabilito di provare a mettere insieme una formazione che rispondesse alle nostre esigenze. Xabier Iriondo l’ho sempre ammirato tantissimo e quindi lo abbiamo contattato. In un secondo momento è arrivata Sarah, con cui abbiamo concluso la scrittura dei brani. Lei ha scritto i testi delle musiche che avevamo composto. C’è stata sin da subito un’alchimia fluida. Abbiamo confezionato un disco di musica immediata e sincera.

Foto di Raffaella Vismara


Veniamo ora al nuovo singolo “Il Dono”, dove ho riscontrato anche elementi di post rock. Come è nato questo brano?
Ci sono tutti i riferimenti che fanno parte del nostro DNA musicale. La cosa che colpisce è sicuramente una forte componente melodica, che caratterizza tutte le canzoni e l’assenza di sovrastrutture negli arrangiamenti delle canzoni. Quello che si sente è quello che suoniamo. Tuto molto immediato, senza sovrapproduzioni. Questo è l’obiettivo che ci siamo preposti.
Una produzione che si sposa bene per la dimensione dal vivo. Porterete il materiale anche in concerto?
Assolutamente sì. Siamo musicisti che suonano da tanti anni e che trovano il loro elemento naturale nella musica dal vivo. Volevamo fare in modo che anche il disco avesse questo tipo di impostazione. Stiamo fissando le date dei concerti con inizio da fine febbraio.

Foto di Raffaella Vismara


Prima accennavi al fatto che il vostro DNA è legato agli anni ’90. Negli ultimi tempi si sta registrando una forte riscoperta del rock italiano degli anni ’90, tra ristampe in vinili, documentari e servizi giornalistici retrospettivi. Qual è la tua opinione al riguardo?
La musica è sempre stata caratterizzata da cicli e ricicli storici. In questo periodo abbiamo fatto una grande overdose di musica elettronica, trap, hip hop. Credo che sia abbastanza naturale che ci sia un ritorno a una musica di un certo tipo suonata da musicisti. La musica degli anni ’90 ha lasciato un segno indelebile tra il pubblico e tra i ragazzi che ascoltano rock. Sono passati più di 20 anni e credo che ci sia voglia di dare un tributo nuovo a determinate formazioni musicali e band che hanno fatto la storia della musica in Italia. Ben venga tutto questo. Forse c’era anche bisogno di tornare a fruire la musica in modo più vero. Concerti, dischi, vinili, che sono oggetti e non sono file digitali. C’è insomma una voglia di riscoprire.

Timoria

A tal proposito vorrei chiederti come hai trovato le ristampe in vinili dei Timoria. E soprattutto, siete sempre in contatto tra di voi?
In verità siamo molto poco in contato. Ci siamo risentiti per le ristampe in vinile che sono state fatte dalla Universal. Ognuno percorre ancora la propria strada. Anche se ogni tanto capita di sentirci. Le ristampe le ho vissute molto bene. Mi ha fatto molto piacere che dischi che non erano mai usciti in vinile abbiano trovato una loro veste in questo formato, che io adoro e continuo a comprare. L’intera operazione, soprattutto per quando riguarda “Senza Vento” e “2020 SpeedBall”, mi ha dato conferma di quanto il lavoro fatto con i Timoria e gli anni di concerti abbiano lasciato un segno indelebile tra gli ascoltatori. Il fatto di ritrovare un sacco di gente alla Feltrinelli quando abbiamo fatto le presentazioni, con cimeli, foto, e manifesti è stata un’ulteriore conferma.
Alla luce di queste ristampe, qual è il disco dei Timoria che secondo te andrebbe riscoperto e che magari è passato in secondo piano al tempo dell’uscita? E qual è invece l’album cui sei più affezionato?
Ho un grande affetto per “Eta Beta”, che trovo un disco straordinario e probabilmente il più sottovalutato da parte della critica e del pubblico. Consiglierei di approfondire l’ascolto di “Eta Beta”, che è un disco davvero ben fatto, con tanti elementi di contaminazione e musiche diverse rispetto ai dischi precedenti. Quello cu sono più affezionato è “2020 SpeedBall”, perché rappresenta l’ulteriore conferma di quanto fossimo carichi di energia in quel periodo e avessimo trovato la nostra dimensione ideale nella produzione dei concerti. Il periodo tra il 1993 e il 1995 è stato per i Timoria il più fervido ed energico.
Per concludere, Timoria a parte qual è la band italiana degli anni ’90 che reputi la più significativa?
Domanda difficile. Credo che ogni band del periodo abbia fatto un percorso importante e lasciato il segno. Per quanto mi riguarda, anche se sono partiti un po’ prima dei ’90, ritengo i Litfiba la band fondamentale e forse la migliore del panorama italiano di quel periodo.