Ci ha lasciato ieri a 89 anni Marcello Rosa, grande trombonista jazz di fama internazionale che ha suonato con Lionel Hampton, Earl Hines, Milton Jackson, Tony Scott e tutti i principali jazzisti italiani, oltre che in alcune celebri colonne sonore firmate da Ennio Morricone per Leone e Tornatore.
Addio a Marcello Rosa (nato ad Abbazia in Croazia il 16 giugno 1935 e morto a Roma il 19 dicembre a 89 anni), uno dei migliori trombonisti italiani di sempre insieme al grande Dino Piana (scomparso 1 anno fa). Trombonista, compositore, arrangiatore, scrittore di testi, ideatore e conduttore di programmi radiotelevisivi, ha studiato anche architettura ed era diplomato in grafica pubblicitaria. All’età di 5 anni inizia lo studio del pianoforte fino ai 12, poi passa alla chitarra classica per 4 anni e quando a 18 anni sua madre gli regala un 78 giri di Kid Ory e nel 1955 ascolta un 45 giri del quintetto di Jay & Kai (due tromboni: Johnson e Winding, più la ritmica) rimane affascinato dal suono del trombone e si dedica totalmente al jazz. La sua lunghissima carriera inizia nel 1954 quando debutta con la South River Ragtime Band di jazz tradizionale (con Massimo Catalano alla tromba), e nel jazz moderno nel 1955-56 con Mario Cantini, Sergio Biseo e Roberto Petrin. Il suo stile, inconfondibile e profondamente ispirato al jazz tradizionale, spazia verso concezioni originali che gli hanno valsa l’ammirazione di tanti illustri colleghi, contribuendo in maniera decisiva alla diffusione del jazz in Italia. Suona con i Seven Hill Dixielanders, i Roman Dixieland Seven e infine con la Roman New Orleans Jazz Band (e in seguito della “Seconda Roman”) con cui resta fino al 1962 non rinunciando però ad altre esperienze parallele. Nel 1961 è tra i promotori di una nuova formazione tradizionale, i New Orleans Jazz Senators, che agisce fino al 1965 in varie formazioni. Nel 1963 costituisce il suo primo gruppo, New! Dixieland Sound, in formazioni via via diverse cui si aggiunge nel 1968 Minnie Minoprio (con cui incide un disco nel 1969 dal titolo “New! Dixieland Sound”). Ha suonato con Lionel Hampton, Earl Hines, Albert Nicholas, Trummy Young, Milton Jackson, Peanuts Hucko, Bud Freeman, Buck Clayton, Billy Butterfield, Yank Lawson, Tony Scott, Kay Winding, Slide Hampton, Curtis Fuller, Bob Burgess, Al Grey, George Masso, Bill Watrous, Gary Valente, oltre ai più importanti musicisti italiani.
Innumerevoli sono i concerti e i festival a cui ha partecipato, con i suoi gruppi o come solista ospite, in Italia e all’estero dove ha rappresentato il nostro Paese in numerose manifestazioni internazionali. Ha partecipato ad alcuni importanti festival del jazz, tra i quali quello internazionale di Comblain – La Tour (per quattro anni consecutivi), dove è stato l’unico esponente del jazz tradizionale italiano ad essere invitato come solista (1965). Nel 1967 con Carlo Loffredo partecipa allo spettacolo “Ciao, Rudy” di Garinei e Giovannini con musiche di Armando Trovajoli. Nell’autunno dello stesso anno dà vita a una big band, la Swinging Dance Band, con cui il 27 novembre suona anche al Piper, il tempio romano della musica beat dove resta per ben tre mesi. Nel 1968 collabora ancora con Loffredo, fa una tournée con Lionel Hampton e partecipa al festival di Venezia dedicato a Gershwin. Dal 1969 al 1971 il suo impegno prevalente è con la New! Dixieland Sound. In questo periodo partecipa ad alcuni specials televisivi dedicati al trombone. Alla fine del 1971 il gruppo cambia la denominazione in Marcello Rosa Jazz Ensemble. Instancabile insegue sempre nuovi progetti: fa esperienze di insegnamento, insegna presso la Scuola di Jazz Music Workshop e il St. Louis. Ha fatto il dj alla RAI ed anche il collaboratore a programmi radiofonici di jazz. “Jazz Jockey” è il nome della prima trasmissione radiofonica sul jazz italiano da lui condotta che debuttò il primo sabato del gennaio 1968 alle 16.30 sul Secondo Programma della (Radio) Rai, e andò avanti per 27 anni. Nel 1975 conduce “Jazz Oggi” (il martedì alle 17.40 sul Terzo Programma di Radio Rai) e presenta in tv sei puntate della serie “Jazz Concerto”.
Nella colonna sonora del film capolavoro di Sergio Leone “C’era una volta in America” (1984), firmata da Ennio Morricone e registrata nel dicembre 1983 negli studi Forum, suona il trombone nei brani “Amapola” (una canzone del 1920 di Josè M. Lacalle) e “Friends“, anche se stranamente il nome di Marcello non compare. Nelle note di copertina del CD della colonna sonora c’è scritto soltanto “with fine trombone solo by Rome musician”. Anni dopo partecipò anche alla registrazione della colonna sonora de “La leggenda del pianista sull’oceano” (1998) di Giuseppe Tornatore (tratto da “Novecento” di Baricco), musiche sempre di Morricone che lo convocò negli studi Forum con un organico dixieland: tromba, clarinetto, trombone, pianoforte, banjo, contrabbasso e batteria. Nel 1984 ha ricevuto il premio RAI Radiouno “30 anni di jazz”. Nel ’92 ha fatto parte della Grande Orchestra Nazionale di Jazz e nel ’93 ha ricoperto la carica di presidente dell’Associazione Nazionale Musicisti Jazz (AMJ). Premio Colonna Sonora ’87 “Ente dello Spettacolo”; Premio Personalità Europea ’97 (Centro Europeo per il Turismo). Nel 2014 pubblica la sua auto(non)biografia “Amari Accordi” per la casa editrice Arcana jazz, con la postfazione di Vincenzo Martorella. Dal 2014 al 2016 è il direttore artistico di Tolfa Jazz Festival. Tra i suoi dischi da segnalare “Jazz a confronto vol. 2” di Marcello Rosa Jazz Ensemble (Horo), “Friendship” di Marcello Rosa Jazz Ensemble featuring Tony Scott (King Universal), “The Blue Rose” (Penta Flowers), “Jass & Jazz” (Penta Flowers), “Heaven” (Foné), “A Child is Born” (Philology), “The World on a Slide” (Alfamusic). Lucio Dalla lo ha definito “il Parsifal del jazz” (perché era un puro). “Il Jazz ha circa un secolo di vita ma rimane ancora sotto molti aspetti una musica misteriosa: molto del suo fascino dipende probabilmente anche da questo. Il Jazz è una musica seria, ma non seriosa, impegnata e impegnativa, ma che sa al momento opportuno disimpegnarsi, ludica e al tempo stesso profonda, di una semplicità a volte così complicata da sbalordire anche il più attento e preparato musicologo. E tante, tante altre cose. Il Jazz è però, soprattutto, l’espressione del proprio stato d’animo (di chi suona e di chi ascolta) ed è questa sua peculiarità che ne fa una musica sempre nuova e imprevedibile, coinvolgente, unica… ” (Marcello Rosa).
Nella presentazione di “Amari Accordi” scrive: “Questa non è un’autobiografia. Potremmo considerarlo un manuale di consultazione utile per tutti quelli che vogliano saperne di più su quanto non si ha il coraggio di chiedere sul jazz di cosa nostra (e non è un refuso). In questo senso può essere addirittura considerato come un manuale di sopravvivenza molto istruttivo. Ma è anche l’appassionante ricostruzione di una carriera lunga più di mezzo secolo, di fatti e personaggi, di un’Italia, e di un jazz, che forse non ci sono più“. Nel libro fa nomi e cognomi e dedica interi capitoli a personaggi del jazz italiano e non solo: “Il Boss” (Carlo Pagnotta di “Umbria Jazz”, dove suonò una sola volta nel 1975 davanti agli striscioni che recitavano “Pomodori in faccia a Marcello Rosa fascista”, quando in realtà non ha mai suonato dove ci fossero delle bandiere politiche perché voleva essere apprezzato solo per la sua musica), “Grazie Tony” (Tony Scott), “Di quel Piras l’orrendo sfogo” (Marcello Piras), “Il kimono” (Stefano Bollani), “La Triade” (ABC: Arbore, Baudo, Costanzo), “Bis!” (Luca Conti di “Musica Jazz”). Marcello Rosa rivendicava il sacrosanto “diritto al mugugno”, “La libertà d’incazzarsi, ecco cos’è il jazz!”. Il funerale si terrà sabato 21 dicembre alle ore 10:30 presso la chiesa di Santa Maria del Rosario in Prati (via degli Scipioni 88, Roma). Marcello ha chiesto espressamente agli amici musicisti di NON suonare nell’occasione.
The Blues Must Go On…