Quello che mancava nel mercato editoriale italiano era proprio un libro dedicato a Sergio Caputo. Più che sull’artista, che di suo ha già pubblicato due testi dove più o meno ha raccontato in parte la sua vita, quello che serviva era proprio un volume che in maniera critica e ragionata facesse ordine della dispersiva discografia del cantautore romano, che ha all’attivo una ventina di album (tra inediti, antologie e live), e svariati EP e singoli. Per questo l’uscita di “Sergio Caputo – La storia dietro le canzoni” (Arcana) di Sergio Taraddei è stata senza dubbio positiva e coraggiosa.
Però all’entusiasmo iniziale, dopo aver letto tutto il lavoro, alla fine restano tante perplessità. L’analisi di molte canzoni appare in qualche modo superficiale e non mancano errori e refusi che faranno storcere il naso ai cultori di Sergio Caputo. Ma andiamo con ordine. Il libro, come già accennato, non è una biografia. Ci sono pochissimi elementi relativi agli esordi prediscografici dell’artista (e neanche un accenno al suo passato lavorativo nel mondo della pubblicità), tanto che una breve scheda biografica dell’artista non avrebbe certamente guastato. L’autore, dopo una breve introduzione, parte subito con i primi lavori, che sono caratterizzati dalla pubblicazione di un 45 giri e di un EP. Proprio nel caso del 45 giri d’esordio, dal titolo “Libertà dove sei” (1978), non si comprende perché viene completamente ignorato il lato B “Giorni di festa” (nel momento in cui nel libro sono analizzati tutti i brani). L’autore cita alcuni dei musicisti che hanno partecipato alla registrazione del singolo, come Andrea Carpi e Fabrizio Cecca (che figurano come arrangiatori), ma dimentica di citare il produttore Ernesto Bassignano e Gaio Chiocchio che pure contribuirono alla realizzazione del disco. Segue quindi l’EP omonimo del 1981: 4 brani che, particolarità per l’epoca, vennero pubblicati tutti su un lato del vinile, mentre nell’altra parte c’era un’immagina dell’artista (questo però non c’è scritto nel libro). Si arriva quindi al primo album “Un sabato italiano”, sicuramente il maggior successo per l’artista. Un disco su cui si è scritto molto, che descrive emozioni e storie senza tempo, e che ancora oggi trova riscontro tra le generazioni più giovani. Sicuramente questa parte del libro è quella più completa (probabilmente perché è anche il disco su cui è facile reperire più informazioni), ma non mancano grossolani errori. A partire dalla copertina. L’autore scrive che “sotto alla camicia di Sergio si intravede una t-shirt del gruppo Frankie Goes To Hollywood”. In realtà la maglietta in questione, come spiegato più volte anche dallo stesso Caputo, riporta la pagina e il titolo del The New Yorker dedicato a Frank Sinatra. La stessa pagina che avrebbe ispirato nella scelta del nome la band di Liverpool Frankie Goes To Hollywood. L’uscita di “Relax” nel 1983 (stesso anno di “Un sabato italiano”) aveva indotto molti nell’errore di ritenere Caputo un fan del gruppo. Amore, amicizia, malinconia, la paura del futuro e la voglia sfrenata di viverlo, con sogni da realizzare. Canzoni che esprimono emozioni slegate da tempi e contesti, emozioni che tutti abbiamo prima o poi provato nel corso della vita. Questo, in sintesi, il contenuto di “Un sabato italiano”, che l’autore nel libro riesce a ben sintetizzare. Andando avanti con il volume, passando al prosieguo della discografia, si nota una tendenza dell’autore a soffermarsi maggiormente sulle hit, e a liquidare in poche righe brani meno conosciuti. Cito a caso “L’arca di Noè” (da “Effetti personali”), “Oh mamma della giungla” (da “Storie di Whisky andati”), “Quasi primavera” (da “Sogno erotico sbagliato”), ma si potrebbero citare altri titoli. Inoltre, la scelta dell’“Io” e della forma colloquiale rende a tratti il volume fastidioso: chiamare l’artista spesso per nome (“Sergio”), neanche fosse un parente, oppure “se volete ascoltare una versione live trascinante di questa canzone mettete il disco…” e via discorrendo. Sono aspetti che non rendono onore a un saggio. Continui i rimandi anche ai concerti visti dall’autore al The Place e alla rassegna capitolina “All’Ombra del Colosseo”, dando l’impressione che l’autore non ha visto altri show al di fuori di quelli (bene o male i fans di Caputo al The Place ci sono stati tutti, tenendo conto il grande numero di concerti tenuti in questo locale, e che anche grazie al direttore artistico Antonio Pascuzzo, che Sergio Caputo si è in qualche modo rilanciato in Italia negli anni 0 ed è tornato a fare stabilmente tour in Italia visto che in quel periodo viveva stabilmente negli Stati Uniti d’America). Su “Sogno erotico sbagliato” il percussionista Naco diventa Nacco (refuso perdonabile), così come qualche confusione viene fatta sulle etichette discografiche e il passaggio da indipendente di Sergio Caputo: “Egomusicocefalo”, per esempio, fu in realtà il primo lavoro pubblicato da indipendente con la sua Idiosyncrasy Music, e distribuito su licenza dalla CGD. In conclusione, questo libro è meritevole per aver affrontato il repertorio di un’artista spesso poco considerato dalla critica musicale, ma è un’occasione mancata perché non accontenta tutti coloro che hanno amato e continuano ad amare Sergio Caputo. Sicuramente può essere una base di partenza per chi vuole avvicinarsi alla musica del cantautore.