Ottodix: musica e arti visive in lingua italiana!

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Ottodix è un artista che fonde la musica con arti visive e scienza. Lo incontriamo in occasione dell’uscita de “Il Milione”, una raccolta che sintetizza gli ultimi dieci anni di una carriera che affonda le radici ben prima.

Ciao Alessandro. Come mai l’esigenza di fermare un periodo con un album? Un decennio della tua storia che vuoi far arrivare a chi?

Ciao Gianni, piacere di averti dato in mano di persona questo disco da VRec. Sei stato il primo ad averlo, sappilo. Dieci anni sono un bel bottino di cose fatte, scritte, pubblicate, concerti, nel mio caso anche mostre e performances in luoghi davvero belli e suggestivi. Poi è anche stata una strada fatta di incontri, di addii, di musicisti che sono andati e venuti e di cambiamenti. Non si poteva non mettere tutto dentro a una cornice o a uno scrigno. Bisognava farlo per osservare il tutto dal di fuori. Un attimo soltanto, però, perché non amo soffermarmi troppo sul passato. Sto infatti alacremente lavorando al nuovo capitolo per il 2026. E’ un “best of” che non ha certo la pretesa di celebrare grandi hit, quanto raccogliere il meglio di questa decade e consegnarlo a chi non si è mai avvicinato alla mia musica, per avere un’idea complessiva di un progetto articolato e di nicchia che esiste da molto, ma che è a mio avviso molto accessibile, perché fatto di classiche canzoni e di contenuti universali che abbracciano scienza, filosofia e problematiche globali. Sono molto soddisfatto di questa raccolta, ascoltando i pezzi tutti in fila, non lo credevo nemmeno io.

C’è una suddivisione matematica dai dischi precedenti, ma come hai scelto i pezzi? E qual è e perché il brano che doveva esserci, ma non c’è?
Che bella domanda, quella inerente ai pezzi esclusi, grazie. In realtà “Il Milione” è composto dai 4 singoli estratti dai 4 album originali, nella loro versione “radio edit”, quindi leggermente diversa da quella degli album. Mi piaceva l’idea di stampare per completezza su supporto fisico anche le “radio edit”, di solito realizzate ad uso e consumo delle radio solo in digitale. E ovviamente in aggiunta l’inedito “Marco Polo”. Riguardo alle tracce escluse per questioni di tempo massimo del formato CD (e perché non erano singoli), ho dovuto a malincuore lasciar fuori cose per me importantissime. Quelle canzoni che se pur non dei singoli, caratterizzano fortemente uno stile o rappresentano un apice compositivo di un album o di un periodo. Tra le grandi escluse c’è di sicuro “Sinfonia di una galassia” da “Micromega”, ma anche “Entanglement” dall’album omonimo e idem per il brano “Arca” che rappresentavano bene lo spirito dei rispettivi album e che rimarranno “iconiche” nel nostro percorso. Canzoni che comunque, per sopperire, inserirò là dove possibile, nei prossimi live. Le abbiamo eseguite on stage durante un concerto con Benvegnù e i La Crus quest’estate, e sono risultate molto suggestive, affiancate ai singoli. Il fatto che non ci siano nella raccolta è un invito dunque a scoprirle nei rispettivi album.

Ti sei sempre dedicato al lato, se non oscuro, certamente diverso del rock, preferendo alle chitarre, le tastiere e i sintetizzatori. Da dove arriva l’amore per la new wave e tutto quello che potrebbe girargli intorno? E come lo hai filtrato per poi diventare Ottodix?

Credo che il mio amore per il sound elettronico o dei synth sia da cercare in due aspetti. Il primo è quello della mia formazione di artista visivo, attitudine che è stata il mio percorso di studi ed è tuttora la mia occupazione parallela, mentre il secondo è l’amore per le sinfonie, le orchestre e la musica da film. Le “tastiere” con i loro tappeti, danno possibilità di suggerire grandi orchestre in background e atmosfere da soundtrack allungando accordi effettati e creando campiture spaziali come fossero scene visionarie. L’essere artista visivo e quindi cercare un approccio visivo e visionario porta a scegliere più facilmente strumenti come i synth perché si possono costruire da zero suoni marziani e cose assurde, inesistenti in natura, sempre e sempre nuove. Infine, la pratica della stesura grafica della musica su software a monitor ha un modus operandi simile al disegno e all’architettura. Adoro creare architetture e quadri sonori, sono mondi magici che mi suggeriscono a loro volta dei testi e delle armonie vocali fortemente condizionati dalle visioni che evocano. 

Ottodix con l’autore dell’intervista!,

Sono curioso di ascoltare i tuoi artisti preferiti, soprattutto italiani, ma anche un disco insospettabile che ami e che si trova nella tua discografia?
Beh, ho sempre ascoltato prevalentemente musica straniera, devo dire, soprattutto per il sound. Da Bjork ai Massive Attack, agli Sneaker Pimps, ai Depeche Mode (prevalentemente degli anni ’90), ma anche cose tipo Garbage, Royksopp, Air. Adoro Goldfrapp e quel versante che orbita attorno a certe cose di Morricone, ma anche Debussy e determinata classica primi ‘900. Senza citare le ovvie influenze di Bowie e il Maestro Morricone pure dei Tuxedomoon (Desire è un disco che ho consumato). Riguardo alla musica italiana sono sincero, ne ascolto poca. Sicuramente Paolo Conte con la sua classe anche compositiva (penso a “‘900”) o il Battisti del periodo di Panella mi hanno molto influenzato. Per il pop-wave i Matia Bazar degli ’80 nei testi e vicinanze con Garbo (mio discografico per molti anni con cui ho anche condiviso molti palchi), mentre per cose più vicine il pop internazionale dei Planet Funk e i DeltaV, che nel frattempo sono diventati una cosa “di famiglia” essendo che Flavio Ferri produce i miei album da anni e che li conosco (cantanti comprese) dal 2000. Stimo anche Andrea Chimenti, Paolo Benvegnù e i La Crus, con cui ho anche condiviso palchi. Insomma, il quadro è quello, ma ci sono anche varie attitudini wave – post punk che amo qua e là e musica noir, di artisti come Nick Cave o l’epopea industrial-berlinese di Blixa Bargeld. Di cose molto recenti fatico ad appassionarmi per intero, devo dire, solo singoli brani, ma credo sia anche colpa del tempo sempre minore da dedicare all’ascolto totale della musica in età adulta. Quello che ci forma e che fa radici più profonde non è un caso che risalga alla nostra giovinezza: si aveva più tempo per le full immersion ed era tutto più nuovo.

Sulla tua pagina Facebook si legge questa scritta “Musica, arte, scienza, divulgazione in lingua italiana”. Pensi che l’invasione degli inglesismi e in generale di parole straniere, nel nostro linguaggio comune, stia danneggiando qualcosa di più del solo italiano?La verità è che padroneggio poco l’inglese, quindi mi dedico a ciò che so dire meglio, usando tutte le armi e i sottotesti che la padronanza della mia lingua mi può dare. Riguardo al “danneggiare” dell’utilizzo di inglesismi, in altri tempi ti avrei detto di sì, ma francamente oggi non lo vedo un grosso pericolo, non certo quanto l’atrofia che sta portando l’abuso di social, reels ridicoli da scrollare per ore, post fatti per immagini, soglie d’attenzione che non vanno oltre la seconda riga di un testo o del minuto di ascolto. Queste cose, unite al conseguente inaridirsi del vocabolario collettivo mi spaventano molto di più, per la connotazione politica che potranno avere. Stiamo perdendo vocaboli in continuazione. Ogni vocabolo è un concetto preciso, frutto di riflessione filosofica, raffinato nel tempo e selettivamente descritto da quella parola in secoli, ma soprattutto è frutto di un pensiero astratto che allena la mente alla complessità dei rimandi. Più vocaboli si perdono più si arriverà a parlare, pensare e analizzare le cose in soldoni ed essere quindi manipolabili da chi è al potere e ne conosce di più.

Ottodix presenta il singolo “Marco Polo”, estratto dall’antologia “Il Milione 2014-2024”

Oltre alla musica quali sono i tuoi interessi e come li coltivi?
Il mio paritario interesse è l’arte contemporanea, la mia attività gemella alla musica, che in questi anni ha avuto per fortuna delle buone affermazioni anche all’estero, tali da farmi considerare musica e arte due cose inscindibili anche nella pianificazione di opere, concept album e spettacoli. Questa doppia attività (nessuna delle due è secondaria o al rango di hobby dell’altra) richiede un grande sacrificio e una costanza ossessiva per non restare indietro da una parte o dall’altra. Il vantaggio è che l’una ispira l’altra, in un rimando continuo di spunti e idee. Quando una latita, arriva in soccorso l’altra. Poi nel mio tempo libero c’è sicuramente il fatto che amo il convivio con i pochi amici e i musicisti con cui condivido i palchi. E il mare greco. Adoro scrivere e far progetti davanti al mare greco con libri di fisica, scienza, biologia e geostoria, e alla sera vinello e pesce. Per me quella è la vacanza ideale. Le isole miti dei miti (perdona il gioco di parole) mi danno molta energia e mi ricaricano del tutto. Contrariamente a quello che si crede di me, date le attitudini musicali dark-pop o wave elettroniche in rigoroso abito nero degli esordi (vesto in nero da 40 anni), amo il sole, lo iodio e gli specchi d’acqua salata, lontano però dalla folla italiana, la più rumorosa in assoluto. Amo anche i gatti, ma questo non fa certo notizia. 

Per realizzare la raccolta “Ottodix 2024-2034”, bisogna riempire dieci anni di musica, idee e riflessioni. Sai già quale sarà il tuo percorso? Chissà se ne avrò ancora la forza, non mi fermo da 30 anni tra una cosa e l’altra. Difficile sapere dove andrò a parare, tuttavia se si è curiosi le idee vengono a bussare quando meno te lo aspetti e comunque il mondo è talmente pieno di sconvolgimenti che non capisco come non si possa attingerne a piene mani come spunto creativo. Dopo aver partorito “Arca” ho passato l’intero 2023 senza scrivere una sola nota o parola, tipo rigetto. Anno impegnatissimo per fortuna da  mostre e concerti e promozione dell’album con eventi spesso molto sfidanti, in musei, fondazioni, scuole e istituti di ricerca, anche all’estero. Nel 2024, anno decisamente molto più tranquillo, la macchina mentale si è di colpo rimessa in moto ed ora sono immerso nel progetto del 2026.L’anno prossimo sarà di transito, con qualche bel concerto e un lavoro sui territori nuovi delle installazioni sonore e delle sonificazioni di dati, stimolate anche da progetti e nuove tecnologie sonore che mi sono state proposte da affiancare ai miei album e spettacoli. Vedremo cosa ne esce, ma il quadro sembra essere davvero stimolante. Chi vivrà vedrà.

Per altre informazioni: https://www.ottodix.it/home/