Massimiliano Mechelli è uno dei giovani compositori più promettenti del panorama cinematografico italiano, e il suo talento è emerso in modo fulgido con il suo lavoro sulla colonna sonora de “La legge di Lidia Poët”. La serie, che ha conquistato il pubblico con la sua eroina punk interpretata da Matilda De Angelis e con una ricostruzione avvincente di Torino, deve molto al suo approccio innovativo alla musica. Dopo aver attirato l’attenzione con la suggestiva colonna sonora di “A Classic Horror Story”, Massimiliano ha dimostrato, con la sua partecipazione alla serie Netflix, di saper giocare con suoni e idee in modo unico. In questa intervista, ci racconta come è arrivato a collaborare con Groenlandia, la casa di produzione, e a lavorare al fianco dei registi Matteo Rovere e Letizia Lamartire, per dar vita a una colonna sonora che è già diventata uno dei punti di forza della serie.
Massimiliano benvenuto su Musicalnews e grazie della tua disponibilità. Prima di tutto parlaci delle tue esperienze pregresse.
Ho iniziato con il mio primo film “In the trap- Nella trappola” regia di Alessio Liguori, un film horror. Molti registi si dedicano al genere horror ultimamente . Poi “ A Classic Horror Story” di Paolo Strippoli e Roberto De Feo del 2021 film prodotto da Colorado Film, Rainbow e Netflix, (il The New York Times Times ha incluso “A Classic Horror Story” tra i 5 migliori film horror da guardare in streaming). Da qui in poi è iniziato il mio rapporto con la casa di produzione Groenlandia, prima con la “Coda del diavolo” diretta da Domenico De Feudis e “La legge di Lidia Poët” diretta da Matteo Rovere, Letizia Lamartire e Pippo Mezzapesa. La mia formazione inizia a Londra in “Guitar Performance, Popular Music” e ho iniziato a studiare composizione per film con Maurizio Malagnini, che mi ha trasmesso questa passione. Poi dopo la Laurea il “Master in composizione per Film, Tv e Videogiochi”. Grazie a questo lavoro ho l’opportunità di creare degli “immaginari” attraverso il film, un viaggio sonoro attraverso i personaggi del film. Ogni volta cerco di fare una colonna sonora che deve essere specifica per il film con i suoi suoni e in Lidia Poet erano le voci femminili dei cori a dare questa specificità alla pellicola. Inoltre è importante la sperimentazione attraverso la musica.
Come sei riuscito a prepararti per comporre la colonna sonora della serie “La legge di Lidia Poët”?
Ho fatto i provini sull’immagine dei primi 20 minuti dell’episodio 1. Avevo scelto 3 scene (drama, crime e commedia) per creare un ponte tra il giorno d’oggi ed il passato: utilizzando orchestra d’archi, sound design, ed elettronica. Dopo che ho vinto i provini abbiamo lavorato sulla prima scena. Volevo identificare il prodotto attraverso le voci femminili dei cori che sentiamo in maniera incessante e che poi si unisce all’orchestra d’archi ed all’elettronica. Volevo spiazzare lo spettatore. Ho registrato questa sola cantante Robetta Conticello (per quanto riguarda la 1^ stagione; poi Ilaria Mandas nella 2^ stagione) a cui ho fatto cantare dei pattern ritmici e melodici avendo un suono moderno, mantenendo l’eleganza e la forza del canto. Queste voci rappresentano un personaggio universale che incarna le donne di ieri e di oggi ovvero l’essenza Lidia Poët.
Quali sono state le differenze compositive tra una stagione e l’altra?
Nella stagione 2 ho cercato di spingere di più sugli elementi che erano la forza della colonna sonora, aggiungendo sintetizzatori analogici in contrasto con il tempo di Lidia Poët. La complessità è superiore, grazie alla Digital Records di Goffredo Gibellini dove hanno missato i brani. Dopo un mese di scrittura da Gibellini, ho portato delle reference di colonne sonore con suoni d’archi, che andasse ad incastrarsi con sintetizzatori. Quindi in studio abbiamo registrato l’orchestra d’archi da 25 elementi e abbiamo anche registrato un nonetto per avere un suono molto asciutto e moderno. La maggior parte dei brani sono sia nonetto e sia orchestra d’archi. Questa soluzione regala una “botta emotiva” per dare il movimento del respiro alla colonna sonora che poi si amplia per enfatizzare l’orchestrazione.
Quali sono state le difficoltà?
Nella prima serie di “La legge di Lidia Poët” ci sono state maggiori difficoltà perché la colonna sonora deve avere principalmente un “concetto” dietro. Poi, in seguito bisogna cercare dei suoni speciali per quella colonna sonora. La differenza tra un compositore e l’altro è data dalla capacità di individuare l’idea e rendere un prodotto riconoscibile. Ed è andata liscia, perché i provini sono piaciuti tutti a Matteo Rovere.
Puoi dirci qualche aneddoto e curiosità?
Mi ha fatto molto piacere che mi ha scritto Michelle Couttolenc, che ha lavorato nel film “Sound of Metal” e ha vinto l’oscar nella categoria Best Sound, lodandomi per la costruzione del suono e delle voci, e la differenziazione delle voci e dei sintetizzatori. Inoltre Michelle Couttolenc ha trovato degli elementi non convenzionali nel mio lavoro.
Attualmente a quali progetti stai partecipando?
Attualmente stiamo preparando la 3^ stagione di Lidia Poët. Tornando alla mia formazione devo dire di essere stato fortunato ad avere una famiglia con un’indole artistica che mi ha fatto avere una analisi critica alla lettura delle immagini (assistendo a mostre, cinema e teatro).
Oltre alla “Legge di Lidia Poët” a quale progetto sei più legato? E perché?
Sono molto legato ad “A Classic Horror Story”, perché comunque è stato, il progetto in cui ho ottenuto qualcosa di unico a livello sonoro ed è stato il più acclamato ed inoltre il critico Gianni Canova mi ha scritto una bella recensione.
(a cura di Jean-Pierre Colella)