Dopo aver recensito il loro album di esordio “Frequencies From Nowhere”, dopo averli visti in concerto, non potevamo non ascoltare dalla loro viva voce, come si resiste suonando hard rock classico in questi anni tribolati per chi
Un po’ di storia, come nasce il progetto Start. E come mai un nome così semplice, che sul web può aprire infinite pagine che potrebbe confondere chi cerca vostre notizie?
Andrea: Il progetto stArt nasce da una lunga storia d’amicizia tra me e Riccardo: ci conosciamo da una vita, ma non abbiamo mai suonato assieme. Due anni fa per una serie di dinamiche personali ci siamo frequentati maggiormente e la musica ci è sembrata la soluzione migliore. Veniamo dallo stesso background ed è stato naturale convogliare sulla musica hard rock. Il nome stArt ci piaceva proprio per la sua semplicità e internazionalità visto che noi cantiamo in inglese e italiano. Ci sentiamo molto rappresentati da questo nome dato che per noi è stato un nuovo inizio, sia personale che musicale. Sulla parte web abbiamo ovviato al problema che accennavi aggiungendo “gli” e infatti siamo presenti come “glistart”.
Come avete adunato la band e gli ospiti? Insomma non è da tutti avere in formazione Jonathan Gasparini, e ospite Michele Luppi?
Riccardo: Una volta abbozzati i brani io e Andrea abbiamo avuto l’ambizione di mettere in piedi una band bella potente e abbiamo iniziato con Jonathan (Gasparini). Siamo suoi fans fin dai tempi dei mitici Mamamicarburo e Andrea per un periodo li ha omaggiati con una band tributo. Quando l’abbiamo contattato per fargli sentire un brano (“Kids of the dragon”) ci ha detto che gli piaceva e che avrebbe registrato le chitarre. Da lì è nata una collaborazione sia in studio che dal vivo confermando la regola che i grandi musicisti sono anche molto umili. Michele Luppi è stato coinvolto proprio da Jonathan che conosce bene e con cui suona nella Michele Luppi Band. Jonathan era in studio a registrare le chitarre del brano “START” e Michele è passato a trovarlo. E’ stato naturale per lui proporgli di registrare qualche linea di basso (Michele canta e suona tutto!). Con nostra felicità quando arrivarono le sue parti rimanemmo affascinati dal suono, dal colore e dalla creatività del suo basso. Il ruolo del bassista è stato l’ultimo a definirsi, infatti sul disco sono presenti vari bassisti, poi abbiamo conosciuto Michele Tellaroli e subito è scattato qualcosa. Giorgio Velotti alla chitarra e ai cori e Pietro Micheletti completano la line-up. Siamo molto riconoscenti e soddisfatti dei musicisti che formano gli stArt. Penso che siamo riusciti nel nostro intento!

La vostra proposta è legata all’hard rock melodico anni ’80. Secondo voi è stata davvero la golden age del rock, come molti pensano? Buona musica, talento, immagine, qualità nelle radio e grandi concerti?
Andrea: Sì senz’altro e aggiungerei anche gli anni ‘90 che abbiamo vissuto a pieno iniziando a suonare in varie band veronesi proprio in quegli anni. I nostri riferimenti musicali arrivano soprattutto dagli anni ‘80 e ‘90: Mötley Crüe, Aerosmith, Europe, Guns N’Roses, ma abbiamo ascoltato e ascoltiamo di tutto.
Quando scrivete materiale nuovo, come vi comportate? È un lavoro di squadra, o parte tutto dai due leader della band? E ci sono già pezzi nuovi?
Riccardo: I brani presenti in “Frequencies from Nowhere” sono stati composti da me e da Andrea. Solitamente scriviamo ognuno a casa propria e poi ci confrontiamo assieme per definire tonalità, stesura e linee vocali. In un secondo momento facciamo sentire il provino alla band e ogni musicista è libero di arrangiare e proporre soluzioni. Abbiamo dato poche indicazioni anche in studio preferendo che ogni componente del gruppo apportasse qualcosa di suo nei singoli brani. Per quanto riguarda il materiale nuovo non abbiamo scadenze e urgenze particolari, ma la composizione è sempre aperta e la volontà è quella di realizzare un secondo album.
Una domanda che credo interessi i lettori: come siete arrivati alla Virgin Music Group? E che tipo di supporto vi offrono?
Andrea: Alla distribuzione Virgin siamo arrivati grazie alla nostra etichetta PMS Studio nella figura di Raffaele Montanari che ha fatto sentire il disco in Virgin ed è piaciuto. Ci hanno proposto di prendere in carico il disco per la distribuzione sia per quanto riguarda il cd fisico sia sulle piattaforme digitali. Noi abbiamo preso la palla al balzo e siamo onorati di avere un marchio così prestigioso che ci affianca nel nostro percorso dandoci maggior visibilità.
Avete una cura particolare per la grafica, sia per il cd che per i videoclip, il vostro tratto è riconoscibile, in un misto di arte manga e fantascienza. C’è un motivo particolare o si tratta solo di gusti personali?
Andrea: Inizialmente le immagini sono state abbozzate con l’intelligenza artificiale per poi essere riviste e ridisegnate ad hoc. Ho curato personalmente l’artwork e tutta la grafica aiuta a comprendere meglio il messaggio che gira attorno al concept dell’album: la storia di un personaggio che si perde nello spazio e che compie un viaggio molto introspettivo fatto di emozioni ed esperienze belle e brutte per tornare a casa. Effettivamente c’è un forte richiamo alla spazio e abbiamo voluto sottolineare il concept graficamente, brano dopo brano, con delle immagini che ripercorrono le tappe del viaggio di questo protagonista.
Secondo voi cosa dovreste fare di particolare per arrivare ad un pubblico più ampio? Mi spiego: c’è un pubblico per gli Start lì fuori, o si muove tutto con gli algoritmi e i social?
Riccardo: la nostra priorità adesso è quella di suonare il più possibile, ovunque; non ci poniamo limiti. Per tutto il 2024 siamo stati concentrati sulla registrazione del disco e non ci siamo mai posti questo quesito. Abbiamo cercato senz’altro di fare il massimo di quello che potevamo e anche la cura maniacale che abbiamo riservato al booklet del cd deriva proprio da quando, negli anni ’90, aprivamo il cd di turno appena acquistato e lo ascoltavamo tenendo il libretto tra le mani, leggendo tutte le note e i credits, guardando le immagini, la copertina…. Ci rivolgiamo a quel pubblico, ancora curioso e romantico, che abbia voglia di scartare il cd e di “annusarlo”. Andrea: penso che lo spazio per il rock ci sia e ci sarà sempre. Sappiamo benissimo che in questo momento storico questo genere non è, ahimè, così vendibile e spendibile, ma penso anche che gli stArt in certi circuiti si possano ritagliare il loro pezzettino di gloria.

Quanto è importante per voi suonare dal vivo? Cercate nuovi ascoltatori suonando dal vivo, rischiando il silenzio o preferite situazioni che garantiscono un pubblico che vi conosce?
Riccardo: A me piace molto tutta la parte compositiva e creativa, mi diverto trascorrere le giornate in studio di registrazione per provare qualche soluzione di arrangiamento o di mix assieme al nostro tecnico del suono Pasquale Ronzo (Le Pareti Sconnesse), ma è chiaro che per una rock band l’attività live sia vitale. Proprio in questo periodo stiamo facendo alcuni concerti fuori Verona per confrontarci con un pubblico nuovo ed è sempre stimolante. Agli amici di Verona invece diamo appuntamento per il 14 marzo al “Machine Gun” locale davvero molto rock!
Quali sono le vostre prossime mosse? Un obiettivo a breve termine ed uno a lungo raggio?
Andrea: l’obiettivo a breve termine è suonare dal vivo il più possibile, penso che il “live” sia uno dei nostri punti di forza. Guardando un po’ più avanti l’obiettivo è senz’altro la scrittura del secondo album, ma senza darci scadenze particolari.
L’idea di proporre alcuni pezzi in una nuova veste con gli ospiti come prende forma? E c’è un motivo particolare che avete posizionati i brani alla fine?
Riccardo: In concerto proponiamo tutti i brani di “Frequencies” nello stesso ordine cercando di rispettare gli arrangiamenti del disco, ma chiaramente aggiungendo quel “pathos” tipico dei live. In apertura è presente anche Caterina Costantini che canta (come sul disco ndr) “Silence for you” con Andrea. Nella seconda parte facciamo qualche brano dei Mamamicarburo avendo Jonathan sul palco e un paio di cover riviste da noi. E’ capitato che in serata venisse a trovarci qualche amico e di aver suonato assieme a lui un suo brano come nel caso di Matteo “Lendo” Lenotti il cantante dei Notre Dame (band nella quale suono anch’io).
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