Auge – Spazi vettoriali (Vrec/Audioglobe, 2025)

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A distanza di tre anni, durante i quali hanno maturato esperienza e maggior sicurezza, tornano i fiorentini Auge, con un secondo album che ne certifica la crescita e maturità.

Stilisticamente siamo sulla scia del debutto “In Purgatorio”, quindi un rock italiano che si tinge di new wave e post punk, con picchi che si spostano tra energia e raffinatezza. Sin dal primo ascolto si nota la crescita nella scrittura, che appare sicura, logica, ma capace di sorprendere. Inoltre, senza apparire blasfemo, noto un’evidente somiglianza tra la timbrica del bravo Mauro Purgatorio (anche ai sintetizzatori), con il grande e rimpianto Paolo Benvegnù. Naturalmente si tratta di una cosa non voluta, ma che in qualche modo sembra creare un ponte immaginario tra gli Auge e Paolo che, ricordiamolo, proprio da Firenze ripartì per creare la sua seconda vita artistica, dopo la fine degli Scisma. A tal proposito vi invito ad ascoltare “La Teoria”, un delizioso pop notturno cadenzato, dove il parallelo citato, prende la sua forma più evidente.

Questa similitudine in qualche modo ci porta alla mente proprio gli Scisma e il Benvegnù solista, ma gli Auge si muovono agili tra echi di Diaframma e Litfiba, entrambi chiamati in causa nella splendida “Firenze” che nel refrain sentenzia: “Firenze ha ucciso la new wave… Firenze is not Uk! Bega Lugosi is dead”, un pezzone, non a caso scelto come singolo.

Il disco si apre con “Icaro”, forse non il miglior inizio, ma già con la nervosa “Ero lì” si cambia marcia, un dark rock solido alla The Cure, uno dei rari casi dove la melodia prende il sopravvento anche sulle chitarre, pur senza perdere la spinta ritmica. Attitudine che continua con “Lei”, un altro singolo vincente, che mi ha ricordato i The Cult del periodo di “Love”, quindi ancora oscurità, più che chitarre e sole. Con “Maestrale” e “Gravità”, non a caso messe in successione, gli Auge ci svelano il loro volto più sperimentale, dove il rock si tinge di elettronica e con le parole che si fondono con gli strumenti e dove probabilmente l’apporto, in termini di direzione, del co-produttore Flavio Ferri è stato significativo.

“Spazi vettoriali” offre una scaletta di dieci brani, che non mostra curve da evitare, anzi il tratto finale è forse il più interessante, dal rock mistico e blasfemo di “Ognissanti” alla malinconia ruvida di “Perdersi”, con una linea leggera di basso che sottolinea gli accenti del cantato di Mauro, per un impasto che seduce. In chiusura “Universi”, con un testo lungo, che dimostra come per gli Auge le parole non siano un supporto, ma un elemento fondamentale per la riuscita dei brani, si avvale dei cori di Chiara Pericci, che ascoltiamo anche in altri pezzi.

Auge: Mauro Purgatorio: voce, liriche, synth / Matteo Montuschi: chitarre / Sara Vettori: basso Riccardo Cardazzo: batteria. Ospiti: Luca Fucci (synth), Alex Carmona (batteria) e Aander al violino.

“Spazi vettoriali” è disponibile in versione CD e LP (autografato da collezione).