Dopo aver apprezzato il nuovo album “Spazi vettoriali”, abbiamo pensato che fosse necessario approfondire la conoscenza degli Auge e così il cantante Mauro e i suoi compagni di avventura ci portano nel loro mondo, dove tutto è in continuo movimento e dove anche le critiche sono motivo di ispirazione.
Sono trascorsi tre anni dal vostro debutto. In cosa pensate di essere cambiati in questo tempo. Se siete cambiati.
È stato un periodo di continua gestazione ed elaborazione del nuovo album: già dal precedente disco avevamo iniziato a delinearne i contenuti sia in termini di songwriting che di arrangiamento. Più che di un cambiamento potremmo parlare di un continuo movimento che per noi è una necessità dettata dall’urgenza di scoprire nuove alchimie tra i generi che amiamo ed abbiamo amato. Era nostra intenzione giungere alla finalizzazione di un lavoro che si ponesse in linea di continuità ed in progressione con il precedente.
Il titolo del vostro album “Spazi vettoriali” è molto affascinante. Volete dirci qualcosa di più? Per esempio il significato che gli attribuite voi.
Lo spazio vettoriale è uno spazio tridimensionale abitato da vettori, ciascuno avente il proprio inzio e la propria direzione. Se nell’album “In Purgatorio” il tema centrale erano le fotografie di anime silenti, segnate dal proprio percorso e tuttavia pronte ad alimentare la scintilla per una potenziale resurrezione in “Spazi Vettoriali” volevamo identificare il movimento attraverso la figura di Icaro, pronto a volare sopra la storia, le città, la diversità. Icaro diventa il vettore lanciato nello spazio, in solitudine, pronto ad esplorare anche in modo critico qualsiasi elemento possa interessarlo, senza schemi preconcetti, anche a costo di volare troppo in alto, troppo vicino al sole.
I vostri pezzi come nascono? Quanto è un lavoro di squadra o un solitario poi imposto? I testi vengono prima della musica o viceversa?
Non c’è uno schema predefinito, possono nascere da una traccia che ciascuno di noi decide di sviluppare in modo embrionale ma con elementi armonici e ritmici definiti. Spesso il tutto nasce da una chitarra, una linea di basso, un arpeggiatore, un synth, talvolta anche dalla sensazione provocata da una drum particolare. In quel momento ciascuno di noi lavora nella propria comfort zone con continui scambi delle parti alle quali si aggiungono altre parti. A tutto questo processo segue il lavoro di arrangiamento in sala prove dove il pezzo viene definito, come una scultura che prende forma e viene levigata per essere poi proposta nei live. Riguardo al “cosa viene prima” fra testo e musica anche qui non c’è una regola: anche se per la maggior parte dei casi l’ispirazione al testo viene data proprio dalla musica: abbiamo dei brani che sono nati proprio dalla vibrazione data dal testo. Ci sono poi eccezioni che confermano la regola: un brano dell’album “In Purgatorio” è nato ad esempio dalla sensazione provocata da alcune riprese video che poi sono diventate parte integrante del videoclip del brano.
Come preparate le scalette dei concerti? E quanto è difficile trovare situazioni dove proporre la propria musica? In concerto presentate anche cover? E se si, come le scegliete?
La scaletta a grandi linee è già presente nella nostra mente ma può essere suscettibile di variazioni in corso d’opera. Così può accadere che il brano che avevamo pensato quale apertura del disco venga scalzato nelle posizioni da altri brani. Vige la regola del cercare un mood che possa accompagnare l’ascoltatore per tutto il disco: pur sapendo che questa attività è diventata faticosa per l’ascoltatore comune che usa lo streaming sappiamo che i nostri acquirenti di vinile o cd lo ascolteranno nella sequenza da noi scelta e questo ci responsabilizza nel realizzarla. Proporre musica originale oggi in Italia è una vera sfida: pochi locali decidono di presentare al proprio pubblico proposte originali: occorrerebbe dare un incentivo, magari fiscale, a quei gestori che decidono di non proporre cover o tribute band per fare cassa. Una simile politica potrebbe condurre il mercato dei live dentro un circolo virtuoso nel quale il pubblico viene quasi obbligato ad ascoltare e magari scoprire con piacere nuove realtà musicali. Infine sono poche le agenzie di booking seriamente interessate al prodotto musicale perché più attente all’immagine “giovane” dell’artista da vendere. Nonostante questo panorama desolante riusciamo a proporre il nostro live grazie a contatti diretti con alcune realtà che ritengono il nostro progetto interessante.
Cosa non vorreste mai leggere in una recensione riguardo alla vostra musica? Indipendentemente che sia una cosa bella o brutta.
Siamo una band composta da musicisti ciascuno con una buona esperienza alle spalle: questo ci dà una certa consapevolezza del percorso che stiamo facendo, tuttavia siamo pronti a recepire qualsiasi dettaglio si possa desumere da una recensione al nostro disco. Non ci sono preclusioni di sorta piuttosto una profonda curiosità, sin dal momento del lancio dell’album, di cosa gli altri percepiranno ascoltando i nostri pezzi, cosa ameranno e cosa invece sentiranno un po’ più distante dalle proprie visioni. Una recensione diventa per noi un suggerimento ed un momento di crescita per il lavoro successivo.

I testi come nascono? Dove attingi le sensazioni: dal personale o da situazioni generali? Quanto lavori per inserirli nella musica o succede il contrario?
(Mauro Purgatorio): Scrivo molto, ho pagine e pagine di testi, ho anche molte canzoni che spesso stanno lì nell’hard disk, già con il loro testo, in attesa di qualcosa che le faccia emergere. Ogni situazione che vedo, persona che conosco, storia che viene raccontata, dettaglio che emette una sua luce può provocare l’urgenza della scrittura: in quel momento sono consapevole che quella pagina potrebbe diventare una canzone e talvolta, per incredibile alchimia perfetta, musica e parole sono immediatamente contigue. In altri casi può accadere di avere un brano già arrangiato dai miei compagni e nella scelta del testo, fra le tante pagine che dispongo sulla scrivania, mi lascio condurre dalla sensazione provocata dalla musica per poi limare la metrica o cambiare solo qualche dettaglio. Ma il nostro è un processo creativo assolutamente istintivo: ci ripetiamo sempre che in fondo siamo solo esseri capaci di recepire qualcosa che è già presente nell’aria, capaci di metterlo in forma canzone grazie solo ad una sensibilità che speriamo non ci abbandoni mai.
Auge – Mauro Purgatorio: voce, liriche, synth / Matteo Montuschi: chitarre / Sara Vettori: basso fretless Riccardo Cardazzo: batteria
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/augeband