Cecilia Larosa: Con la musica racconto le emozioni che restano

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Cantautrice dalla voce intensa e dall’anima autentica, Cecilia Larosa torna a emozionare con il nuovo singolo “Indelebile”, disponibile in radio e su tutte le piattaforme digitali. Prodotto da Piero Cassano e scritto a quattro mani con Edoardo Benevides Costa, il brano è un inno leggero e potente al tempo stesso, capace di catturare l’energia di un incontro fugace che, nonostante la brevità, lascia un segno profondo. Cecilia racconta la vita attraverso la musica fin da bambina, tra studi al conservatorio, palchi importanti e una scrittura sempre più matura. In questa intervista ci accompagna dentro il mondo di “Indelebile”, tra ispirazioni, emozioni che durano il tempo di una canzone, e la voglia di raccontare storie vere, anche imperfette, ma che parlano dritto al cuore. Un viaggio tra note estive, desiderio di evasione e una voce che lascia il segno.

“Indelebile” racconta un amore fugace ma intenso, che lascia il segno. Com’è nato questo brano e cosa rappresenta per te a livello personale?
“Indelebile” è nato in studio. Cercavamo un brano dal sapore fresco ed estivo, che trasmettesse quella leggerezza tipica delle serate spensierate. Poi ci siamo concentrati sul testo, ispirato da un periodo particolare che stavo vivendo. Racconta di quelle situazioni che, anche se brevi o apparentemente leggere, ti lasciano un segno dentro. È una canzone diversa da altre mie produzioni, più leggera, ma volutamente così: volevo proprio comunicare la leggerezza che spesso si accompagna anche a una piccola ferita sentimentale. L’abbiamo scritta a più riprese, lavorando a distanza, tornando più volte sia sull’arrangiamento che sulla melodia. È un brano che ha avuto una sua evoluzione naturale, proprio come le emozioni che racconta.
Il tuo stile mescola influenze pop, soul e jazz. Come hai lavorato con Piero Cassano e Edoardo Benevides Costa per creare un sound così fresco e coinvolgente?
Con Piero ci conosciamo dal periodo post Covid, anche se il primo incontro risale a prima della pandemia grazie a una masterclass a Modena. Dopo la pandemia ho iniziato a viaggiare spesso a Milano per lavorare in studio, e lì è nata l’idea di realizzare qualcosa di nuovo, che fosse diverso da ciò che si sente oggi ma al tempo stesso rispecchiasse la mia identità artistica. Il pezzo contiene molte delle mie sensibilità musicali, dato che sono anche pianista, compositrice e interprete. Con Edoardo c’è stata da subito grande sintonia: abbiamo sperimentato tanto insieme, anche su altri brani. In studio con lui mi sono sentita libera di esplorare e cercare nuove strade sonore.
Hai studiato canto jazz e ora ti stai specializzando in canto pop-rock. In che modo la formazione accademica ha influenzato la tua scrittura e la tua vocalità?
All’inizio ero un po’ scettica sul canto jazz, ma lo studio dell’armonia e la disciplina del Conservatorio – venendo anche da anni di studio del pianoforte classico – mi hanno formata tantissimo. In Conservatorio hai modo di confrontarti con musicisti straordinari e con insegnanti che suonano in tutto il mondo. Questo ti dà un’apertura unica, che inevitabilmente si riflette nella tua musica. Il jazz è presente nei miei brani, anche in modo sottile, come ad esempio nel mio precedente singolo “Il volo di Chagall”. Il pop, invece, è una scelta del cuore: è il linguaggio che sento più mio. Negli ultimi anni mi sento molto cambiata. Non so bene in cosa, ma studiare a fondo i grandi classici mi ha dato più consapevolezza quando scrivo e compongo. La tecnica, una volta assimilata, ti rende più libera nell’espressione e nella comunicazione artistica.

Hai aperto concerti importanti, da Loredana Bertè a Vasco Brondi, fino ai Tiromancino. Qual è stata l’esperienza live più significativa per te?
Sono state tutte esperienze importanti e formative. Oltre a quelli che hai citato, penso anche ai concerti con i Matia Bazar e a quelli con Lorenzo Fragola. Con i Matia Bazar ho un legame speciale, ci conosciamo da tempo e ho avuto modo di esibirmi con loro in diverse occasioni. Con Silvia “Luna” Dragonieri c’è un bellissimo rapporto. Ogni concerto è unico e ti insegna qualcosa, anche perché ti rendi conto di quanto siano simili, a volte, le vite degli artisti. Duettare con Federico Zampaglione a Capodanno è stato molto emozionante: una piazza piena, un’energia incredibile. Passi da palchi più raccolti a piazze con migliaia di persone, ma il denominatore comune resta sempre la condivisione. La musica, alla fine, è questo: un’emozione che si scambia tra artista e pubblico.
In un’epoca in cui tutto scorre velocemente, tu scegli di raccontare emozioni che “restano”. Qual è il ruolo della musica oggi, per chi la scrive e per chi la ascolta?
Per me la musica è stata il mezzo attraverso cui ho imparato a esprimere ciò che a parole non riuscivo a dire. Credo che la musica abbia il potere di abbattere i muri che costruiamo, verso noi stessi e verso gli altri. In un mondo iperveloce e bombardato di stimoli, abbiamo disimparato ad ascoltarci davvero. La musica, invece, riesce a toccare corde profonde e ad arrivare dove le parole spesso non bastano. Amo sperimentare, raccontare le mie mille sfaccettature, ma soprattutto credo nella verità della musica: quella verità che ti fa sentire vivo e connesso agli altri. È da lì che nasce tutto.