Si è spento oggi, all’età di 82 anni, Brian Wilson, mente visionaria dei Beach Boys e uno dei più grandi innovatori della musica pop del XX secolo. Sottolinea il nostro fondatore Giancarlo Passarella .. Fans e collezionisti hanno nella sua attività discografica una fonte inesauribile di rarità: vi consiglio il cofanetto The Sunflower & Surf’s Up Sessions 1969-1971, pubblicato nel Luglio 2021 .. Con lui scompare non solo un musicista, ma un vero e proprio alchimista del suono, capace di trasformare la leggerezza del surf californiano in introspezione, poesia e armonie celestiali.

Nato a Inglewood, in California, il 20 giugno 1942, Wilson era il maggiore di tre fratelli. Cresciuto a Hawthorne, sviluppò sin da piccolo un orecchio straordinario per la musica. Affascinato dalle complesse armonie vocali dei Four Freshmen, iniziò a sperimentare sin da adolescente, costruendo le basi di quello che sarebbe diventato uno dei linguaggi musicali più influenti di sempre. Nel 1961 fondò i Beach Boys insieme ai fratelli Carl e Dennis, al cugino Mike Love e all’amico Al Jardine. Da quel momento, la musica americana cambiò per sempre. Canzoni come Surfin’ U.S.A., I Get Around, California Girls, e soprattutto capolavori come Wouldn’t It Be Nice, God Only Knows e Good Vibrations portarono la band al vertice delle classifiche, ma fu con Pet Sounds (1966) che Brian riscrisse davvero le regole del pop: un album orchestrale, emotivo e concettuale, considerato da Paul McCartney “la più grande ispirazione per Sgt. Pepper’s”. Dietro al genio, però, si nascondeva un uomo profondamente fragile. Le crescenti tensioni interne al gruppo, l’uso di sostanze e l’ossessione per il mai completato progetto Smile portarono Wilson a un crollo psicologico che lo allontanò dalla scena pubblica per molti anni. La sua figura divenne quella di un recluso mitico: il pianoforte sepolto nella sabbia del salotto, le canzoni scritte nel silenzio di una mente in lotta contro sé stessa. Negli anni ’80 e ’90 tentò una difficile risalita, sotto la discussa supervisione del terapeuta Eugene Landy. Ma fu solo nei primi anni 2000 che ritrovò pienamente la sua voce: nel 2004, con Brian Wilson Presents Smile, completò finalmente il disco dei suoi sogni, ricevendo un Grammy e il riconoscimento unanime della critica. Dieci anni dopo, il film Love & Mercy (2014) raccontò con sensibilità la sua storia, alternando luce e ombra, genio e vulnerabilità. Negli ultimi anni Wilson aveva ritrovato un certo equilibrio, partecipando a tournée celebrative, riavvicinandosi ai vecchi compagni e continuando, anche con voce fragile, a portare la sua musica in giro per il mondo. Il suo ultimo periodo è stato segnato dalla vicinanza della moglie Melinda, dei figli e dell’affetto incrollabile dei fan di ogni età. Oggi lo piange il mondo della musica, che in lui ha sempre visto non solo un maestro, ma un uomo che ha saputo trasformare la sofferenza in bellezza. La sua opera ha influenzato artisti di ogni generazione, dai Beatles ai Radiohead, e continua a risuonare in ogni nota pop che osa spingersi oltre il convenzionale. In God Only Knows, forse il brano che più lo rappresenta, Wilson scriveva: “Solo Dio sa cosa sarei senza di te”. Oggi è il mondo intero a poter dire lo stesso: solo Dio sa cosa sarebbe stato il pop senza Brian Wilson.