Preoccupations? Don’t you Worry. Worry No More.

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La band canadese live allo Spazio 211 – Torino – T!lt

Un vago senso di dissociazione mi attraversa mentre entro nella sala semivuota dello Spazio 211 in attesa dei Preoccupations.
Tornano alla mente vecchi concerti, lunghe file all’ingresso e al bar, il caldo soffocante, la folla stipata, tempi andati, nostalgia. Il tempo che si mangia tutto.
Ottobre che sembra estate, volti inattesi si palesano ai miei occhi, amicizie tradite che fingono scarso interesse e sullo sfondo lo stesso disagio espresso da Ill At Ease, ultimo album della band canadese di Calgary.
Da anni i Preoccupations ci accompagnano con riflessioni oscure sul presente e proiezioni altrettanto cupe sul futuro e le tinte dell’ultima uscita discografica – il cui titolo è programmatico – nonchè il set live ne sono una conferma.
L’oppressione che segna il nostro tempo, l’introspezione vorticosa, l’ipotesi di fuga pressochè impossibile sono sviscerati nelle liriche plumbee di Matt Flegel; i tratti tirati, un no look rigoroso, il sudore che scende incessante sul suo viso sono la prova di un’immedisimazione totale. Peccato non coglierne a pieno la voce a causa di un’acustica mozza. “The diagnosis is I’m doing my best to forget everything that I know“, anch’io faccio il possibile per rimettere tutto a fuoco.
I colori post punk abbracciano gli umori dei brani più recenti, tanto quanto episodi simbolici quali Silhouttes o March of Progress, estratti dal lontano Vietcong, che riportano il suono a un’essenza più sperimentale e spigolosa.
I Preoccupations sfoggiano professionalità totale e sono serissimi. Incrocio lo sguardo di Scott Munro e Daniel Christiansen e pare che quasi li disturbi mentre li osservo dividersi tra chitarre e tastiere. Arpeggi ed elettronica si fondono in atmosfere rarefatte, la batteria di Mike Wallace è superba, tutto scorre con una marzialità ipnotica che impone la massima attenzione, senza la minima concessione al pubblico, nonostante tracce come Bastards o la stessa Ill At Ease rimandino ad un suono insolitamente accattivante.
C’è spazio per un breve ringraziamento e un saluto veloce; i Preoccupations lasciano il palco fulminei senza ulteriori concessioni. Sarebbe bello incontrarli e conversare con loro. Io ho la schiena a pezzi, le orecchie dolenti e l’anima stanca. Il messaggio arriva comunque, ci conosciamo da sempre: “Nowhere to move, nothing to say, we’ll just pray for a collision with Andromeda“, il motto è tatuato sulla mia spalla destra.