Il Festival Popolare Italiano, giunto alla sua dodicesima edizione, si conferma un evento di riferimento per la musica popolare e le sue contaminazioni, proponendo una riflessione profonda sulla relazione tra tradizione e contemporaneità, tra identità culturale e dialogo tra popoli. Anche quest’anno il festival, ideato e diretto da Stefano Saletti, polistrumentista e compositore noto sulla scena world, si svolgerà presso il Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma (Piazza di S. Croce in Gerusalemme, 9/a -Info & prenotazioni: Tel: 067014796) dal 8 novembre al 20 dicembre 2025 (sempre alle ore 17.30), proponendo un percorso che esplora le dinamiche sonore e le migrazioni culturali.

Il festival si articola in due sezioni principali: Sonus Mundi e Migrazioni Sonore. La prima sezione, che prende il nome di Echi della contemporaneità, esplora la musica popolare in chiave moderna, coniugando le radici mediterranee con i linguaggi più innovativi. Un viaggio sonoro che comincia con Ra di Spina: Vocazioni, il progetto della cantante e ricercatrice Laura Cuomo, che inaugura il festival il 8 novembre, con un rito vocale che rimanda a memorie ancestrali e spiritualità del Sud. A seguire, il 9 novembre, il polistrumentista Samuel Mele presenta Il santo sforzo di capire cosa sia l’amore, un racconto musicale che intreccia folk, world music e riflessioni sull’amore come ricerca spirituale e interiore. La sezione continua il 15 novembre con Clara Graziano e il suo Al ritmo della luna, un incontro tra musica popolare e canzone d’autore, e si chiude il 16 novembre con Hysterræ: Voci dalla terra madre, un rituale che mescola polifonie vocali femminili con suoni mediorientali ed elettronica. La seconda sezione, Migrazioni Sonore, pone l’accento sul messaggio universale della musica come linguaggio di dialogo tra le culture. A partire dal 22 novembre, il ciclo di concerti si arricchisce di otto appuntamenti che esplorano la musica come ponte tra mondi lontani, con performance che spaziano dal Mediterraneo al Sud America, dall’Iran al Maghreb. Si parte con Rotte mediterranee, un recital con Moni Ovadia, Giovanni Seneca e Anissa Gouizi, che intrecciano canti e racconti provenienti dall’Italia, Grecia, Nord Africa e Balcani, e si prosegue con gruppi come i SuRealistas, che il 27 novembre portano sul palco ritmi sudamericani e mediterranei, e il Pejman Tadayon Ensemble il 4 dicembre, con un concerto dedicato alla musica e alla poetica dei mistici Sufi. Tra gli altri appuntamenti, si segnala anche l’Orchestra Multietnica di Arezzo, che il 18 dicembre offrirà un concerto corale, con trenta musicisti provenienti da tutto il mondo, e il concerto finale il 20 dicembre, Sacro Mediterraneo, con la Banda Ikona e il Baobab Ensemble, diretti da Stefano Saletti, che proporranno un viaggio spirituale attraverso le sponde del Mediterraneo.

Ogni concerto sarà preceduto da Conversazioni in musica, incontri tematici a cura della rivista BlogFoolk, che vedranno protagonisti musicisti, giornalisti e studiosi in dialogo con il pubblico. Tra i temi trattati, l’evoluzione della musica tradizionale in chiave contemporanea, le contaminazioni culturali e le storie di migrazione raccontate attraverso le note di artisti di diversi angoli del mondo. Il Festival Popolare Italiano si inserisce in un percorso più ampio che punta a valorizzare la musica come strumento di costruzione dell’identità culturale e come veicolo di scambio e inclusione. Nato nel 2015 al centro di accoglienza Baobab di Roma, il festival ha attraversato vari luoghi della città, dal Teatro Villa Pamphilj al Teatro Verde, e ora trova la sua casa al Museo Nazionale degli Strumenti Musicali, un luogo che ben rappresenta l’unione tra tradizione e innovazione sonora. La rassegna è parte della Programmazione Puglia Sounds 2025 ed è sostenuta dal Nuovo Imaie, con il progetto Migrazioni Sonore che si inserisce tra le iniziative di interesse per il Giubileo 2025, in collaborazione con Zètema Progetto Cultura. Questa edizione del festival, che gode della media partnership di Rai Radio Techete’, si conferma come un’importante occasione di riflessione e di scoperta, dove la musica diventa il linguaggio universale che unisce popoli, culture e storie, offrendo al pubblico un’esperienza che va oltre l’ascolto, diventando un viaggio emozionale e culturale.