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Pubblicato il 12/07/2013 alle 06:16:24 | |
Bruce Springsteen and the E Street Band (Rock In Roma, Ippodromo delle Capannelle, 11/7/2013)
Giovedì 11 luglio circa 35.000 spettatori hanno affollato il White Stage delle Capannelle per il quarto e ultimo concerto italiano del Wrecking Ball Tour di Bruce Springsteen and the E Street Band, il più importante del festival Rock In Roma 2013.
Giovedì 11 luglio circa 35.000 spettatori hanno affollato il White Stage dell’Ippodromo delle Capannelle di Roma per il quarto e ultimo concerto italiano (dopo Napoli, Padova e Milano) del "Wrecking Ball Tour" di Bruce Springsteen and the E Street Band, il decimo appuntamento del festival "Rock in Roma" e sicuramente il più importante di questa edizione 2013 (nella foto Springsteen durante il concerto romano).
Arriviamo verso le 20 alla stazione di Capannelle con uno dei tanti treni che partono da Termini e una navetta ci porta direttamente all’ippodromo che ospita il concerto. Purtroppo non facciamo in tempo ad ascoltare The Cyborgs, il duo elektrock-blues romano che per la prima volta in Italia ha avuto il privilegio di aprire una data di Bruce Springsteen, ma li abbiamo visti più volte nei locali della capitale e uno dei due (anche se non sono riconoscibili perché suonano mascherati con delle tute da saldatori) è il bluesman di talento Davide Lipari aka One Man 100% Bluez. Dopo un lungo cammino sull’erba verde fino al “White Stage” allestito appositamente solo per questo concerto (un’arena “all stand” senza posti a sedere né tribune, mai usata in precedenza) entriamo nel “pit” (l’area sotto il palco riservata alla stampa e a circa 6000 spettatori, di cui i primi 2000 fortunati sono entrati con una “lottery” fin dal mattino) e notiamo con piacere alcuni musicisti presenti tra il pubblico come il chitarrista inglese Phil Palmer (che aveva suonato la sera prima a Roma con Pino Daniele e l’orchestra Roma Sinfonietta) e il cantautore salentino Luigi Mariano (springsteeniano doc che conosce a memoria anche i suoi brani meno noti e tra le altre cose ha tradotto in italiano "Matamoros Banks" nel disco tributo “For You 2”). Dopo il tema di “C’era una volta il West” di Ennio Morricone che solitamente apre e chiude il concerto, quando mancano pochi minuti alle 21 esce finalmente il Boss e chiede al pubblico “Can you feel the spirit?”, quindi attacca “Spirit in the Night” (dal primo disco “Greetings from Asbury Park, N.J.” del 1973, sarà questo l’anno cardine del concerto, a 40 anni esatti dall’uscita dei primi 2 album di Springsteen usciti entrambi nel 1973, il primo a gennaio e il secondo a settembre), in versione rock-blues, con un solo di sax di Jake Clemons (il nipote di “Big Man” Clarence). Il Boss si avvicina al pubblico e canta “My love will not let you down” (una outtake di “Born in the Usa” pubblicata in “Tracks” nel ‘98), poi il classico “Badlands” con un altro solo di sax di Clemons, arriva quindi “Death to my Hometown” dall'ultimo disco "Wrecking Ball" (con suoni folk-country da Seeger Session band), e la poco conosciuta “Roulette” (vecchia canzone del ’79 pubblicata solo in “Tracks”), seguita da “Lucky Town” (dall’omonimo disco del ’92), poi c’è il momento "juke box" col Boss che prende diversi cartelli dal pubblico. Si parte con “Summertime Blues” (un classico di Eddie Cochran degli anni ‘50), poi “Stand on it” (era il lato b di “Glory Days”, dedicata ad una coppia di sposi che festeggiano il loro anniversario di matrimonio, Gaia e Andrea), con tutta la sezione fiati aggiunta (the "E Street Horns") al completo: due sax, due trombe e un trombone, quindi “Working on the highway” (la prima canzone della serata da “Born in the Usa”) con Bruce alla chitarra acustica accompagnato dalla sua band, e “Candy's room” (da “Darkness on the edge of Town”) preferita per il momento a “Brilliant disguise” (fa scegliere il cartello alla band). Parte il lungo intro di tastiera di “She's the one” (da “Born to run”) e poi la canta tutta, ritorna quindi “Brilliant disguise” (era il singolo di “Tunnel of Love” del 1987 che fu incisa anche da Elvis Costello), e a sorpresa il Boss estrae dal suo immenso repertorio “Kitty's back” (la prima canzone della serata tratta dal secondo disco “The Wild, the Innocent & the E Street Shuffle”, di cui farà tutta la seconda facciata, in realtà l’intenzione era quella di suonarlo tutto come ha dichiarato il giorno dopo Little Steven a Radio Città Futura ma poi il concerto ha preso una strada diversa), lunga e complessa, un pezzo rhythm’n’blues con solo di hammond e di trombone, uno Springsteen in versione swing davvero insolito che il prossimo anno potrebbe suonare anche a Umbria Jazz, alla faccia dei puristi (del resto se ci sono stati perfino i R.E.M. qualche anno fa perché non lui?), la seconda da quel disco è "Incident on the 57th street" (un brano straziante che racconta l'avventura dello spagnolo Johnny e della portoricana Jane), poi segue “Rosalita (come out tonight)” sempre del secondo disco cantata davanti al pubblico in terzetto con Jake Clemons e Little Steven (il quale ha detto che dopo la morte di Clarence Clemons la musica di Springsteen si è “convertita” al soul, quasi per raggiungerlo), con un intro di piano di Roy Bittan e col Boss che passa alla chitarra acustica per la splendida “New York City Serenade” (di cui prende uno striscione gigante dal pubblico con Little Steven), brano che non fa quasi mai in concerto (è la prima volta in questo tour) ma che fa parte sempre del secondo disco protagonista della serata, con un bellissimo solo di archi sul finale (l’arrangiamento originale era di David Sancious), un vero capolavoro lungo 10 minuti con sette archi dell'orchestra Roma Sinfonietta diretta da Leandro Piccioni che poi il Boss saluta uno per uno quando vanno via, quindi “Shackled and Drawn” (dall'ultimo disco “Wreckin’ Ball”) con un coro di voci tutte nere (The "E Street Choir") che per una deformazione tutta italiana ci ricorda la copertina di “Blue's” di Zucchero (anche se è ovvio che sia stato quest'ultimo ad ispirarsi ai dischi blues e gospel afroamericani), poi di seguito “Darlington County” e “Bobby Jean” (entrambe da “Born in the Usa”), l’ormai consueta “Waitin' for a Sunny Day” (da “The Rising”), sulla quale come sempre chiama un bambino dal pubblico e lo fa anche cantare, la stessa “The Rising” (che dava il titolo al disco del 2002 scritto dopo la tragedia dell’11 settembre 2001), e la conclusiva (prima dei bis) “Land of Hope and Dreams” (sempre dall’ultimo disco “Wrecking Ball”). A questo punto Springsteen saluta tutti ma non c’è neanche il tempo di uscire che si prosegue subito con i bis: la celebre “Born in the Usa” (ritornata in versione rock con tutta la band dopo che per molto tempo la faceva acustica per far meglio comprendere il significato del brano, spesso travisato in un semplice inno patriottico), l'eterno classico degli anni ‘70 “Born to run” (sempre emozionante), e la più danzereccia degli anni ‘80 “Dancin' in the dark” (alla fine della quale fa salire prima una ragazza con il cartello che recita in inglese "se balli con me il mio ragazzo mi sposa", dopo di che sale anche lui, e poi due ragazze "vestite" da sposa alle quali fa suonare la chitarra per il finale del brano: le incontreremo dopo il concerto e una di loro, Giulia, ci dirà che si sposa davvero tra una settimana e l’altra le farà da testimone di nozze), segue quindi “Tenth Avenue Freeze Out” (sempre da “Born to run”, con immagini sullo schermo che ricordano gli indimenticabili compagni di viaggio Clarence Clemons e Danny Federici scomparsi rispettivamente nel 2011 e nel 2008). Sembra arrivata la fine, salutano tutti, ma poi riescono con la celebre “Twist and shout” (classico degli anni '60 interpretata prima dai Top Notes e poi dagli Isley Brothers e portata al successo dai Beatles, anche se fu scritta da Phil Medley e Bert Russell), e alla fine il Boss presenta tutti i musicisti uno per uno: la "legendary, heart stopping, pants-dropping, hard-rocking, booty shaking, love making” E Street Band con Nils Lofgren alla chitarra, “Little” Steven Van Zandt alla chitarra e cori, Roy Bittan al pianoforte, sinth e fisarmonica, Garry Tallent al basso elettrico, Max Weinberg alla batteria, con Soozie Tyrell al violino, cori e chitarra acustica e Charlie Giordano all'organo e pianoforte, infine gli E Street Horns (fiati) con Clark Gayton (trombone, tuba), Eddie Manion (sassofono), Curt Ramm (tromba), Barry Danielian (tromba), Jake Clemons (sassofono, cori), e lo E Street Choir con Curtis King, Cindy Mizelle, Michelle Moore ed Everett Bradley (cori).
Segue un altro pezzo sempre rock’n’roll dal titolo “Shout” (il singolo più famoso degli Isley Brothers, dal loro primo disco del 1959) con botta e risposta del pubblico ("you know you make me wanna… shout!”) in cui il Boss ad un certo punto dice “I'm just a prisoner of rock'n'roll" (sono solo un prigioniero del rock’n’roll), dopo di che quando il concerto sembra essere definitivamente terminato, per non deludere le attese del pubblico (che in fondo ci sperava e voleva fortissimamente un altro brano) rientra da solo voce, armonica e chitarra acustica per fare la storica “Thunder Road” (ancora da "Born to run"), e questo per chi scrive è il momento più bello ed emozionante dell’intero concerto, che chiude così una serata davvero indimenticabile, con "C'era una volta il West" di Morricone in sottofondo e il pubblico che si avvia lentamente verso l'uscita.
L’unico appunto che possiamo fare all’organizzazione (ma probabilmente si tratta di una scelta obbligata) è quello di aver previsto il ritorno dei treni (gratuiti) a Tiburtina e non a Termini (da dove si partiva) con conseguenti disagi e code per trovare i taxi (o gli autobus) che riportassero a casa gli spettatori che avevano deciso di non usare la macchina. In sintesi un concerto molto raffinato, pieno di chicche da intenditori e senza dischi eseguiti per intero dall’inizio alla fine (com’era accaduto il 31 maggio a Padova con “Born to run” e il 3 giugno a Milano con “Born in the Usa”), peccato solo per qualche mancanza in scaletta come “The River” (gran disco di cui non ha fatto nessuna canzone, così come per "Nebraska" o "The ghost of Tom Joad") che avremmo riascoltato molto volentieri ma non ci possiamo certo lamentare, è stato un concerto molto vario, ricchissimo di musica di tutti i generi (rock, blues, soul, folk, country, ecc.) e strumenti di tutti i tipi (fiati, archi, chitarre, tastiere, voci, ecc.) che in oltre 3 ore ha confermato Bruce Springsteen come il più grande entertainer e performer in circolazione, quello che dà la maggiore importanza al rapporto col pubblico (con cui interagisce in continuazione e che esce sempre super soddisfatto alla fine dello show per qualità e quantità), con o senza la E Street Band…
Set-list:
1. Spirit in the Night
2. My Love will not let you down
3. Badlands
4. Death to my Hometown
5. Roulette
6. Lucky Town
7. Summertime Blues
8. Stand on it
9. Working On A Highway
10. Candy’s Room
11. She’s the one
12. Brilliant Disguise
13. Kitty’s back
14. Incident on 57th Street
15. Rosalita (come out tonight)
16. New York City Serenade
17. Shackled and drawn
18. Darlington County
19. Bobby Jean
20. Waitin’ on a Sunny Day
21. The Rising
22. Land of Hope and Dreams
Encore
23. Born in the USA
24. Born to Run
25. Dancing in the Dark
26. Tenth Avenue Freeze-Out
27. Twist and Shout
28. Shout
29. Thunder Road (solo acoustic version)
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