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Pubblicato il 27/06/2017 alle 08:53:20
Gerardo Di Lella, Discomusic, Maestro!
di Manuela Ippolito Giardi
Gerardo Di Lella, paladino del jazz in Italia, ama spesso coniugare i suoni delle sue orchestre con l’irresistibile musica da ballo degli anni’70 ispirandosi al mitico Barry White. Lo ha intervistato Andrea Angeli Bufalini.

Gerardo Di Lella, paladino del jazz in Italia, ama spesso coniugare i suoni delle sue orchestre con l’irresistibile musica da ballo degli anni’70 ispirandosi al mitico Barry White: "vidi le prove di un suo concerto e ne rimasi folgorato”, ricorda il Maestro in occasione del recente live romano con la superstar Gloria Gaynor. Lo ha intervistato Andrea Angeli Bufalini per il Radiocorriere Tv (si ringrazia per l’occasione il direttore Fabrizio Casinelli).

“Quando da ragazzo riuscii ad intrufolarmi ad un concerto in Versilia di Barry White rimasi incantato da quella enorme orchestra composta esclusivamente da musicisti neri vestiti di bianco. In quell’occasione capii immediatamente quale direzione musicale intraprendere”. Così il pianista, arrangiatore, compositore e direttore d’orchestra Gerardo Di Lella confessa la sua ammirazione per la discomusic al Radiocorriere TV in occasione del recente concerto tenuto al Foro Italico di Roma con la sua Pop Orchestra di 22 elementi ed un ospite d’eccezione: Gloria Gaynor, la madre della Disco.

Munito di passione, preparazione e talento, il Maestro Di Lella, tra un tributo a Frank Sinatra, i live con le musiche da film e concerti con artisti jazz del calibro di Diane Schuur e Arturo Sandoval, si tuffa spesso e volentieri nell’onda spumeggiante di un genere intramontabile: la discomusic. Come nasce questa scelta, solo apparentemente anomala, considerato il tuo curriculum professionale?

G.D.L: Pur essendo di estrazione jazz (Gerardo è diplomato in pianoforte e in musica jazz, nda) ho sempre amato la musica disco e funky degli anni’70. Soprattutto quella nera di Barry White, Donna Summer , gli Chic; quando mio padre compro' per i miei 13 anni uno stereo nuovo, non stavo più nella pelle ad ascoltare i loro dischi. Attenzione però, quando parlo di discomusic alludo alla musica che parte dai primi anni ’70 e arriva al massimo ai primissimi degli ’80. Ossia quella in cui i fiati, gli archi, la chitarra wah-wah e le voci imperavano prima dell’avvento dell’elettronica che ha annacquato i suoni. So che tu mi puoi ben capire. (ride, nda)

Si, concordo con l’eccezione, però, del padre dell’elettronica Giorgio Moroder che ha saputo accostare sapientemente la tradizione “nera” con i nuovi suoni computerizzati. Hai mai incontrato lui e Donna Summer?

G.D.L.: Moroder è a parte, è un genio. No, purtroppo non ho avuto modo di incontrare ne’lui ne’ la Summer. Organizzare un concerto con lei sarebbe stato fantastico: il suo carisma e la sua voce accompagnata dalla mia orchestra...ma purtroppo è tardi. Sarebbe in ogni caso bello poter fare qualcosa con Giorgio visto che attualmente è sempre in giro per il mondo con i suoi dj-set.

Hai comunque contattato Gloria Gaynor, veterana della discomusic e artista di grande esperienza. Come è nata la collaborazione?

G.D.L: Era da un po’ che cercavo di coinvolgerla per un live assieme, ma dato che vive negli States, farla venire appositamente per un concerto in Italia era piuttosto complicato. Appena però ho saputo che si sarebbe esibita per alcune date in Spagna e in Inghilterra, sono tornato alla carica e stavolta sono riuscito ad averla. Mi fa piacere suonare per lei perché oltre ad essere indubbiamente una delle regine della disco, è l’interprete di pezzi memorabili, tipo Never Can Say Goodbye e I Will Survive, diventati classici di tutti i tempi.

Sei uno dei paladini del jazz in Italia. Da dove ha origine questa tua inclinazione musicale?

G.D.L.: Nasco in una famiglia di musicisti: oltre al nonno anche due dei miei tre fratelli, Fabio, flautista, e Gianfranco, violinista, sono musicisti professionisti. Quando eravamo ragazzini la nostra casa in quel di Casaluce, paesino del casertano, era tutta una bolgia di suoni. Ognuno di noi con il proprio strumento importunava l’altro e tutti insieme davamo fastidio all’intero isolato!

E la tua prima grande passione in musica?

G.D.L: E’ stata la grande orchestra americana, la Big Band, tra gli altri, di Glenn Miller, Quincy Jones, Gil Evans e, perché no, Barry White.

Attualmente hai ben tre orchestre a tuo nome, la Grand, la Swing e la Pop, ma a quando risale Il debutto con la tua prima formazione?

G.D.L.: Nel 1994 ho esordito con la mia prima orchestra ufficiale. Poi, trasferitomi a Roma, ho avuto la fortuna di incontrare uno dei maggiori arrangiatori in Italia, Lino Quagliero, che è stato nell’orchestra Rai in produzioni TV storiche come Studio Uno e Canzonissima. Con lui, che ha lavorato con maestri del calibro di Gianni Ferrio, Armando Trovajoli, Piero Piccioni, ho messo su una Big Band che ha curato gli arrangiamenti delle musiche di Piccioni nei film di Alberto Sordi in occasione del nostro concerto-tributo al grande attore.

Dopo il concerto romano sold out con la Gaynor, che progetti estivi ha la Gerardo Di Lella Pop Orchestra?

G.D.L.: Sono già in cartellone due concerti con un’altra straordinaria artista, Amii Stewart, il cui primo successo internazionale, "Knock On Wood", è timbrato discomusic. Il 15 luglio saremo alla Versiliana di Marina di Pietrasanta e il 29 agosto a Macerata nell'ambito di Sferiterio Live.

Ma secondo il Maestro Di Lella perché la disco quando esplose venne così osteggiata dalla critica che, soprattutto in Italia, la relegava a musica di serie B?

Perché veniva tacciata come frivola e disimpegnata, trascurando il fatto invece che e' musica suonata da veri fiati, veri archi e vera ritmica. Il binomio allegria /credibilità non veniva accettato: ma allora Mozart? (sorride canticchiando la Sinfonia n.40, nda)

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