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Pubblicato il 18/04/2019 alle 18:01:06
Closer: guardando al futuro!
di Beatrice Bonato
Mentre anche le giovani band guardano al passato del rock, i veronesi Closer, cercano un'ipotesi di futuro, senza stravolgere le regole, ma con la consapevolezza che il tempo non si ferma. Parliamo del nuovo album "Event Horizon" e di tanto altro.

Mentre anche le giovani band guardano al passato del rock, i veronesi Closer cercano un'ipotesi di futuro, senza stravolgere le regole, ma con la consapevolezza che il tempo non si ferma. Parliamo del nuovo album "Event Horizon" e di tanto altro.

Ciao ragazzi. Direi di iniziare con una presentazione della band ai nostri lettori.
Ciao Beatrice, innanzitutto grazie per l’intervista. Noi siamo i Closer, siamo cinque musicisti (Simone Rossetto, cantante; Andrea Bonomo, chitarra; Nicola Salvaro, chitarra solista; Manuel "Bomber" Stoppele, basso e Danilo di Michele, batteria), e sin da subito il nostro obiettivo è stato quello di proporre la musica che sentivamo dentro, che è naturalmente orientata a quelle che sono le ultime tendenze in campo hard rock/alternative metal, cercando di mischiarle ai grandi ed intramontabili classici del genere, da sempre parte del nostro background musicale.

Che differenze ci sono tra il primo album e “Event Horizon”?
Mentre “My Last Day” è stato il classico album di pezzi a sé stanti composti uno alla volta, “Event Horizon” nasce con uno studio preciso alle spalle, che lo ha portato ad essere il concept album che è. Siamo passati attraverso un progetto iniziale e da lì abbiamo sviluppato la tematica comune a tutto il disco, cercando di dare un filo logico tanto nei testi quanto nella musica. Questo lo ha reso più complicato da realizzare, ma anche infinitamente più soddisfacente da ascoltare.

Qual è la soddisfazione più grande che avete raggiunto fino ad oggi e di rimando la delusione?
Oltre all’incisione di Event Horizon, la nostra più grande soddisfazione è senz’altro quella di essere riusciti a portare per due volte la nostra musica in Inghilterra, riscontrando numerosi e sinceri apprezzamenti da quanti ci hanno ascoltato, testimoniati poi dalle tante richieste di dischi, foto, addirittura autografi, cose alle quali sinceramente non siamo abituati. La cosa più bella è stata entrare in un pub da clienti e ritrovarci ad improvvisare tre pezzi in acustico su richiesta/supplica di qualche avventore che ci aveva ascoltato la sera prima e riconosciuto. Meraviglioso. Di contro la nostra maggior delusione è quella di non riuscire ad avere lo stesso riscontro in Italia, il nostro paese, nel quale la musica inedita di band underground viene sempre più snobbata e le possibilità per gente come noi di farsi semplicemente ascoltare sono oramai ridotte all’osso. Tutto questo è demoralizzante.

In che modo scrivete i pezzi. Li trovo molto solidi e compatti. Prevale l’idea del singolo o si tratta un lavoro di squadra?
Si tratta assolutamente di un lavoro di squadra. Nei credit del nostro album siamo presenti tutti, perché ognuno di noi ha contribuito alla realizzazione di uno o più pezzi e nessuno di essi è nato da una mano sola. Qualcuno (di solito i chitarristi Andrea e Nicola, ma a volte anche il cantante Simone o il bassista Manuel), propone un riff di partenza che in sala, attraverso decine di prove nelle quali ognuno ha diritto a dire la sua, viene arrangiato e diventa pian piano un pezzo; in seguito – anche se qualche volta i passaggi sono stati invertiti – chi si sente ispirato scrive un testo (compito che viene assolto da Simone o dal batterista Danilo), sul quale ci si ragiona nuovamente insieme, fino a raggiungere un obiettivo che soddisfi pienamente tutta la band. Solo allora si lavora alle rifiniture finali, limando i dettagli ed aggiungendo o sottraendo quanto serve al pezzo per scorrere in maniera naturale.

L’album è un concept, ce lo spiegate? E quanto contano per voi i testi delle canzoni?
“Event Horizon” racconta della vita intera di una persona, dai momenti immediatamente precedenti la nascita, fino a quello che è per noi un inizio di aldilà, nel quale l’anima prende coscienza di essere “dall’altra parte”: l’orizzonte degli eventi appunto, che per la scienza è il limite di avvicinamento ad un buco nero, superato il quale non si torna indietro. Neanche la luce riesce a sfuggirvi, perciò chi è di qua non può sapere cosa c’è dall’altra parte; attraversata questa barriera non c’è modo di comunicare. I testi per noi, soprattutto in un lavoro come questo, contano tantissimo; sono stati una componente fondamentale della produzione e speriamo di essere riusciti a rendere l’idea di quello che volevamo comunicare.

Oggi nel rock sembra prevalere solo nostalgia. Voi siete una band con un taglio più moderno. Vi sembra di incontrate maggiori difficoltà, rispetto a chi suona hard rock o metal classico?
Probabilmente non è solo il genere, ma il semplice fatto di proporre musica inedita. Oggi in Italia a band come i Closer non viene data, sia da gran parte dell’utenza sia da chi dovrebbe favorirla, la minima possibilità di esprimersi o almeno il beneficio del dubbio di rendersi conto cosa un gruppo voglia dire. Siamo consapevoli che proporre musica propria non significhi obbligatoriamente piacere a tutti o avere corsie preferenziali (anche perché è indubbiamente difficile fare musica di qualità), ma allo stesso tempo abbiamo capito che persone e locali preferiscono ascoltare e finanziare l’ennesimo tributo di band ancora in attività dagli anni ’70, piuttosto che rischiare con degli sconosciuti, magari con qualcosa da dire ed i mezzi tecnici per farlo. Le poche volte che questo è accaduto c’è sempre stato più di qualcuno che ha apprezzato, ma ciò non basta a cambiare una mentalità ormai radicata.

Quali sono i vostri obiettivi per il futuro prossimo? Sognate un futuro da professionisti o cosa altro?
Purtroppo, per quanto sarebbe davvero un sogno, oggi come oggi non sembrano esserci i presupposti per immaginare una carriera nel mondo della musica ad alti livelli; per ora le nostre ambizioni come band sono quelle di cercare di raggiungere il maggior numero di persone con la nostra musica, per farci apprezzare e riconoscere per le nostre qualità e per quello che abbiamo da dire sul palco. Se poi da queste cose nasceranno novità interessanti e nuovi obiettivi per i Closer, saremo felici di dimostrare che ci sentiamo in grado di salire su qualsiasi palco, pronti e carichi come non mai. Nel frattempo continueremo a provarci!







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