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Interviste
Pubblicato il 03/07/2003 alle 01:49:58
È il disco ad essere in crisi, non la musica! Parola di Marco Rossi
di Massimo Giuliano
Rossi, 39 anni, è il boss della Azzurra Music, etichetta indipendente specializzata in varie produzioni musicali, cui fa capo anche la D'Autore. Abbiamo parlato con lui della sua attività e dello stato dell’industria discografica italiana.

Il veneto Marco Rossi, 39 anni, è il boss della Azzurra Music, etichetta indipendente specializzata in varie produzioni musicali, cui fa capo anche la D'Autore. Abbiamo voluto parlare con lui della sua attività e dell'attuale stato dell’industria discografica italiana.

Come definirebbe oggi l’industria discografica italiana?

«La definirei un’industria in crisi. Tuttavia non parlerei di "crisi della musica", quanto di "crisi del disco". Siamo in una fase di saturazione del supporto. Prima si identificava la musica con il disco, oggi non è più così. Ci sono altre forme attraverso le quali la musica viene fruita: il live, Internet. Dunque, è il consumo di dischi ad essere in calo, anche a causa del download dalla Rete: il consumo di musica, invece, è crescente. Si deve capire dove vanno ad indirizzarsi le manifestazioni di interesse del pubblico: adesso ci sono altre priorità. Se esce il nuovo disco di un grande gruppo, magari avrò bisogno di spendere i miei soldi in un certo modo, ad esempio acquistando la ricarica del cellulare, piuttosto che comprarmi l’album. Questo l'industria lo sta capendo solo ora».

D'Autore e Azzurra Music sono da considerarsi come una soluzione a questo stato di crisi?

«Sì. Crediamo molto nella vendita di tutti i nostri prodotti a 10 euro: così facendo, la musica è più accessibile a livello economico. Se tu ascolti le canzoni alla radio, non acquisterai mai qualcosa che non conosci. Se invece trovi degli album di qualità ad un prezzo interessante, la situazione cambia».

Lei, da "addetto ai lavori", può risponderci come membro interno a certi meccanismi. È vero che il costo di produzione di un cd non è così alto, come vogliono farci credere, e che in realtà ci si specula sopra?

«Ci sono due elementi da tenere in considerazione, che sono il costo fisso e il costo variabile. Ragiono ancora con le vecchie lire: delle 40000 a cui vendo il cd, il costo variabile è appena il 10%. In media, la casa discografica spende su un prodotto, però poi su 99 prodotti non spende. Il cd è il supporto che costa meno di tutti: quindi di sicuro c'è una speculazione. È importante produrre molti titoli: in questo modo il costo totale viene "spalmato" su ciascun prodotto, e quindi il costo per ogni singolo cd risulta più basso».

Lei ha detto: “Il dvd sostituirà il cd e aggiungerà qualcosa in più, al medesimo prezzo”. Quindi il futuro della musica è del dvd?

«Non penso. Il futuro della musica è Internet. Il supporto rimarrà, ma il dvd sarà importante solo per i prossimi 6-7 anni. Poi entrerà in ballo qualcos'altro. Immagino un futuro con una forte interconnessione tra i vari mezzi. Immagino, ad esempio, uno schermo al plasma, da cui poter comandare tutto: Internet, la tv, lo stereo, ecc... Perché continuare ad avere tremila apparecchi se potremo usarne uno solo per fare più cose?».

Perché, con Azzurra Music/D’Autore, è il prodotto che va dal consumatore, e non più il contrario?

«Perché generalmente la discografia ha una regola, del tutto sbagliata: realizzare un prodotto e cercare di venderlo a tutti i costi con la pubblicità. Ma se questo prodotto lo devo portare in appena 800 negozi di dischi in tutta Italia, considerando anche che il consumatore tende a non andare apposta in quei luoghi, non mi conviene. Oggi il consumatore non ha più tempo: è più impegnato di prima, e se deve prendere la macchina solo per andare in centro, dove il parcheggio non si trova, solo per raggiungere il negozio per acquistare il cd, non ci va. E poi, come le ho già detto prima, ora il cd non è un bene così importante. Ecco dunque che noi di Azzurra Music vendiamo i nostri album per il 70% in posti non tradizionali. Abbiamo stipulato una convenzione con 60 uffici postali in tutta Italia, e ci serviamo anche di stazioni ed edicole. Portiamo il prodotto là dove il consumatore è costretto ad andare: in quei luoghi trova il disco di un cantante, come Franco Simone o Rossana Casale, che già conosce, e - grazie anche al fatto che il cd è in vendita ad un prezzo accessibile - è invogliato all'acquisto».

E come vi regolate per gli esordienti, ad esempio i Chiaroscuro?

«Questo è il grosso problema di tutta la discografia. Senza pubblicità e promozione non si va da nessuna parte. E ciò è penalizzante soprattutto per chi è sconosciuto. Artisti come i Chiaroscuro hanno grosse difficoltà ad entrare nei canali commerciali. Ci sono costi altissimi. Dunque lanciare un prodotto nuovo non è semplice».

Allora possiamo dire che il disco si promuove da sé?

«Noi facciamo anche un po' di promozione e pubblicità. Diciamo che proviamo a trovare un buon mix, senza sbilanciarci troppo. Non possiamo sbagliare: inizialmente dobbiamo essere cauti, poi, se il prodotto cresce, possiamo azzardare di più. Le dò alcune cifre: “Riflessi”, il greatest hits di Rossana Casale, è attualmente sulle 20000 copie, mentre il cd di Franco Battiato “La convenzione” ha venduto circa 15000 copie. Per quanto riguarda le vendite, puntiamo sul medio e lungo termine. Possiamo così realizzare 300 album all'anno, di cui ne promuoviamo solo 5 o 6. Gli altri diventano dischi di catalogo, ma vendono ugualmente nel lungo periodo».

Questi dischi che non promuovete li pubblicate, perciò, per far quadrare il budget?

«No! Li pubblichiamo per sostenere l'attività di un'etichetta come D'Autore, in quanto quei titoli sono delle certezze».

A questo punto, la domanda è d’obbligo: come si mette in piedi una casa discografica?

«Beh, non ci sono regole; per quello che mi riguarda, le esperienze passate mi hanno portato a dire: "L'attività si porta avanti così". Molto importante è la piena indipendenza. Noi lavoriamo "in proprio", senza vincoli esterni: abbiamo i nostri promoter, il nostro magazzino, la nostra stampa, ecc... Contiamo su una forza lavoro di sole 30 persone. Puntiamo tutto sulla qualità, sia artistica che tecnica. Abbiamo tecnici bravissimi e un'attrezzatura d'avanguardia. Tutto questo fa sì che vendiamo i cd a 10 euro, ma con una qualità superiore ai prodotti che si possono trovare negli autogrill allo stesso prezzo. Insomma, vogliamo sempre dare di più».

Cosa l'ha spinta ad andare controcorrente?

«La voglia di fare qualcosa di diverso e di dare al pubblico, finalmente, un po’ di qualità».

Non poteva essere rischioso fare un discorso del genere?

«Beh, non sono un pazzo: rischio, però mettendo sempre dei paletti. Se non mi fossi comportato così, la mia etichetta, che è la prima indipendente in Italia, non esisterebbe più già da tempo. E invece sono quasi 10 anni che siamo qui. I miei dipendenti sono persone con famiglie da mantenere: non posso rischiare di mettere tutti, da un giorno all'altro, in mezzo ad una strada. Noi investiamo tantissimo continuando a produrre. E poi lavoriamo molto con le nuove tecnologie».

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