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Pubblicato il 06/10/2017 alle 00:03:55
Andrea Infusino, Between 3&4 tra improvvisazione e interplay
di Manuela Ippolito Giardi
Chitarrista giovane e di grande talento, Andrea Infusino ha recentemente pubblicato per l’etichetta Emme Record Label il disco d’esordio intitolato Between 3&4.

Chitarrista giovane e di grande talento, Andrea Infusino ha recentemente pubblicato per l’etichetta Emme Record Label il disco d’esordio intitolato Between 3&4.

Un progetto dove interamente dedicato ai brani inediti dove fuoriescono il talento improvvisativo e un grande interplay fra i musicisti. La formazione è per l’appunto completata da Marco Rossin al sax, Fabio Guaglardi all’organo KEY B e Manolito Cortese alla batteria. Infusino ci ha raccontato questa avventura in prima persona…

Andrea volevamo cominciare l’intervista partendo dal nome del tuo primo disco: cosa significa per l’appunto Between 3&4?
“Between 3&4” è sia il nome del disco che il nome di un brano di mia composizione, che apre il lavoro. Ho composto la melodia del brano diversi anni fa, in un periodo in cui ho scritto molto e che mi ha permesso di esplorare l’aspetto compositivo. Nel contempo stavo esplorando e ed effettuando degli studi di numerologia e tradizione Pitagorica. Così mi imbatto nella Tetraktys e nel significato che ha nella tradizione del Maestro e della sua grande scuola, così come il significato simbolico dei numeri e delle riduzioni teosofiche. In particolare il numero 3 e il 4 catturarono la mia attenzione in quanto il 3, che è anche riconosciuto come numero perfetto, rappresenta la creazione e la dinamica della vita. Il 4, invece, è un numero successivo, alla base della Tetraktys, l’ultimo in successione, e rappresenta la materialità. “Between 3&4” per me rappresenta “ciò che c’è fra il 3 e il 4, la tensione che sta fra la creazione e la materia”.
Poi, è solo un caso che fra i numeri 3 e 4 ci sia la durata del disco?

Ci vuoi descrivere allora questo tuo progetto e quali sono le sue caratteristiche principali?
Le caratteristiche principali del lavoro sono improvvisazione e interplay. Due concetti e prassi musicali per me estremamente importanti, fondamentali nel jazz e nella musica in generale. Gli arrangiamenti sono stati concepiti affinché ciascun elemento del gruppo potesse esprimere la propria idea musicale e la propria arte, qualsiasi sia la sua estrazione d’origine e il proprio percorso che lo ha portato ad avvicinarsi al linguaggio del jazz. In questo senso è un lavoro di gruppo: i brani, già di per sé contaminati, hanno subito un’ulteriore stravolgimento grazie all’ulteriore e libera contaminazione dei singoli. Parlando di brani originali, un’originalità nell’originalità a mio avviso, di cui vado orgoglioso.

All’interno di questo progetto non abbiamo potuto fare a meno di notare molte influenze diverse: ce le vuoi descrivere?
Le mie influenze principali partono dal mainstream e dal bebop. In realtà sono cresciuto musicalmente in modo atipico e quasi coi paraocchi. Non ho conosciuto l’infanzia né l’adolescenza. Sono stato chiuso in camera a trascrivere e ascoltare Charlie Parker e Miles Davis. Poi ho scoperto John Coltrane, Clifford Brown, Sonny Rollins, Thelonius Monk, Bill Evans, Wayne Shorter, fino a fermarmi attorno agli anni 60 con altrettanti nomi di grande rilievo. Per me i miei insegnanti: ricordo ancora una cassetta audio bianca su cui mio fratello passò una serie di bootleg e registrazioni inedite di Charlie Parker, che usavo per addormentarmi. O di mia madre che mi portava il pranzo e la cena in camera, mentre cercavo di tirare giù i soli di Coltrane o a fare esercizi di tecnica per riuscire a suonare Giant Steps o Countdown. Da questo sono poi passato ad altri ascolti, come periodi elettrici di Miles Davis, con musicisti come Bob Berg e John Scofield o Mike Stern, avvicinandomi così anche ai chitarristi, per me banditi fino ai 20 anni.

Parlando poi di chitarristi e musicisti in generale, quali sono quelli che sono stati davvero importanti per te e che ti hanno lasciato davvero tanto?
Ho un elenco che si divide sostanzialmente in due gruppi. Quello delle persone per me influenti che non ho mai incontrato di persona e quello di persone che ho avuto la fortuna di conoscere e che mi hanno musicalmente, e a volte anche umanamente, segnato. Nel primo gruppo ci sono sicuramente le personalità geniali che più volte sto menzionando: Miles Davis, John Coltrane, Charlie Parker, Dexter Gordon, Thelonious Monk, John Scofield, Wes Montgomery... Nel secondo gruppo persone che hanno visto il mio entusiasmo e il mio animo, le mie illusioni e le mie frustrazioni. Maestri di vita e di musica. In questi parto da Umberto Fiorentino, il quale mi ha sempre sostenuto oltre il tempo e lo spazio, una personalità di grandezza umana e artistica per me d’esempio in ogni momento. Fabio Zeppetella, anche lui, mi ha aiutato e sostenuto, spronandomi e aiutandomi a rialzarmi sempre. Continuo con Ramberto Ciammarughi, John Arnolds, Bruno Luise, Emanuele Basentini, Pietro Condorelli, Nicola Pisani, Fabrizio Sferra, Billy Harper, Greg Burk, Luca Santaniello, Marco Panascia, Lucio Ferrara, Gianluca Renzi, Attilio Zanchi, Davide Santorsola, Velia Ricciardi, Andrea Caruso, Dario Mazzucco, Raffaele Borretti.

Soffermiamoci un attiamo tuo percorso musicale. Ci vuoi raccontare come ti sei avvicinato al jazz e poi come ti sei evoluto musicalmente nel corso degli anni?
Nella mia famiglia la musica c’è sempre stata. Il primo a spingermi allo studio della musica e a mettermi degli strumenti addosso è stato mio padre. Ma i primi tentativi, in tenerissima età, non andarono a buon fine! Fu poi grazie a mio fratello maggiore, che ci fu la scintilla e l’aiuto della mia famiglia tutta a perseguire la mia passione, sostenendomi tanto sul piano materiale che sul piano morale in questo percorso. E’ così che nel periodo in cui emergevano gli 883, sono passato da Yngwie Malmsteen (peccati di gioventù!) a Charlie Parker, per rimanere folgorato dalla musica afroamericana ormai prima scelta nei miei gusti.

Ho perciò studiato privatamente e dai dischi che mio fratello ordinava per posta ordinaria: Miles Davis, Charlie Parker e John Coltrane sono stati i miei primi e fondamentali ascolti. Non proprio partendo in modo cronologico dalla tradizione, ma ho abbracciato lo studio più completo proseguendo poi con il Diploma di primo livello in Chitarra Jazz. Ho sempre avuto un rapporto controverso con la chitarra: la mia evoluzione è sempre stata legata ad ascolti di musicisti-non-chitarristi, perché li ho ritenuti più interessanti e tutt’ora sono per me fonte di maggiore ispirazione.

Per quanto riguarda il disco, invece, ci vuoi raccontare come è nata e cresciuta questa avventura?
Quest’avventura si sarebbe dovuta affrontare già tanti anni fa… già intorno ai miei 20 anni avevo primi materiali originali e nel corso del tempo numerose ragioni contingenti non mi hanno permesso di chiudermi in sala e procedere con un’esperienza edita. Se leggete rammarico, avete letto bene! All’ombra del tempo che inesorabilmente passa, ho però creduto lo stesso nel mio sogno di realizzare un lavoro discografico e ad oggi posso dire con grande orgoglio ed entusiasmo che è dal 2014 che sto lavorando a Between 3&4, ai brani arrangiandoli e stravolgendoli ogni volta finché non suonassero al meglio e con le persone giuste. Nondimeno l’aspetto umano, per me fondamentale, prima ancora dell’aspetto professionale, ha giocato un ruolo fondamentale nell’avventura di Between 3&4. La presenza di Fabio, Marco e Manolito, non è casuale, non è solo dettata da ragioni tecniche/musicali, infatti. Ed è per questo che li ringrazio e mi hanno onorato del loro aiuto e del loro lavoro, continuando tutt’ora a supportare quello che in realtà è diventato il nostro disco.

Uno sguardo verso il futuro ora: prossimi progetti e prossimi live: c’è qualcosa in particolare di cui ci vuoi parlare?
Ho ancora numerosi brani in attesa di essere suonati o trasformati e adattati per il mio attuale gruppo, così come tante idee per Standards Jazz o repertorio Bossa Nova e Manouche che avrei desiderio e piacere di suonare per mettermi ancora in gioco. L’esperienza in studio, per me in prima battuta tanto temuta, mi ha dimostrato di essere all’altezza e mi ha dato una grande dose di adrenalina per ritornare in studio con le nuove idee.

In questa sede ci tengo a ringraziare tanto Paolo Scarpino della SOS per il supporto tecnico in studio ed Emme Record Label, in particolare Enrico Moccia, che ha creduto nel materiale e sopportato le mie 1000 domande e dubbi, procedendo con la collaborazione che spero di poter confermare per le idee future. Come si suol dire: squadra che vince non si cambia! Il lavoro “Between 3&4” sta percorrendo diversi club e manifestazioni della mia terra, la Calabria, e con impegno e ottimi riscontri siamo accolti dal pubblico, come in due occasioni fra le altre quali la manifestazione “Experire in arte” a Marano Marchesato a Cosenza, ad opera del Maestro Tarcisio Molinaro, e il “Calabria Jazz Meeting” edizione 2017, presso Palazzo del Trono a Cetraro, ad opera di Sergio Gimigliano. Anche loro, personalità a me molto vicine e care da cui traggo costante insegnamento, che ringrazio molto.




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