Stefano Zeni, un lombardo che insegna in Calabria

Tempo di Lettura: 3 minuti

Un concerto che si preannuncia di grande interesse per i suoi tratti innovativi. Mercoledì 19, alle ore 21:30, nello scenario incantevole di Villa Margherita a Catanzaro il Catanzaro Jazz Fest inaugurerà la sua XIX edizione con una formazione inconsueta formata da Boris Savoldelli e Stefano Zeni. Due musicisti che daranno vita a una esibizione in cui si incontreranno “Improvvisazione ed elettronica”, richiamando il titolo del seminario che li vedrà protagonisti giorno 20, alle ore 17, sempre in Villa Margherita. E’ con Stefano Zeni che approfondiamo le scelte e il percorso musicale che lo hanno condotto a questo progetto.

Nato a Milano, diplomato in Violino al Conservatorio di Trento e in Jazz in quello di Brescia, oggi insegni “Violino Jazz” presso il Conservatorio di Cosenza. Si potrebbe dire che sei un emigrante “al contrario”, tra i pochi che dal nord vengono a lavorare al sud. Come vivi la tua esperienza professionale in Calabria e quali suggestioni hai trovato in questa regione, così lontana geograficamente e culturalmente dalla tua?
Emigrante “al contrario” suona bene! Devo dire che questa esperienza lavorativa, musicale e umana che sto vivendo presso il Conservatorio di Cosenza mi sta dando molto. Mi sono subito trovato bene sia con i colleghi che con gli allievi. Ho trovato un ambiente accogliente, aperto, stimolante e di un ottimo livello. Questa opportunità mi sta permettendo di conoscere una regione meravigliosa, la Calabria. Il territorio, le persone, l’ospitalità, la cultura, le tradizioni, il cibo fanno di questi luoghi una delle migliori regioni d’Italia, troppo spesso invece considerata fanalino di coda della penisola. Certo, i problemi e le contraddizioni non mancano ma il potenziale della Calabria è enorme. Vedo giovani e meno giovani che si danno da fare continuamente e gratuitamente per migliorare la qualità della vita a livello sociale e culturale. E poi, la simpatia del vostro dare del “voi”, allo stesso tempo rispettoso e amichevole.

La musica e l’arte non hanno confini, uniscono mondi spesso lontani e, soprattutto nel jazz, creano condivisione ed empatia tra i musicisti, attraverso l’improvvisazione. Il motto del CJF recita: il jazz sta all’improvvisazione come la democrazia sta alla libertà, cosa pensi di questa “proporzione”?
La musica è il linguaggio universale per eccellenza. Là dove esistono confini, muri, differenze, la musica unisce. L’improvvisazione poi riesce a mettere a nudo la vera essenza di ognuno di noi; senza maschere, la musica fluisce e con la sua energia crea empatia tra i musicisti e il pubblico. Concordo pienamente con il motto del CJF. La libertà dovrebbe essere un diritto fondamentale per ogni uomo di questo pianeta ma, allo stesso modo, dovrebbe rispettare e non ledere la libertà altrui; perciò qui entra in gioco la democrazia. In musica e in ambito jazzistico quando si improvvisa è fondamentale potersi sentire sempre liberi di esprimersi artisticamente senza però dimenticare l’interplay con gli altri musicisti e il rispetto per i loro spazi. In questo, credo che la musica insegni molto.

Il giorno dopo il concerto, tu e Boris Savoldelli terrete un seminario su “Improvvisazione ed elettronica”, come vi siete trovati a formare questo originale duo con Boris e qual è il motivo per cui i giovani musicisti e appassionati dovrebbero partecipare a questo momento formativo e che cosa potrebbero imparare?
Con Boris ci conosciamo ormai da molti anni ma solamente negli ultimi 2 anni è nata una bella collaborazione e amicizia. La collaborazione è nata contestualmente alla produzione del mio ultimo lavoro “Parallel Paths”, pubblicato lo scorso anno. Ho composto, arrangiato e registrato quindici tracce dove convergono jazz, fusion, world music e avanguardia. Utilizzo sia un violino acustico che un violino elettrico/midi a 5 corde abbinati a vocalizzi, kazoo, fischi, effetti e looper. In 2 tracce avevo il desiderio di collaborare con 2 ospiti. Subito capii chi avrei avuto il piacere di chiamare: il vibrafonista statunitense Mike Mainieri e il vocal performer Boris Savoldelli. Contattai entrambi ed ebbi l’immenso piacere di averli come ospiti nel mio album. Invitai Boris anche durante il concerto di presentazione di “Parallel Paths” e da lì nacque la nostra collaborazione. Oltre al duo ora abbiamo anche un nuovo progetto con il violoncellista Marco Remondini. Riguardo il seminario io e Boris consigliamo ai giovani musicisti e appassionati di partecipare al nostro seminario perché sarà uno scambio reciproco di esperienze musicali e tecnologiche. Illustreremo come trattiamo il suono del violino e della voce attraverso l’utilizzo dell’elettronica e di loop costruiti in tempo reale. Una caratteristica che non dovrebbe mai mancare a un musicista è la curiosità e la voglia di conoscere e imparare sempre. Non si arriva mai alla metà perché il cammino è la parte più stimolante e divertente.

Cosa ti piace ascoltare e quale sarà il percorso musicale del concerto che apre la nuova edizione del festival?
Sono un vegetariano onnivoro di musica. Mi piace ascoltare tutti i generi musicali. Non esistono generi belli e generi brutti; esiste buona musica e musica scadente in qualsiasi genere. Io ascolto jazz, rock, classica, cantautorato, pop, folk ecc. Ciò a cui assisterete è un concerto originale, dove la purezza del suono acustico incontra l’incognita dell’elettronica; dove le grandi melodie che hanno definito i diversi linguaggi della musica si scontrano con l’improvvisazione spontanea.