Una delle vere grandi sorprese della canzone d’autore italiana degli ultimi anni.
È lo stesso cantante e autore perugino, catalano di adozione da un decennio, che ci indirizza verso la sua musica, con una domanda: “La musica d’autore dovrebbe ancora farsi carico di trasmettere un significato?”. La risposta che la sue canzoni urlano è chiarissima “SI”. Giunto al quinto album, Olden si conferma artista lucido, in possesso di una voce piena e nitida, che narra ed affronta storie e concetti, senza voltare l’angolo davanti ai tempi odierni.
Giunto al quinto album, Olden si conferma artista lucido, in possesso di una voce piena e nitida, che narra ed affronta storie e concetti, senza voltare l’angolo davanti ai tempi odierni.
Come dimostra in “Il giorno della gloria”, dove la parola rivoluzione incendia un tappeto di pianoforte dal portamento amaro. “L’aquilone” parla di amore, con un tocco gelido, distaccato, che incute quasi timore. E che dire de “L’oca nera”, sorta di sghignazzante cantilena , metafora di chi non accetta il diverso, di qualunque origine sia?
L’album scorre senza un solo passo falso, Olden scopre sempre l’intuizione giusta nella costruzione dei brani, senza mai sovraccaricarli di strumenti compie una sorta di miracolo armonico, indovinando sempre la melodia. Cito ancora la meraviglia di “Puntuale”, una ballata lenta e compassata.
Mi sbilancio: se amate Marlene Kuntz e il Paolo Benvegnù più enigmatico e il mondo che vi gravita intorno, questo è il disco che fa per voi.