Pietro Trapassi, tra la Casta Diva di Bellini ed il ricordo di suo fratello, ucciso con il Giudice Rocco Chinnici

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La protagonista ne La Norma di Vincenzo Bellini è una sacerdotessa gallica: la sua preghiera alla Luna è il celebre brano che mette in brividi all’ascoltatore.. Casta Diva che inargenti queste sacre antiche piante / A noi volgi il bel sembiante senza nube e senza vel / Tempra o Diva, tempra tu de’ cori ardenti / Tempra ancor lo zelo audace, spargi in terra quella pace / Che regnar tu fai nel ciel…
Questo brano può far da colonna sonora all’incontro che ho avuto con Pietro Trapassi: anche se a distanza di sicurezza (seduti all’aperto su una panchina) e muniti di mascherina, i momenti di trasporto ci sono stati, arrivando a tratti ad attimi di commozione. E non poteva esser che così, visto che per Pietro Trapassi il ricordo del fratello Mario è ancora vivissimo.
Mario Trapassi era un 32enne Maresciallo dei Carabinieri. Assieme al suo collega Salvatore Bartolotta, componeva la scorta del giudice istruttore Rocco Chinnici. Il 29 Luglio 1983 una macchina imbottita di tritolo posta davanti l’abitazione del magistrato esplose uccidendoli tutti e tre assieme al portiere dello stabile Stefano Li Sacchi.

Pietro ben trovato: da quanti anni sei residente nel fiorentino? Mi sono trasferito a Firenze nel Dicembre del 1969. In cerca di una occupazione. Avevo sostenuto degli esami per un concorso alle Poste, a Roma. Avevo bisogno di lavorare e non potevo aspettare l’esito di quella prova. Avevo già una famigliola, ma pesavo ancora sulle spalle dei miei genitori. Quando ci fu l’attentato al Giudice Rocco Chinnici (dove è morto tuo fratello Mario, Maresciallo dei Carabinieri, a capo della sua scorta) tu dove eri? Quella mattina del 29 Luglio 1983, abitavo a Firenze e mi stavo preparando per partire per Palermo, a passarvi le ferie. Proprio in concomitanza con l’attentato, stavo portando le chiavi della filiale, dove prestavo servizio, quando mi raggiunse la telefonata, da casa mia, che era stato fatto l’attentato al Giudice Rocco Chinnici. Il pensiero corse subito a mio fratello, ma la notizia completa l’ebbi circa un’ora dopo. Il tuo più recente libro si intitola Caino vive a Palermo: come l’hai realizzato? Non è stato molto facile dedicarmi a questo compito (anzi dovrei dire dovere) verso una persona che era parte di me per diversi motivi: procreato dai miei genitori per farmi compagnia, dato che ero il primogenito fra quattro sorelle; Mario, il nome glielo avevo scelto io, aveva per me un’ammirazione particolare, credo, per il coraggio che avevo avuto per studiare nelle condizioni in cui ci si trovava in famiglia, economicamente, a causa del dissesto causato dalla seconda guerra mondiale. La molla che mi ha spinto a quell’impresa scattò in me, dopo i fatti tragici del 1992 ossia gli attentati a Falcone e Borsellino. Fu una reazione di giustizia in me per la maniera con cui fu dimenticato Chinnici. Anzi si arrivò ad attribuire a Falcone (grandissimo anche egli nel combattere la gramigna siciliana) la creazione del Pool Antimafia, creatura invece di Rocco Chinnici. L’altro motivo l’ho trovato nel ricordare, anzi non ricordare i componenti della scorta almeno con i loro nomi in tutte le celebrazioni. Mio fratello aveva fatto per più di dieci anni la scorta a Carlo Alberto Dalla Chiesa, contro le Brigate Rosse. Ma anche a Paolo Borsellino, come obolo per poter ritornare a Palermo, la sua amatissima città. Infine era di scorta a Rocco Chinnici, per l’esperienza acquisita. Dato che non avevo potuto seguire sempre la sua vita (per motivi di studio e per il mio trasferimento a Firenze), quando ho deciso di dedicarmi a questa sua memoria, ho cominciato a girare per quasi tutta Italia per raccogliere sue notizie nei posti dove aveva svolto il servizio e dove si trovavano parenti, che lo avevano frequentato. Caino Vive a Palermo non è il più recente dei miei lavori letterari poiché lo hanno preceduto Il Gelso nel 2003 e I Ragazzi del Rione Zacaneddri,nel 2008. Nel 2016 ho pubblicato un romanzo storico che spero di poterlo ripubblicare quanto prima.. Ora che sei in pensione, oltre alla scrittura, quali sono le tue passioni? Non sono solo appassionato di letteratura, mi diletto a vergare fogli di liriche, che sono sempre nel cassetto per la difficoltà di pubblicare (condizioni economiche), ma tutto ciò che è arte mi attrae: pittura e scultura, musica melodica e classica, e di conseguenza, seguo mostre, convegni, presentazioni anche cinematografiche. Frequento anche associazioni fondate a tale scopo e dalle quali sono invitato per aggiornamenti e per conoscere nuovi autori. Mi interessa molto la flora, che seguo sul balcone di casa. E non ho trascurato l’attività motoria, anche se per impegni o acciacchi spesso la limito molto.

Quale musica ascoltavi da giovane? Quale sono invece i cantanti che ora segui di più? Nella mia giovinezza seguivo i cantanti melodici, anche se amavo le opere classiche, portato dal bisogno innato e spinto dai primi sentimenti amorosi. Bobby Solo, Gianni Morandi, Elvis Presley, erano quelli che mi sforzavo di imitare. Casta diva di Bellini mi mandava in estasi. Ora, anche se mi ritornano in mente le belle canzoni degli anni ’60 e ’70, mi piacciono in particolar modo Gianna Nannini, Fabrizio Moro, Marian Trapassi e i fenomenali Il Volo. – Ritorniamo al tuo recente libro: quali sono le differenze sostanziali rispetto agli altri? Apparentemente non ci sono differenze sostanziali in quanto mi prefiggo in ogni mia opera marcare, con il racconto, un valore sociale da rinverdire in questo mondo dove tutto è stato inglobato nel consumismo, che è guidato dalla opportunità di raggiungere gli utili, non di vivere secondo le regole sociali e religiose. Ecco nel Caino vive a Palermo, oltre che un valore etico e l’attaccamento al dovere, al sacrificio delle persone della Giustizia per tutelare la società, indico a che punto queste ultime possono arrivare senza tentennamenti e vie di comodo. Quindi al sacrificio personale e definitivo per affermare praticamente come rispondere alle regole e dettati legali. Hai ricevuto delle critiche/pareri? Quali sono quelli che ti hanno emozionato di più? Per tutti i libri che ho scritto ho ricavato, in prevalenza, commenti favorevoli per le storie, la scorrevolezza della scrittura, la facoltà di fare interagire il lettore in certi tratti, come quelli dei discorsi diretti. Attestati di coinvolgimento e partecipazione attiva alla trama. Un invito a farne un film ho ricevuto da alcuni presentatori artisti, che ne hanno lodato lo schema, l’impostazione pronta per quello scopo. Ma da sette anni cozzo contro il muro dell’indifferenza, della mancanza di un produttore che voglia mettere in risalto l’esempio, il valore del personaggio da portare ad esempio per le masse. Lorella Cambi di Toscana Oggi mi ha gratificato con questa parafrasi.. Ci sono, di solito, due motivi per cui nel leggere una pagina di un libro si torna indietro nella lettura: o perché l’autore non si è fatto capire, o per assaporare meglio la frase che ci ha colpito. Ecco nel libro di Trapassi questo secondo motivo è davvero predominante.. Una critica negativa l’ho avuta da qualche parente (che influenzato dall’ambiente siciliano e dal clima che vi si vive) ha pensato che non fosse il caso trattare un argomento simile. – Stai già lavorando a qualcosa di nuovo, oltre che promuovere questo libro? Si, ho in cantiere un racconto basato sul mobbing che si pratica in certi ambienti lavorativi. Un motivo che mi coinvolge molto per le sofferenze che si arrecano a persone che meritano tanto rispetto come tali e che sono, spesso, solo meritevoli di questo sentimento. Poi, come ho specificato precedentemente desidero poter pubblicare le mie sillogi, il romanzo storico e un altro romanzo sul tema atroce del cancro, che distrugge le persone che ne vengono infestate e quelle famiglie che subiscono il loro calvario e la loro perdita, nella maggior parte dei casi.