Stefano Maimone: tra Debussy e Jaco Pastorius

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Chamber Music è il disco d’esordio di Stefano Maimone & Upset Strings uscito per Emme Record Label. Un lavoro che si presenta come un punto d’incontro tra innovazione, sperimentazione, tradizione e soprattutto tra il jazz e la musica classica. L’Album rappresenta un omaggio a due grandi autori come Jaco Pastorius e Claude Debussy, molto importanti per il band leader.

Come è nato questo progetto?
Il progetto è nato principalmente da una mia esigenza nel voler approfondire la musica classica e gli strumenti ad arco. Utilizzando come pretesto la preparazione della mia laurea magistrale in musica jazz, ho iniziato uno studio su delle composizioni di Claude Debussy. Questo materiale è poi diventato l’oggetto della mia tesi e successivamente il punto di partenza da cui l’album ha preso forma.

Debussy e Pastorius, due autori così importanti e così diversi: da dove nasce l’idea di accostarli in un unico progetto?
A essere sincero il loro accostamento non è stato frutto di uno schema deciso in precedenza. E’ stata più che altro una casualità. Nello studiare Debussy ho trovato un tipo di sonorità e di materiale musicale che si poteva accostare bene al mondo jazz. Jaco Pastorius è stato un musicista che ha sempre attinto a generi musicali molto diversi fra loro. Per cui forse questa loro malleabilità me li ha fatti accostare in maniera naturale.

Cosa hanno rappresentato per te questi due musicisti?
Sicuramente Jaco Pastorius è ed è stato per me un grande punto di riferimento. Da quando ho preso in mano il basso per la prima volta la sua musica mi ha sempre guidato. Per cui Jaco è il mio primo riferimento musicale per il basso elettrico. Debussy invece ha rappresentato più una sfida. Approcciarmi alla sua musica ha per me significato mettermi alla prova, trovare nuovi stimoli e uscire da quella che è la mia comfort zone. Per cui sicuramente rappresenta un punto di svolta.

Perché la scelta di suonare questi brani con un quartetto d’archi?
La scelta di utilizzare un quartetto d’archi nasce fondamentalmente da una mia necessità. Volevo cercare una sonorità diversa da quella dei classici ensemble jazz. Mi piace, infatti, sperimentare con il suono e cercare identità sonore sempre diverse. Gli archi, grazie alle loro possibilità timbriche, hanno rappresentato per me la scelta migliore.

Nel disco ci sono anche dei brani inediti: ce li vuoi descrivere?
La mia idea iniziale era di scrivere per lo più brani inediti, ma durante la stesura dei vari arrangiamenti dei brani editi mi sono ritrovato con molto materiale per le mani. Per cui alla fine ho cambiato idea e ho preso un’altra strada. Il brano inedito che ho scelto è “Bouncing” e nasce un po’ come l’idea offuscata di una Mark Time di Kenny Wheeler.

Il titolo del disco ha per te un significato particolare?
“Chamber Music” è una scommessa. Mi chiedo, che cos’è la musica da camera oggi? O più in generale mi chiedo, quanto senso ha nel 2021 schematizzare ancora in maniera così rigida la musica?

Parlaci anche del tuo percorso artistico e musicale: come ti sei avvicinato alla musica e poi come si è evoluto il tuo percorso?
Ho iniziato da bambino studiando pianoforte, ma non era il mio strumento. Il mio amore per la musica, infatti, è nato grazie al mio primo insegnante Enrico dalla Cort che mi ha fatto conoscere, in prima media, il basso elettrico. Da quel momento non ho più smesso. Per tutto il periodo delle superiori ho sempre continuato a suonare e studiare, per poi intraprendere uno studio più serio in conservatorio. Mi sono laureato alla triennale e alla magistrale in Musica Jazz al conservatorio di Rovigo studiando basso con Pierluigi Mingotti, grandissimo insegnante che per me ha dato tanto. Da allora sfrutto ogni occasione possibile per suonare e ho diversi progetti musicali all’attivo. Inoltre, ho anche fatto pace con il pianoforte! E’ diventato uno strumento per me fondamentale, sia all’interno del processo creativo che di quello d’arrangiamento.

Il periodo non è certamente dei migliori ma ci piace chiudere le interviste pensando al futuro: hai in cantiere qualche nuova idea o nuovo progetto?
Si certo! Personalmente sono già proiettato verso il nostro prossimo lavoro. E’ stato sicuramente un periodo molto difficile, ma almeno, in questa pausa forzata, ho avuto il tempo di produrre nuovo materiale e riordinare le idee. Ho trovato tanti nuovi stimoli e in realtà creato anche nuovi progetti.