Luciano “Varnadi” Ceriello: vi presento Radio Varnadi 2.0, l’album che non si trova su Spotify

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Radio Varnandi 2.0 Family Edition” è il secondo album della trilogia dedicata al mondo delle radio di Luciano “Varnadi” Ceriello. Come si potrà intuire dal titolo, è un album nel quale l’artista ha coinvolto tutta la sua famiglia. “Mio figlio Giuseppe ha suonato la batteria, la marimba, la tromba e ha cantato nel brano “Stokazzo”, mio figlio Samuele ha cantato in “Detti Non Detti”, Francesca è la featuring della canzone “Imperativo”, brano scritto da suo fratello Giuseppe, mentre mia moglie Amelia ha letto il Radio Giornale e ha fatto diversi insert all’interno del disco”, spiega l’artista, “Restava un altro componente della famiglia da inserire nel disco, mio figlio Giovanni, che non ha voluto cantare e l’ho messo in copertina col mio simbolo sulla testa: i due cappelli”. Insomma un disco interessante che, proprio per la sua originalità, sta riscontrando qualche difficoltà nella distribuzione.

Come mai il tuo simbolo sono i due cappelli?
Più che due cappelli, è un cappello a doppia falda che mi sono inventato per simboleggiare le mie due patrie, quella di nascita, che è l’Italia del Nord e il Veneto in particolare, sono infatti nato a Rovigo, e la patria di adozione, che è la Campania, ho vissuto la mia adolescenza a San Giuseppe Vesuviano e adesso vivo in provincia di Avellino. Ecco, le due falde del cappello simboleggiano l’Italia del Nord e quella del Sud, per cui l’Italia intera.
Da dove nasce l’ispirazione per “Radio Varnandi 2.0 Family Edition”?
Ti parlerò a cuore aperto: Credevo di aver chiuso in maniera definitiva la porta artistica “canora” e di aver seppellito per sempre il “cantautore con due cappelli”, per dedicarmi esclusivamente alla letteratura, quando un giorno mio figlio, allora dodicenne, mi ha detto: “Papà, perché non fai un altro disco come quelli che facevi prima?” Non gli ho dato subito una risposta, anche se quella domanda aveva acceso una strana scintilla in me. Poi mio figlio ha continuato dicendo: “Dai papà, se fai il disco, suono io la batteria!” Ecco, queste ultime sono state le parole magiche che mi hanno dato il giusto sprone.
E’ stata solo la richiesta di tuo figlio, o c’è stato anche altro?
Le parole di mio figlio Giuseppe mi hanno fatto tornare la mente a venti anni prima e precisamente al 1998 quando andai a vedere uno degli ultimi concerti di Fabrizio De André, il concerto con le carte dei tarocchi, per intenderci. Durante quel concerto pensai a quanto orgoglio dovesse provare quell’uomo per suo figlio Cristiano (eccellente polistrumentista che si alternò al violino, alle chitarre e agli strumenti etnici) e per sua figlia Luvi, che gli faceva da corista e da voce solista nel brano Geordie. Avevo ventisette anni all’epoca e mi augurai un giorno di poter vivere quella sua stessa emozione. Ecco, dopo la richiesta di mio figlio ho pensato: “La vita mi permette di esaudire il desiderio che ho espresso tanti anni fa, non posso non cogliere questa occasione!”. Ho così scritto nuove canzoni, ne ho recuperato altre, e, tra lockdown, intuizioni e intime suggestioni, è nato “Radio Varnandi 2.0 Family Edition”. Adesso, al termine del lavoro, posso dire di aver realizzato il desiderio di quando ero ragazzo.
Il disco contiene 31 tracce, non sono un po’ troppe dati i tempi discografici odierni?
In verità sono 15 tracce che contengono canzoni, 15 tracce di presentazione da parte di speaker e 1 traccia di conclusione album. Il disco riproduce una simil-giornata radiofonica che va dalle 8:10 del mattino alle 23:00, con tanto di radiogiornale, jingle pubblicitari, pubblicità progresso, info traffico, saluti, previsioni del tempo e oroscopo, ma quest’ultimo non per gli umani, bensì per i cani. Le canzoni, a differenza di una normale radio, sono tutte di un unico artista, Varnadi, per cui io per l’appunto.
Facendo una ricerca, abbiamo notato che l’album non è presente su Spotify. E’ stata una scelta editoriale?
Assolutamente no. Purtroppo questo è un torto artistico che sto subendo. Erano già una decina di giorni che era uscito il disco e, notando che passavano i giorni e l’album non veniva caricato su Spotify, ne ho chiesto il motivo alla Believe, distributore digitale dell’album. La prima risposta ricevuta da un certo Massimiliano del 20 aprile è stata: “la release non può essere inviata alle principali piattaforme perché in essa sono presenti alcune tracce con parlato, spot pubblicitari, ecc.”. Io ho ribattuto con la seguente e-mail: “Gentilissimo Massimiliano, Le faccio presente che le tracce contenute nel progetto “Radio Varnandi 2.0 Family Edition” contengono sì parlati, jingles pubblicitari, radiogiornale e tutto ciò che si può ascoltare in una radio, ma sono tutti fittizi, non si riferiscono a nessun marchio reale. L’album è il secondo progetto artistico di una trilogia dedicata al mondo delle radio, il primo progetto, intitolato Radio Varnadi, del 2009, è presente da anni su Spotify e sulle varie piattaforme musicali, sempre caricato da Voi delle Believe e anche in esso ci sono jingles, dj, speaker, info traffico e ogni cosa che concerne il mondo radiofonico. Questo è il link del primo album, per cui se c’è il primo album, a maggior ragione si potrà caricare il secondo, che è stato creato con la stessa metodologia.” E gli ho copiato il link. La risposta lapidaria e definitiva del tipo della Believe è stata: “Le piattaforme digitali aggiornano di continuo le regole che determinano i contenuti accettabili o meno. Ad oggi questo tipo di contenuto non è più accettato dalle piattaforme pertanto non possiamo procedere con l’invio.” Per cui, in maniera figurata, mi ha detto: “Attaccati al tram!”
Adesso cosa pensi di fare?
Io alla fine ho caricato l’intero album su YouTube e ho deciso di farlo ascoltare gratuitamente, anche perché non ho alternative e mi ritrovo con le spalle al muro. Tutto questo però è assurdo, al di là della validità o meno del progetto artistico che potrà piacere o meno, vorrei puntare l’accento sulla censura artistica operata da queste piattaforme digitali. Oggi è capitato a me, domani potrà capitare a qualcun altro. Questo è il motivo per il quale ho deciso di rendere pubblica questa vicenda. Dopo due anni di lavoro, mi ritrovo nell’impossibilità di veicolare il mio prodotto, bello o brutto che sia. L’arte nel suo assioma implica il concetto di libertà, per cui è una vergogna che debba sottostare a queste melliflue e incontrastabili dittature del mercato.
Hai avuto dei collaboratori in questo disco, oltre ai tuoi familiari?
Sì, i miei compagni di viaggio, oltre i miei figli sono stati i cari amici Tony D’Alessio (voce attuale del Banco del Mutuo Soccorso), il cantautore Zorama, Cristina De Vita, i cantanti “neo-patetici” Eddy Arrea, Nanninella Patatina e Concettina Putipù che danno vita a un momento esilarante presente all’interno del disco e Vera Mignola che ha interpretato la canzone “Pianista”, brano composto seguendo la melodia del Notturno N° 2 di Chopin, arrangiato per l’occasione in modo elettro-pop. Ci sono poi gli speaker Valter Scaglione Valentina de Biase, Betsy Best, Rita Colursi, Luigi De Luca, Mary Lalasciva. Gli arrangiamenti dell’intero lavoro sono di Gianni Colonna.
A chi è dedicato l’album?
L’intero lavoro è dedicato alla memoria di Fabrizio de André.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
A fine settembre uscirà per la casa editrice Armando Curcio Editore il terzo romanzo della “Trilogia di Reinhard Freedmann” che sarà intitolato “Il Segreto di Vivaldi” e, in concomitanza, farò uscire un concept album incentrato sui dodici movimenti de “Le Quattro Stagioni” di Vivaldi resi canzoni. Gli arrangiamenti di questo nuovo disco sono curati da mio figlio Giuseppe. Ho in sospeso anche due Prosimelometri, uno in collaborazione con il M° Ivano Leva inerente le romanze di Mendelssohn e uno con Tony D’Alessio inerente le Gnossienne di Satie. Di quest’ultimo ho già tutti i pianoforti registrati dal carissimo M° Giuseppe Giulio di Lorenzo. Mi auguro che il Covid mi faccia portare a termine questi lavori, dato che con la pandemia i tempi artistici si sono purtroppo dilatati.