Il pezzo era così importante che Ian Anderson avrebbe voluto intitolare l’album “My God”. Ma, dato che i Jethro Tull avevano eseguito il brano dal vivo e in giro c’erano diversi bootleg, pensò che fosse meglio chiamarlo “Aqualung”…
Primavera del 1971: erano già passati quattro anni (e tre dischi) da quando la band con il nome dell’agronomo inglese, inventore dell’aratro aveva stupito pubblico e critica con un sound originale, magnifica sintesi di rock, blues, folk e classica. “In quei giorni ho capito cosa volesse dire comporre qualcosa di davvero nuovo e diverso” ricorda Ian Anderson, flautista, cantante, frontman sbalorditivo e geniale inventore dei Jethro Tull. Anderson stava lavorando a un nuovo album nato dopo che aveva visto una serie di foto scattate da sua moglie Jennie sugli argini del Tamigi. Si trattava di un servizio sugli “homeless” londinesi, i senza tetto che vivono ai margini della società. Proprio l’immagine di uno di questi soggetti aveva ispirato ad Anderson la canzone Aqualung. In realtà, Ian pensava a un “concept” basato sulla distinzione tra dio e la religione. La seconda facciata dell’album, registrato negli studi della Island in cui i Led Zeppelin stavano incidendo Stairway To Heaven, si apriva infatti con My God, una fantastica mini suite “concept” con tanto di ouverture acustica, tema hard rock, divagazioni classiche e un inciso nel più pure stile dei Tull, con il flauto di Ian Anderson a dominare la scena. “Sono stato accusato di aver scritto un pezzo contro dio”, ha spiegato Anderson, “in realtà era una feroce critica nei confronti delle religioni organizzate e delle loro ipocrisie”. Il pezzo era così importante che Ian Anderson avrebbe voluto intitolare l’album My God. Ma, dato che i Jethro Tull avevano eseguito il brano dal vivo e in giro c’erano diversi bootleg, pensò che fosse meglio chiamarlo Aqualung.