L’amore (fino a prova contraria) di Piero Sidoti

Tempo di Lettura: 3 minuti

Dopo 7 anni e dopo la Targa Tenco 2010 per l’Opera Prima, Piero Sidoti torna con un nuovo album di inediti dal titolo “Amore (fino a prova contraria)”. Si tratta di un album che ha come comune denominatore i sentimenti e le emozioni, dove si cantano storie d’amore imperfette, sbagliate e splendide, ma soprattutto storie d’amore umane. Ne abbiamo parlato con l’artista.

Foto di Rebecca Serafini

Un album che parla d’amore e che lo mette in evidenza sotto diversi punti di vista. Come è nato questo lavoro?
È nato sempre da un’urgenza e dalla necessità di comunicare e le canzoni le ho scritte in questi ultimi tre anni. Ho sentito la necessità di mettermi un po’ più a nudo mettendo come protagonisti assoluti i sentimenti. La vena ironica, che comunque è presente anche in questo disco e serve a dare più leggerezza, viene usata con più parsimonia rispetto ad altri dischi. La leggerezza serve per potersi insinuare fra le maglie dei sentimenti umani e provare ad andare più a fondo guardandoli da svariate prospettive. Un album che si è realizzato grazie al lavoro, al contributo e alla collaborazione di bravissimi professionisti che approfitto qui per ringraziare: Antonio Della Marina, Denis Biason, Claudio Giusto, Fulvio Biguzzi Ferrari, Roberto Barillari, Lucia Clonfero, Romano Todesco e Simone Giovo. È un album con sedici tracce, tutte puntate di un unica storia d’amore. Tutte storie d’amore imperfette ma estremamente umane. In quanto l’errore è parte integrante di ogni storia umana.
Mi ha molto colpito la copertina del disco, realizzata dalla fotografa Rebecca Serafini. Puoi spiegare come questa immagine si amalgama con i contenuti dell’album?
La copertina sintetizza il senso del disco ovvero c’è una figura divisa a metà. Una metà perfetta rappresentata dal David di Michelangelo ed una metà imperfetta, decadente, rappresentata dal mio volto.
Tuttavia se il David di Michelangelo è scolpito sulla pietra e quindi è freddo, il mio volto è in carne ed ossa ed è caldo. Si potrebbe dire che la metà imperfetta ha come meta la metà perfetta. In questa tensione si sviluppano le canzoni del disco. Le storie sono storie umane che come tali oscillano costantemente fra miseria e divinità. Questa è un po’ la nostra storia che è una storia costellata da errori splendidi e perfetti.

“Amore [fino a prova contraria]” è anche uno spettacolo, che hai trasformato in una sorta di fiaba per voce e chitarra. Come hai impostato lo spettacolo?
Per presentare le canzoni del disco sto girando i teatri con uno spettacolo dal titolo omonimo.
Ho scritto e creato, approfittando delle pause forzate durante il COVID, una fiaba raccontata, evocata, suonata e cantata, dove la narrazione, le musiche e le canzoni si dissolvono, si intersecano e riecheggiano fra loro. È qui che ho scoperto che i brani del mio disco avevano da sempre la loro casa. Questo spettacolo ancora più che una fiaba è un viaggio meditativo per conoscere, prendere consapevolezza e accogliere tutto il nostro mondo interiore, senza forzature, accettando anche le nostre parti più oscure, senza identificarsi con esse e imparando così a lasciare e lasciarsi andare. Navigare consapevolmente dentro il nostro flusso vitale verso quello che ci fa stare bene.
“Amore (fino a prova contraria)” è uscito dopo 7 anni di distanza da “La La La”. Nel tuo precedente lavoro analizzavi alcune piccole e grandi “incognite” del vivere. A distanza di tanti anni i contenuti di quell’album risultano ancora molto attuali. Sei d’accordo?
Ti ringrazio moltissimo e sono assolutamente d’accordo. Sì, ritengo che le incognite della vita siano infinite e quindi non vi sia mai una equazione che ci possa dare come risultato il segreto della felicità. Penso che il modo migliore per vivere felici sia accettare la sua imperfezione. D’altronde la vita stessa nasce da una imperfezione ovvero da una differente distribuzione della materia nello spazio che ha generato la formazione dei pianeti e quindi della vita. Senza questa iniziale imperfezione non si sarebbe creato nulla.
Nel 2010 avevi vinto la Targa Tenco per l’Opera Prima. A distanza di tanti anni quanto è stato importante per te quel riconoscimento? Cosa pensi dei vincitori delle ultime edizioni?
La Targa Tenco è un riconoscimento meraviglioso che dura per tutta la vita e del quale vado ed andrò sempre orgoglioso. Penso che il Premio Tenco ora sia impegnato nella prospettiva sfidante di mantenersi sempre aggiornato e aperto verso le nuove espressioni artistiche senza tradire il fatto che deve premiare il valore autoriale dell’artista.