TOdays Festival (day 2): Post Punk and Thunder

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La seconda giornata del TOdays Festival non ha lasciato spazio alle incertezze. La mattinata si è aperta con un cielo terso e limpido in una Torino semi deserta che è ancora in vacanza, ma non per gli irriducibili del TOdays Festival che ne affollano l’ingresso già alle 18. Questo secondo appuntamento ha accolto tre delle band più rappresentative della nuova scena Post Punk che sta vivendo una nuova golden age nel panorama musicale britannico e non solo.

Squid

Ad aprire la serata gli attesissimi Squid, il quintetto di Brighton suonano nella loro unica data italiana proponendo il loro disco d’esordio Bright Green Field uscito nel pandemico 2021 che per molta critica è già un manifesto generazionale e ne riscuote consensi anche dai colleghi artisti più in vista come Idles, Fontaines Dc, Shame e Black Midi. Ollie Judge batterista, voce solista e leader della band ammalia al centro del palco (in equilibrio con gli altri componenti) con testi che variano dall’apocalittico (Peel St.) al sarcastico (“The eggs, they’re always cheaper the day after Easter”, da Documentary Filmmaker) sempre in bilico, in un crescendo di beat elettronici, aperture noise, cenni jazz, ambient per soli fiati e chitarrismi in tempi dispari. Il pubblico è tanto e fin da subito incalza la band con calore quasi a sottolineare la voglia di ascoltare e vivere nuovamente musica suonata.

Los Bitchos

Le Los Bitchos salgono on stage in tutto il loro splendore e fanno ballare con le loro sonorità contaminatissime tra punk, dance e cumbia. Serra Petale è la vera anima e songwriter della band che con la sua chitarra, intreccia abilissime melodie che di fatto sostituiscono le parti cantate. Puntuale e tutto fuor che secondario l’apporto delle altre ragazze, intente a macinare un groove continuo dalle cangianti sfumature (la sezione ritmica è ottima). Le canzoni di Let The Festivities Begin scorrono rapide in una serata davvero densa e colma di contenuti. Le tenebre calano presto assieme ad imprevedibili nubi che presagiscono tempesta, l’attesa sembra infinita prima che i Molchat Doma inizino la loro esibizione. Ed ecco che, accolti da lampi che illuminano a giorno il cielo torinese salgono sul palco le tre anime biellorusse che con una forte dose di goth ethos sono pronte a macinare senza sosta una scaletta post punk e new-wave sovietica che lascia davvero il segno. Per loro poche righe non bastano, andrebbe dedicato un articolo a parte, per la loro storia, per il contesto storico in cui viviamo, per la capacità di coinvolgere con la musica la generazione X con quella Z e per il contributo al popolo ucraino con parte dei ricavi dei loro concerti. Spasiba!

Molchat Doma

Il temporale arriva e fa scappare il pubblico verso i pochi dehor allestiti dai bar, la pioggia battente incalza, una luce sul palco si accende su Vincent Fenton, polistrumentista francese che non si spegne e dipinge uno scenario sonoro unico e rarefatto grazie alle abili manipolazioni di sintesi e strumentali che incantano il pubblico rimasto ad assistere al progetto di FKJ (French Kiwi Juice) per un festival che si conferma una piccola gemma di rara bellezza.
(a cura di Pierpaolo Bottino)