Gli Sleazer non si arrendono e pubblicano Deadlights

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Piccola e certamente non esaustiva recensione a Deadlights, il secondo album degli Sleazer per la Steelshark Records, dopo Fall into disgrace del 2017, uscito a dicembre del 2022. Loro si sono formati nel 2011, hanno suonato in Italia e Francia, e pubblicato un primo demo Heroes of disgrace nel 2014. Non si sono arresi a questi ultimi eventi oscuranti, anzi. Chiariamo fin da subito che gli Sleazer si inseriscono nella corrente dell’Heavy metal classico, il loro alfabeto è quello coniato dagli Iron Maiden, Helloween, Savatage, Wasp, tra gli altri. La cosa migliore da fare, per apprezzarne la personalità, è certamente ascoltarli dal vivo ai loro concerti, ma “accontentiamoci” intanto di questi undici brani.

Il cd dell’album Deadlights


L’album ha un Intro di synth dal titolo Sewer Maze che potrebbe forse ingannare, circa le sonorità, ma alle prime note della successiva Deadlights si capisce subito qual è la loro timbrica. In particolare ho apprezzato tra le undici Trace dell’album All my words inside. Una introduzione pulita con suoni dei favolosi metal ’80, tutto l’album è zeppo di riff granitici e cori coinvolgenti e trascinanti, poi l’alternanza di ritmo riflessivo e ritmica heavy, cori trascinanti. Soli impeccabili e qua magistralmente armonizzati tra le due chitarre. Un gruppo che sta crescendo e che con l’attività dal vivo, anche a livello internazionale, mette in chiaro via via le proprie intenzioni. Al microfono una vecchia conoscenza del panorama heavy italiano, Robo Cenci, per l’impegno in varie band: cito velocemente i Centvrion o la tribute band Sons of Judas; una voce capace di interpretare con I registri più adatti tutte le sfumature di questo album.

Sleazer: Diego Sbriscia, Clemente Cattalani, Roberto Cenci, Stefano Viola, Giampaolo Conti


Altro brano interessante Of storm and steel, puro furore speed metal. Black witch fumosa e nebbiosa metal song veloce dal ritornello da cantare in coro con il batterista a dettare la linea ed il finale in stile Helloween del primo Keeper. Nel disco c’è anche il posto per un brano ispirato alla letteratura horror di Lovecraft intitolato Horror at Red Hook: legate bene la cintura. At the edge of madness intro di chitarra classica, riff cadenzato da headbanger e poi speed a tutta birra. Il brano che più di tutti si presenta come la carta di identità degli Sleazer è certamente l’undicesimo ed ultimo Sky turns red per la capacità del quintetto di tenere sempre alta la tensione come i canoni del genere, creati dalle fonti di ispirazione sopra citate, hanno insegnato. Gli amanti del genere apprezzeranno questi undici brani per la personalità ed energia, oltre che bravura, che il gruppo ha saputo esprimere in questo album. Personalmente indicherei la strada da seguire, nel voler mettere una ciliegina sulla torta, in una maggiore ricerca dei suoni che rendano unica e riconoscibile la band al primissimo ascolto.

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