Quando il jazz e la classica incontrano idiomi antichi, musica etnica, il funk, il rock, il progressive e il pop in una sintesi di timbri e generi distanti tra loro, ecco i Jemma – vincitori assoluti di LAZIOSound 2022 – con il loro album omonimo, uscito per Emme Record Label.
“Jemma” è un album che si nutre di jazz accogliendone ogni contaminazione, un melting pot di sperimentazione e tradizione che già dal titolo mostra tutte le intenzioni del gruppo di raccontare il proprio mondo. Un «manifesto» anticipato dal singolo Ossi di Sabbia: un brano unico nel suo genere, che narra di mare, incontri e mondi, e lo fa per la prima volta recuperando in alcuni passaggi una lingua altrettanto unica, il Portolotto, idioma che fino al 1920 veniva utilizzato dai marinai per gli scambi commerciali. Tra composizioni inedite e rielaborazioni di brani antichi di tradizioni popolari, Jemma parla di terra, mare, vento attraverso atmosfere intime, tribali, rock, groove ed etniche condite da una straripante energia. È un lavoro “crossover” dove jazz, world, rock, funk si fondono naturalmente in un sound originale e innovativo, un mix di identità, un crocevia di stili e anime: lo stesso che ha portato i Jemma ad aggiudicarsi la categoria jazzology per LAZIOSound2022 e la vittoria assoluta al contest. In alcuni brani risuonano le atmosfere dei Snarky Puppy, in altri sembra di rivivere il mood di band come Weather Report, Yellow Jackets o Steps Ahead: un mondo musicale che ha affascinato anche Gianluca Petrella, trombonista italiano tra i più apprezzati e noti al mondo, che ha deciso di partecipare all’album con un featuring nel brano Winding Way. Ne abbiamo parlato con il gruppo.
Parliamo subito di Jemma, un disco ricco di contaminazioni tra jazz, rock e classica. Vi va di raccontarci per prima cosa la nascita e la storia del gruppo?
JEMMA è un collettivo di musicisti che nasce da una nota jam session romana alla Cantina di Ousti. La jam ci ha fatto incontrare e creare dei piccoli repertori per le aperture delle jam session, dopodiché si è trasformata in un progetto più strutturato che ha visto il suo completo consolidamento grazie alla vittoria assoluta di Laziosound.
Dicevamo che questo album dal titolo omonimo è ricco di contaminazioni che spaziano tra il jazz, il rock e la musica classica Come fanno a coesistere queste anime in un unico progetto?
La loro coesistenza è data dalle nostre molteplici influenze artistiche, ognuno di noi porta al progetto una precisa corrente artistica di cui è grande conoscitore e performer e grazie a ciò, quando suoniamo, inevitabilmente avviene questa fusione. Al tempo stesso tutte queste influenze vengono saldate dalla nostra formazione musicale, che ci permette di far combaciare tutte le voci musicali.
In questo disco ci sono anche brani antichi di tradizioni popolari, che avete rivisitato attraverso una vostra personale chiave di lettura. Perché questa scelta?
Non è stata una scelta, è stata l’irrefrenabile passione per queste musiche che ci ha spinto inconsapevolmente a realizzare dei pezzi del genere, è stato tutto un flusso continuo di eventi. Secondo quella che si può chiamare “ispirazione”.
Nel primo singolo “Ossi di Sabbia” c’è l’uso del Portolotto, un idioma che fino al 1920 veniva utilizzato dai marinai per gli scambi commerciali. Come avete scoperto questa “lingua”?
Siamo incappati in questa lingua nella nostra ricerca di un idioma che fosse condiviso da diversi popoli del Mediterraneo, perché volevamo rafforzare il valore che il mare ha in questo album.
Molto significativa è anche la collaborazione con il jazzista Gianluca Petrella. Come è nato questo incontro?
Grazie a Laziosound e Tema che ci hanno messo in contatto con lui. dopodiché ci siamo incontrati e ci siamo trovati subito molto allineati artisticamente e umanamente.
Dal momento che le contaminazioni sono una delle caratteristiche, a nostro avviso fondamentali nel disco, ci dite anche quali sono i vostri principali riferimenti musicali?
Non riusciamo ad avere dei precisi riferimenti, da un lato siamo appassionati di folk e musica etnica, dall’altro siamo dei rockettari, e da un altro lato ancora siamo in fissa con la fusion. Se dovessimo pensare a un gruppo che fa miscele simili potremmo dire gli Snarky Puppy, anche se noi non abbiamo quella verve americana, siamo di matrice più europea.