L’arte della musica disegnata dalla chitarra di Daniele Morelli

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“Ars Musica” è l’ultimo progetto discografico del chitarrista Daniele Morelli uscito recentemente per l’etichetta Off Record. Un omaggio all’arte della musica in cui ogni brano è dedicato a una divinità del mondo antico e che rappresenta senza dubbio un’immersione in un mondo passato che ancora forse rivive in alcune culture lontane dalla luce dei riflettori. Ogni singola nota è stata registrata con la chitarra che ha funzionato sia da strumento armonico che percussivo tra suoni minimali e melodie in sospensione che spesso sfociano in suoni psichedelici. Ecco cosa ci ha raccontato.

Partiamo dal titolo del disco, Ars Musica. Cosa rappresenta per te? Ha un significato particolare?
Ars Musica, è in generale l’arte della musica. Nel Medioevo la formazione scolastica delle arti liberali si sviluppava in due categorie, il trivium e il quadrivium. Il quadrivium, le quattro vie, erano le discipline scientifiche, aritmetica, geometria, astronomia e musica, tenendo conto che la musica era vista come studio dei rapporti armonici scoperti da Pitagora. Ars Musica è quindi un omaggio personale all’arte del suono e dell’armonia.
Perché ogni brano è dedicato a una divinità in particolare?
Ogni brano di Ars musica è dedicato a una divinità del mondo antico. Sumeri, Greci, Maya, popolazioni africane e giapponesi, ovunque troviamo dei che ispiravano gli esseri umani al canto, alla musica e insegnavano loro a costruire strumenti musicali. Significa che c’è sempre stata una relazione sacra tra le persone e la musica, un mistero di vibrazioni per entrare in contatto con lo sconosciuto e ricercare le caratteristiche più profonde delle emozioni umane. La musica come espressione umana per connettersi con il divino e i segreti della natura. Questo è il proposito, in ogni brano ho cercato di ricreare questo contatto tra la musica e la cultura originaria della divinità, ispirandomi a storie, credenze antiche e alla natura del posto in un viaggio sonoro fatto di ritmo, suoni e rumori.
C’è un concept o un filo conduttore che lega i brani di Ars Musica?
Il ritmo e la percussione sono la base della musica per le civiltà antiche e ho fatto lo stesso per questo album. Partendo da una figura ritmica e in alcuni casi poliritmica ho sviluppato le melodie e la narrazione musicale, tutto suonato esclusivamente con la chitarra. Anche i rumori che ricreano la natura e gli animali sono riprodotti con la chitarra e l’uso, a volte, di pedali. A parte questo e il fatto che ogni brano sia dedicato a una divinità della musica o dell’arte in particolare, altro filo conduttore che lega i brani di Ars Musica è la quasi mancanza di progressioni armoniche, volutamente omesse per richiamare una certa ripetitività, parte importante nelle musiche antiche che aiutava la persona ad entrare in uno stato di trance, individuale o collettivo. Quindi tanto ritmo, tante melodie e tanti rumori per liberare l’immaginazione.

In questo disco c’è molto lavoro da studio e una ricerca molto accurata, tu cosa preferisci tra studio e live?
Il lavoro da studio è molto accurato e mi posso perdere ore a curare i dettagli, questa è stata la parte interessante di registrare questo album, chitarre su chitarre, suoni su rumori. Il live richiede un altro tipo di preparazione, soprattutto se parliamo di Jazz e musica improvvisata. Mi piacciono entrambi.
Dal vivo si crea sempre una relazione con il pubblico quasi rituale che porta a considerare l’unicità del momento e di quello che succede a livello musicale. Una frase, un momento, una emozione e una connessione unica perché irripetibile. In studio come dicevo si può passare molto tempo raffinando dettagli per il bene del risultato finale.
E invece come sarà strutturato un tuo concerto?
Questa è ancora una incognita. Per fare un concerto che suoni così come il disco ci vorrebbero minimo 10 chitarristi… Ma sono sempre aperto ad inserire ogni tipo di strumento nelle mie composizioni e pure nei brani di Ars Musica. Non penso di strutturare un concerto copiando fedelmente le registrazioni, non avrebbe neanche senso. Dipendendo dalla situazione si potranno aggiungere batterie e percussioni, strumenti a fiato e soprattutto tanta improvvisazione.
Facciamo un parallelismo tra Messico e Italia a livello musicale: quali sono le differenze tra questi due mondi?
Domandona. Innanzitutto in Italia la musica popolare è quasi sparita, mentre in Messico è all’ordine del giorno. Sones, jarabes, chilenas, cumbias, mariachi, il Messico è talmente grande e le musiche popolari sono tantissime e ancora oggi ascoltate senza differenza di età e di luogo, in un taxi o al ristorante. Credo che in Italia ormai la globalizzazione musicale è talmente avanzata che è difficile parlare di musiche locali. Sembra che il Messico sia il paese al mondo che consuma di più musica dal vivo e questo la dice lunga a livello culturale. In alcune comunità indigene a volte si studia prima uno strumento musicale che lo spagnolo. La musica in Messico non è solo intrattenimento e le tante e diverse etnie usano ancora la musica a livello cerimoniale, mentre in Europa è completamente sparito questo tipo di uso. Personalmente credo che l’orecchio italiano si dimostra sempre critico, sempre pronto a parlare di musica e forse il rischio è sempre quello di cadere nel giudizio, mentre in Messico, ed è una caratteristica culturale importante, le persone sono abituate ad ascoltare, si nota anche durante una conversazione. Credo che nella vita come nella musica è fondamentale non parlare uno sopra l’altro, come si fa in Italia (ride) altrimenti è proprio impossibile ascoltare e seguire un discorso, in questo caso musicale.
Hai qualche nuovo progetto in cantiere di cui ci vuoi parlare?
Sto lavorando sul prossimo album, accompagnato da musicisti italiani e messicani. Un album progressivo totalmente diverso da questo, poi un album in duo con Miguel Alzerreka, vibrafonista messicano. E ritornerò a suonare anche in Italia quest’estate dopo anni di assenza.