Venditore di sogni: il ritorno del Guardiano del Faro

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“Ho fatto questo disco più per me stesso che per altri scopi. Non mi sono prefisso particolari obiettivi oda raggiungere con il pubblico. Era da tanto tempo che mancavo”. Così Federico Monti Arduini spiega il ritorno suo mercato discografico del suo progetto Il Guardiano del Faro. Un nome importante per il panorama della musica italiana.

Federico Monti Arduini (Il Guardiano del Faro) in una foto storica

Federico Monti Arduini, compositore, tastierista e arrangiatore italiano, nei primi anni ’70 è il primo a introdurre in Italia l’uso del moog. In quel periodo era responsabile delle edizioni musicali della Ricordi. Così, quasi per gioco, nasce il progetto de Il Guardiano del Faro, che nel 1972 ottiene un grande successo con il singolo strumentale “Il gabbiano infelice”. Da quel momento alternerà la sua attività discografica con quella di musicista, producendo dischi fino alla metà degli anni ’80 (da ricordare il grande successo con “Amore grande, amore libero” nel 1975). Poi uno stop che lo ha visto ritornare solo nel 2004 con l’album “Il sole & la luna”. Di recente è uscito “Il venditore di sogni” (disponibile in CD, vinile e digitale), dove l’artista ha abbandonato temporaneamente il mood per concentrarsi sul pianoforte e con la presenza di un’orchestra di 40 elementi. Il disco, il cui titolo prende spunto da un suo libro di disegni, si avvale della presenza di ospiti del calibro di Fabrizio Bosso (tromba), Giuseppe Milici (armonica), Johnny Farina di Santo&Johnny (steel guitar), Natale Massara (sax) e Mario Rosini (voce). Per chi è appassionato di musica è davvero un piacere parlare con Federico Monti Arduini, che di storie e curiosità ne ha davvero tante da raccontare.

Dopo aver ascoltato “Il venditore di sogni” viene subito da chiederle come mai, dopo tanti anni di silenzio discografico, ha deciso di tornare con un progetto decisamente nuovo per chi ti ha sempre apprezzato e conosciuto per l’uso del moog.
Volevo far capire che il Guardiano del Faro non era solamente il moog. Il moog è stato sicuramente lo strumento eccellente per far arrivare la mia musica al pubblico. Ma volevo far capire che il pianoforte è l’origine delle mie composizioni. E allora mi sono detto: “prendiamo una bella orchestra e diamo calore a queste canzoni”. Nei dodici nuovi brani, in lontananza, comunque il moog c’è sempre. Non l’ho proprio abbandonato.
Lei è stato uno dei principali protagonisti dell’ambito della musica strumentale che va al di là della classica. Dal suo punto di vista, visto che è anche editore e discografico, c’è ancora spazio oggi per questo genere?
Ho fatto questo album senza pensare a niente. Eppure, i riscontri sono stati sorprendenti. Da quando è uscito l’album ricevo ogni giorno dalla 40 alle 50 e-mail di gente che mi fa i complimenti. Sembra quasi c’era un pubblico dormiente che aspettava qualcosa di questo genere per uscire fuori. Per cui ritengo che c’è ancora spazio. Magari non è la gran parte dei giovanissimi. Però anche nei giovani mi arrivano messaggi davvero commoventi.

Il Guardiano del Faro con Fabrizio Bosso (a destra)

Sta pensando di presentare “Il venditore di sogni” dal vivo? Fino a poco tempo fa mi rifiutavo di suonare dal vivo. Perché, per come la penso io, se si decide di affrontare un tour bisogna farlo seriamente, dedicandosi 24 ore su 24, facendo bene le prove e curare tutti i dettagli. Perché se si va davanti a un pubblico bisogna dare il meglio. Però recentemente è successo che sono stato invitato a Porto Rotondo in Sardegna a tenere un concerto (performance avvenuta il 7 luglio 2023, nda). Dopo alcune perplessità iniziali, ho accettato a condizione di poter suonare e spiegare al pubblico quello che avrei proposto. E così ho fatto per un’ora e mezza. E’ stato bellissimo poter spiegare alle persone presenti la genesi di ogni canzone. Non le nascondo che nei giorni precedenti mi dicevo: “Ma chi me lo ha fatto fare? Perché devo andare a suonare?”. Eppure, quando sono salito sul palco, mi sono seduto al pianoforte e improvvisamente la gente che c’era intorno per me era sparita. Eravamo io, il pianoforte e le emozioni di quel momento. E’ stato bellissimo.

Robert Moog (a sinistra) spiega l’uso dello strumento a Federico Monti Arduini

Torniamo un po’ ai suoi “esordi”. Lei è stato un importante discografico, editore e musicista. A un certo punto è arrivato il moog. Si ricorda come è avvenuto l’incontro con questo strumento?
Me lo ricordo bene. Devo dire che dopo di me c’è stato il boom per questo particolare strumento. Quando l’ho sentito la prima volta provai qualcosa di indescrivibile, perché produceva suoni che non sei abituato a sentire. Ha dei suoni avvolgenti, coinvolgenti e particolari. Al tempo era tutto da scoprire e c’era un grande entusiasmo, visto che fino a quel momento non si era mai sentito nulla di simile. Nei primi anni ‘70 ero a capo delle edizioni musicali della Ricordi. Un mio amico, importatore di strumenti musicali, mi aveva chiamato dicendomi: “C’è questo nuovo strumento, che negli Stati Uniti sta avendo un grande successo. Perché non lo provate li in Ricordi con i vostri artisti?”. Io accettati. Mi mandò questo strumento che posizionammo in uno dei nostri studi. Ma in un primo momento mi dimenticai di farlo provare dai nostri artisti. Qualche tempo dopo mi chiamò per chiedermi un parere e io mi dovetti scusare per non averlo fatto ancora provare. Per rimediare decisi di provarlo personalmente. Andai in studio senza sapere dove mettere le mani. A un certo momento sentii questo suono particolare, davvero magnifico. In sala c’era il tecnico del suono e gli dissi: “registra!”. Ho risentito le prime incisioni e dissi tra me e me: “davvero bello”.
Nasce così il progetto “Guardiano del faro” e il primo singolo “Gabbiano infelice”. Come ha scelto il nome che l’avrebbe accompagnata nella sua carriera discografica? Inoltre, sul singolo “Il Gabbiano infelice”, cover strumentale di “Amazing grace”, la scelta del titolo è stata in qualche modo influenzata dal romanzo “Il gabbiano Jonathan Livingstone” di Richard Bach, uscito nel 1970?
Allora dopo aver fatto i provini in studio, vedendo che il risultato era davvero interessante, nacque il brano “Il Gabbiano Infelice”. Non c’è nessuna attinenza con il noto romanzo di Richard Bach, perché questo libro in Italia ebbe successo in un secondo momento rispetto alla prima edizione. Il nome “Il Guardiano del Faro” nacque per necessità, in quanto essendo un manager delle edizioni Ricordi non potevo fare l’artista con il mio nome. Ricordo che chiamai un amico produttore e gli dissi: “Prendi questo nastro, portalo alla Ricordi senza dire che sono io. Se gli piace glielo dai senza chiedere nulla”. Lui come concordato andò in Ricordi. Poi tornò da me dicendo: “In Ricordi sono rimasti entusiasti e lo vogliono pubblicare immediatamente. Bisogna trovare subito un nome”. E allora scelsi Il Guardiano del Faro. Eravamo nell’epoca dei successi di Little Tony, Orietta Berti e Mino Reitano. Ho insistito su questo pseudonimo perché i miei genitori avevano una casa al mare sopra a un faro disabitato. E da ragazzi andavamo sempre la sera a suonare in questo bellissimo faro, che aveva una terrazza a strapiombo sul mare.

Robert Moog e Federico Monti Arduini

Lei è stato molto attivo nelle associazioni e negli organismi che si occupano della tutela del diritto d’autore, come la Siae. Per come sta andando oggi la musica, e in particolare con l’avvento del digitale, come è la situazione per la tutela di autori ed editori?
C’è davvero tanto da fare. Sono stato cinque anni nel consiglio di amministrazione della Siae e ho fatto grandi battaglie per difendere gli autori e il diritto d’autore. Bene o male io nasco autore. Compongo sin da quando ero ragazzo. Nel nostro ordinamento giuridico le regole vengono sempre dopo. Nascono delle cose nuove che purtroppo non sono regolamentate. Con questa prepotente entrata delle piattaforme digitali va regolarizzato il sistema di retribuzione degli autori e degli artisti. Purtroppo, le cose vanno veloci e non si riescono mai a fare subito leggi adeguate. Bisogna aprire gli occhi in difesa degli autori, che sono i primi a pagarne le spese. Se gli autori non vengono retribuiti purtroppo sono costretti a cambiare mestiere per sopravvivere. Io mi ricordo che ai tempi della Ricordi venivano gli editori da tutto il mondo a comprare le canzoni italiane. Erano anni in cui Sanremo era Sanremo. Noi abbiamo venduto successi mondiali. Dobbiamo continuare a fare in modo che gli autori siano in condizione di scrivere musiche e canzoni di successo regolamentando tutti gli utilizzi moderni.
Quali sono i prossimi impegni per il Guardiano del Faro?
Adesso c’è la promozione di questo nuovo disco, che sta avendo un successo incredibile. Abbiamo già superato i 50 mila download, che sono una cosa impressionante per un progetto di questo tipo. Naturalmente il prossimo appuntamento sarà la televisione. Non sono un animale da palcoscenico, perché a me piace di più stare dietro le quinte. Ma arrivati a questo punto, visto il riscontro che sta avendo questo disco, trovo che sarebbe sbagliato non farsi vedere e proporsi anche al pubblico della televisione.