Di Re, Albe e Giardini

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articolo a cura di Francesca Trinca

I diamanti grezzi sono i più preziosi; in essi le infinite sfumature ancora da scoprire, puri e incorruttibili nella loro essenza, culle di inimmaginabili potenzialità.
Tale è il senso di Umberto Maria Giardini, fresco del recente album Mondo e Antimondo presentato a Torino il 25 gennaio, Hiroshima Mon Amour.
Il ritorno è atteso e si percepisce. La coesione si tocca con mano.

Umberto Maria Giardini all’Hiroshima Mon Amour- foto Pierpaolo Bottino

Sono passati tanti anni dagli esordi, abbiamo assistito a continue progressioni nell’umiltà e coerenza assoluta di una voce straordinaria della musica italiana. Inutile dilungarsi sull’appiattimento nostrano e il compiacimento dei media; l’ispirazione se ne infischia di tutto e può volare alta.
La poesia non ha bisogno di consenso.
Liberi, si è assorbiti da un live denso e teso. I suoni sono vigorosi, dosati in maniera sapiente e perfettamente fusi con il cantato intenso di sempre.
Spesso si avverte il precipizio, l’immane catastrofe dietro l’angolo resa più inquietante dalla dolcezza del ricordo. La concretezza della realtà si sposa con le ombre dell’evocazione. La nostalgia – sentimento propriamente rivolto al passato – che è già futura, il mondo che nel suo compimento travalica se stesso con la propria negazione. Il sublime avvolge tutto.
Ritmi marziali e serrati segnano i destini di “un’umanità finita male” e  “arriveranno i barbari“. D’un tratto i toni si svuotano, ci sfiorano appena, canti delicati per anime perse, “la fine arriverà“. Il palco si veste di chitarre incendiarie e “Neu!” psichedelie,  (Marco Marzo Maracas), batterie corpose e granitiche (Filippo Dallamagnana) accompagnate da rintocchi sapienti (Michele Zanni, produttore, con basso e tastiere) in un magma incandescente che genera cenere e produce nuova linfa.
Il peso della sconfitta, con le ferite che forse si rimarginano “eravamo tanti, quaranta anni in tre”, siamo ancora qui, ad ascoltarti incantati, “Nei Giardini tuoi” si gettano i semi per un’altra vita, Vita Rubina.

Grazie.

articolo a cura di Francesca Trinca

guarda il singolo RE di Umberto Maria Giardini su Youtube