Stanislao Sadlovesky – Il declamatore (Overdub Recordings ODR 190)

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In piena campagna elettorale, ecco scendere in campo questo duo (uno trevigiano e l’altro di Bassano del Grappa), nato negli studi di una radio e che si presentano senza volto, ostentando una maschera! Lanciano canzoni che sembrano strali e sinceramente ci starebbero bene in alcuni talk show ripieni di urla, invece che di suggerimenti per aiutarci a votare e non correre dietro a false promesse. In questo disco (edito dall’attiva Overdub Recordings) non vedo un genere musicale prevalente e l’unica cosa che unisce le 10 canzoni è la lingua italiana: tra lo schizzato ed il metafisico, Il Declamatore sembra scomporre ogni tipica costruzione di un brano, arrivando a sperimentare e prendersi gioco delle certezze che un critico possiede, spiazzando l’ignaro ascoltatore. Questo loro disco arriva come un’onda gravitazionale in differita! Se ascolti i primi due brani (Quella bambola e Rimontando il girato), sul viso ti compare una ruga che rende la nostra espressione ancora più enigmatica: quello che possiamo intuire è che i protagonisti di ogni canzone sono ispirati dalla luce del giorno di una qualsiasi città italiana, perché non è palpabile alcuna introspezione o venatura dark decadente. C’è la meraviglia di guardarsi indietro (come hanno fatto gli Area e lo stesso Demetrio Stratos), pensare ad alcune esperienze vissute e cercare di portarle su un pentagramma, rispettando almeno la costruzione logica di una canzone: non vi è però una narrazione scontata ed alcuni brani (in primis Sangue per zanzare) propongono prospettive simboliche, immerse in un clima trascendente. Ed è assai probabile che questa chiave di lettura sia istintiva nel duo dei Stanislao Sadlovesky e non studiata a tavolino. Se fossero nati negli anni’70, la loro creatura musicale avrebbe fatto da colonna sonora ad un progetto sperimentale: un film, un reportage o financo uno spettacolo di uno sgangherato teatro off, ripieno di fumo. Sul palco appaiono loro (in calzamaglia nera) e sono due soggetti mascherati che cominciano a suonare vari strumenti, cantando frasi lapidarie (come in Il futuro si fa attendere) ed invitando il pubblico ad interagire. Guai se qualcuno avesse accettato di farlo, perché il duo si sarebbe defilato dalle quinte, lasciando l’ignaro spettatore (diventato unico cantante sul palco) a cercare di dare la giusta tonalità alla angosciante Trappola per topi.

Tracklist di questo disco: Quella bambola, Rimontiamo il girato, Il futuro si fa attendere, Gocce, Latte, Scacco matto in mille mosse, Rohmer: i racconti delle quattro stagioni, Sangue per zanzare, Trappola per topi, Cerco Stravinskji ma non troppo.