Colazione di lavoro con Greg al Palladium di Roma

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Domenica 17 novembre al Teatro Palladium di Roma per il Festival Nuova Consonanza la prima assoluta di Colazione di lavoro con Claudio Gregori (in arte Greg) nella doppia veste di autore e attore, e la musica di Matteo d’Amico.

Il 56° Festival Nuova Consonanza sarà al Teatro Palladium di Roma domenica 17 novembre, alle ore 18, con la novità Colazione di lavoro atto unico per attore ed ensemble che vede sul palco Claudio Gregori (in arte Greg) nella doppia veste di autore e attore del testo, e la musica in prima assoluta di Matteo D’Amico, compositore che ha sempre rivolto una particolare attenzione ai rapporti tra musica e parola. L’appuntamento è preceduto da un incontro con gli autori in teatro alle ore 17.30.

Sei racconti fra l’ironico e l’amaro, il nonsense e il grottesco, tratti da AgGregazioni il primo libro di Greg, diventato anche una pièce teatrale si ‘vestono’ della musica scritta da Matteo D’Amico, compositore fra i più stimati oggi in Italia, che ama esplorare i rapporti fra musica e le altre arti – danza, teatro, poesia – trovando la possibilità di incrociare, potenziandoli reciprocamente, i rispettivi linguaggi. Partendo dal carattere dei racconti brevi, molto legati ad una osservazione attenta del nostro vivere quotidiano, con tutti i suoi tic, le sue cattive abitudini, le sue frenesie e le sue fobie, i due autori creano un percorso ‘emotivo’ che da una tinta più ironica e divertita, gradualmente evolve verso situazioni più ombrose e inquietanti, senza mai perdere di vista, però, il tono ‘leggero’ che attraversa lo stile di tutti i racconti. La musica si alterna a tratti con la lettura, ma più spesso s’intreccia con essa, insinuandosi nelle sue pieghe e nei suoi ritmi. Sul palco insieme a Greg, i musicisti del Bruno Maderna Ensemble diretto da Gabriele Bonolis.

Bruno Maderna Ensemble

Colazione di Lavoro è il titolo di uno dei sei racconti della raccolta Racconti brevi di Claudio Gregori (in arte Greg), che vanno a costituire il testo del ‘melologo’ la cui musica è composta da Matteo D’Amico per ensemble da camera. Questo lavoro si inserisce in una tradizione musicale di lungo corso, configuratasi sul continuo rapporto, contaminazione e dialettica tra parola recitata e musica. Matteo D’Amico, da parte sua, in quanto compositore che ha sempre rivolto una specifica attenzione ai rapporti tra musica e poesia, ha all’attivo un cospicuo numero di melologhi per voce recitante e gruppi strumentali di varie dimensioni. L’importanza in questi lavori è incarnata dalla capacità della musica non solo di sostenere il racconto, ma specificatamente a farsi medium e veicolo sincronico della parola non intonata, mantenendo comunque un certo grado di autonomia e identità. La collaborazione con Greg per Colazione di lavoro va a comporre dunque un altro tassello di questa ricerca di lungo corso sulle intersezioni tra narrazione e musica, praticata con una notevole capacità di invenzione. Il carattere dei racconti di Greg, legati ad un’attenta osservazione del vivere quotidiano della contemporaneità, con tutte le sue aporie, le sue nevrosi, le sue fobie, è individuabile come un percorso parossistico, una climax in cui da una tinta più schiettamente comico-grottesca, si arriva a situazioni più oscure, controverse, senza però perdere quel senso di ironia distaccata, quasi cinica. L’orientamento di D’Amico è, con evidenza, quello di coadiuvare questo indirizzo, creando situazioni sonore in maniera “funzionale” alla narrazione, rasentando a volte un acume quasi psicoanalitico nei confronti del testo. La musica, infatti, alternandosi e intrecciandosi con i racconti di Greg, è impostata come un vero e proprio specchio rifrangente, in cui la narrazione trova ampie ed eterogenee risonanze. Guardando nell’insieme questo melologo salta subito all’occhio una scrittura che rende omogenei gestualità ricorrenti ed elementi idiomaticamente riconoscibili, attraverso leggeri filari di scale, di trilli o contrappunti enunciati nei registri bassi o avviluppati da concrezioni accordali del pianoforte. Un insieme che si sviluppa attraverso un meccanismo di spigliato estro compositivo, che però risulta in conclusione estremamente coerente, senza sacrificare il controllo logico del materiale. Così appare per esempio il Piccolo Preludio totalmente strumentale, diviso in tre sezioni: la prima in 4/4, ma caratterizzato da elementi scalari cromatici e da bordoni degli strumenti a fiato e a corda; la seconda in 3/4 e in tempo di valzer, dove emergono in maniera preponderante i caratteri brillanti del flauto e del clarinetto, le cui linee melodiche si intrecciano a canone; l’ultima chiude il preludio specularmente, ritornando su trilli e scale cromatiche. L’ufficio e le sue paradossali relazioni sociali legate alla ritualità delle colazioni e dei pranzi di lavoro è il contesto nel quale si accenna al primo racconto. Un non-luogo ormai divenuto simbolo del capitalismo avanzato, la cui presenza alienante si fa sentire soprattutto fuori di esso, perfino a colazione («Perché ad una colazione di lavoro si parla del medesimo per il tempo che si sarebbe speso in ufficio, il resto è sterile chiacchiera con gente di cui ho in genere poca stima», sembra riecheggiare il deleuziano “non si scappa alla macchina”, la pervasività invadente della catena di montaggio, del lavoro logorante in ogni aspetto della vita). In questo punto la voce recitante è sola, senza accompagnamento strumentale, “a secco” si potrebbe dire, eppure evoca a perfezione le grottesche sonorità dei pranzi di lavoro, in cui le individualità delle persone sono sostituite dal loro forsennato, pantagruelico masticare. All’introduzione recitata segue il primo interludio strumentale, aperto da un ostinato sul Si bemolle eseguito dal vibrafono che riprende il medesimo disegno esposto nella prima battuta del Preludio dall’unisono di vibrafono, clarinetto e flauto. Salta all’occhio un impiego di pochi, concisi mezzi espressivi, connaturati ad un materiale musicale perfettamente controllato, levigato e mai sproporzionato o esorbitante. La “Discuteca” è una paradossale e grottesca distorsione del più tipico e stereotipato contesto ricreativo della modernità del nuovo millennio. Ma qui non ci sono bassi in 4/4 sparati a tutto volume dai subwoofer, o le stranote hit estive. Nella “Discuteca” gli avventori non ballano a ritmo di musica, ma a ritmo di racconto, andando in visibilio sulle narrazioni declamatorie dei books-jokey, abili scrittori (sic!) di libri di Kerouac, Ginzberg, Corso e Ferlinghetti… Già Pasolini affermava, almeno quarant’anni fa, che la poesia era l’unico prodotto umano che mai avrebbe potuto costituirsi come un bene di consumo. Nel mondo distopico di questo racconto frammenti di opere diversissime tra loro vengono propinati a ruota libera, in una forsennata bulimia da Bignami postmoderno. Greg non risparmia nemmeno La Montagna Incantata di Thomas Mann, divenuto anch’esso un romanzo da lettura e rilettura, forsennata, acritica, decontestualizzata. La musica è brulicante, inquieta e scandisce con precisione l’andamento drammatico, presentando figure sincopate che dialogano a canone, alternate a scale cromatiche ascendenti-discendenti. Elementi “minimi” di grandissimo effetto, che sanno integrare perfezione formale, estro ritmico e discorsività drammatica. Notevole in questo senso il passo in cui viene descritto il pubblico galvanizzato di fronte alla recita degli “scrittolettori”: qui la scrittura rasenta il madrigalismo, dispiegando uno sfaccettato sistema in cui anche le dinamiche e i timbri divengono elementi strutturali, attraverso un intenso crescendo degli strumenti a fiato, combinati con violino e violoncello in un canone prima a specchio, poi parallelo, mentre pianoforte e vibrafono si intersecano in una ritmica quasi di stravinskijana memoria. Credo sia utile ribadire come da queste pagine emerga una spudorata capacità di coniugare rigore formale e controllo del materiale musicale, con una tenace volontà a collegarsi con la comunicazione concettuale del testo verbale, senza mettere tra parentesi, o in secondo piano il proprio estro compositivo. Matteo D’Amico entra dunque dalla porta principale della modernità delle avanguardie, senza cadere nel feticismo della logica e della iper-razionalità costruttiva, ma anzi adoperando quel rigore logico proprio a servizio dell’espressione e della valorizzazione dei contenuti. È infatti in quei momenti che richiedono più pathos e direzionalità drammatica, come ne Lo scrittore (qui l’autore, il metodico e prevedibile Henry, e il personaggio, lo spigliato musicista Craig, diventano l’uno lo scrittore e il demiurgo dell’altro, in un interscambio vertiginoso di finzione e realtà), che D’Amico riesce a essere più convincente, sempre sotto il segno dell’economia degli strumenti espressivi: non superficialità, ma piena consapevolezza della direzione verso cui deve essere condotta la musica. E quando Henry prende lentamente coscienza della totale rottura dei confini tra la sua realtà e quella del suo personaggio Craig (un doppelgänger in tutto e per tutto), D’Amico riesce a creare l’immagine sonora di una coazione a ripetere nevrotica, in un diluito crescendo di drammaticità, attraverso un semplice basso ostinato costituito da intervallo di ottava, suonato staccando perentoriamente, e alternato ad accordi di quarta in mfaffidati al pianoforte. Il quinto breve episodio del melologo, Il mendicante, si focalizza su una classica scena metropolitana: la questua di un accattone alla fermata del semaforo. Il brano è interamente affidato alla voce recitante e al violino solo, la cui parte presenta un carattere quasi improvvisativo-virtuosistico. Scale ascendenti-discendenti, disegni terzinati e bicordi di semitoni che sostengono pedali su scale cromatiche: una rete estremamente discorsiva, che si rafforza soprattutto da una sensibile concretezza del suono, garantita dai contrasti dinamici e dalle sfumature timbriche offerte dal violino. Quest’ultimo, alternandosi continuamente alla voce recitante, appare come una sorta di alter-ego della figura del mendicante/accattone (doveroso ricordare che storicamente il violino è da sempre strumento associato alla “voce umana”). Voce e strumento andranno significativamente insieme nella parte finale della composizione, con il violino impegnato in veloci e brevi scale cromatiche su gruppi irregolari, con il tremolo su ogni nota, dando risalto così all’amaro messaggio finale: attenuare i sensi di colpa, uscire dai cinismi e dall’incapacità di empatizzare con l’altro, affidando l’espiazione a due euro “non avrebbe risolto nulla”. Un Interludio secondo fa da cerniera all’ultimo gruppo di racconti, recuperando cellule tematiche del primo interludio e qua e là elementi che anno caratterizzato gli altri episodi del melologo. Una nota Do sul registro alto del flauto conduce al penultimo episodio recitato, che si sviluppa specularmente a quello del mendicante. Anche Il diavolo si struttura interamente sul binomio tra voce e strumento solista, in questo caso il pianoforte. La musica tuttavia qui rimane quasi sottotraccia, esponendo interamente delle flebili risonanze di accordi lasciati vibrare e arpeggi cromatici, lasciando alla voce il compito affabulatore. Ma l’eloquenza musicale di D’Amico si concretizza anche quando deve semplicemente sostenere la narrazione, rispettando inoltre il materiale musicale dispiegato precedentemente: come negli episodi precedenti, la scelta di alcune figure ricorrenti non diventa un limite per l’invenzione musicale, ma anzi si arricchisce continuamente con nuovi elementi. Nell’ultimo episodio, L’enoteca (teatro di paradossali morti), se in prima battuta sembra ritornare il tappeto sonoro dei trilli e dei disegni terzinati “brulicanti”, spesso in pp, andando a costituire il discorso musicale introduttivo che si alterna (questa volta più frequentemente) al racconto, nel momento in cui i personaggi prendono attivamente parte alla vicenda con dei dialoghi, la musica aderisce al testo, rarefacendosi, concentrandosi in cellule minime“. (Valerio Sebastiani).

Claudio Gregori (Greg)

Il 56° Festival di Nuova Consonanza è realizzato con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo – Direzione Generale Spettacolo e Direzione Generale Biblioteche e Istituti Culturali, della Regione Lazio – Assessorato alla Cultura e alle Politiche Giovanili e di Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale, nell’ambito dell’Avviso pubblico “Contemporaneamente Roma – Autunno 2019”, con il sostegno della SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori.

Il Festival è realizzato in collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo, Fondazione Roma Tre Teatro Palladium, Fondazione Romaeuropa, MACRO – Asilo, Istituzione Sinfonica Abruzzese, Teatro di Roma, RAI-Radio3, I Concerti nel Parco, Fondazione Isabella Scelsi, Fondazione Pinuccio Sciola, Núcleo de Ópera da Bahia, Edizioni Suvini Zerboni. Istituzioni didattiche: Università La Sapienza, Università di Tor Vergata, Università degli Studi Roma Tre, Conservatorio Santa Cecilia di Roma, i Conservatori di Frosinone,  Palermo e Fermo, Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Roma, Accademia di Belle Arti di Palermo, Associazione Spazio musica di Cagliari e gli istituti di cultura Istituto Polacco, Forum Austriaco di Cultura di Roma, Goethe-Institut Rom, Accademia di Villa Massimo.

Domenica 17 novembre – Teatro Palladium

ore 17:30 incontro, ore 18:00 spettacolo

Colazione di lavoro*

atto unico per attore e ensemble

testi di Claudio Gregori (Greg)

musiche di Matteo D’Amico

prima esecuzione assoluta

Bruno Maderna Ensemble

Luisa Curinga flauto, Fabio Battistelli clarinetto, Luca Marziali violino, Marco Simonacci violoncello, Gioele Balestrini percussioni, Fabrizio Viti pianoforte

Gabriele Bonolis direttore

In collaborazione con Fondazione Roma Tre Teatro Palladium e il Conservatorio di Musica Giovanni Battista Pergolesi di Fermo

Matteo D’Amico. Nato a Roma, è presente dall’inizio degli anni ’80 in tutte le più importanti manifestazioni italiane di musica contemporanea e successivamente nelle maggiori istituzioni musicali, quali Maggio Musicale, Teatro Massimo, Arena di Verona, le orchestre di Santa Cecilia e della Rai, e molte altre. All’estero la sua musica è presente in sedi prestigiose quali Parigi, Atene, Praga, Madrid, Londra, Francoforte, Mosca, Tokyo. I suoi lavori sono stati interpretati da artisti quali D. Dorow, G. Sinopoli, R. Alessandrini, D. Gatti, M. Devia, C. Rovaris, A. Pappano, F. Luisi, V. Jurovski, l’Hilliard Ensemble. Dal 1997 al 2000 è stato direttore artistico dell’Accademia Filarmonica Romana, carica che ha ricoperto nuovamente dal 2014 al 2017, e dal 2000 al 2002 direttore artistico del Teatro Comunale di Bologna. È docente di Composizione presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma. Dal 2006 è Accademico di Santa Cecilia.

Claudio Gregori (Greg). Artista poliedrico, raggiunge la celebrità con Latte & i suoi derivati, band di musica comica e surreale fondata nel 1991 assieme a Lillo. Contemporaneamente partecipa ad altre formazioni musicali, tra le quali i Blues Willies (già Jolly Rockers), Greg & The Rockin’ Revenge, Il Duo Italia, Greg & The Frigidaires, The Five Freshmen. Compone musiche per programmi televisivi, musical, commedie e, con A. Di Giovanni, le colonne sonore di alcuni film di De Laurentiis. Attivo dal 1985 anche come fumettista e illustratore, ha collaborato con il settimanale satirico Veleno e con il Corriere della Sera. Tra le apparizioni televisive si segnalano quelle per Le Iene e la trasmissione Telenauta 69, un programma-omaggio alla televisione garbata e raffinata degli anni ’60. Al cinema è il protagonista maschile del film di M. Risi Tre mogli (2000 Italia-Spagna) e il co-protagonista assieme a Lillo di Blek Giek di E. Caria (1999) e di numerose altre pellicole. Nel 2008 pubblica AgGREGazioni, raccolta di racconti brevi, apoftegmi, riflessioni e poesie.

Teatro Palladium, piazza Bartolomeo Romano, 8 . 

Biglietti: Intero da 12 a 18 euro, ridotti da 8 a 15.

Info: 06 3700323, www.nuovaconsonanza.it ; promozione@nuovaconsonanza.it