Nostra nuova intervista ad Alessandro Hellmann ..le fleuve pillé

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Bentrovato ad Alessandro Hellmann: da qualche tempo non eri più ospite su Musicalnews.com…
Buongiorno a te. Sì, è vero: io scrivo prevalentemente per altri artisti e, al tempo della musica smaterializzata, i nomi degli autori tendono a scomparire insieme ai dischi. Ma va bene così: a me interessa la scrittura e sono felice quando posso lasciare lo stress del palco a chi sa gestirlo meglio di me e godermi lo spettacolo comodamente seduto.

Raccontiamo allora questi 2/3 ultimi anni: direi sicuramente intensi e variegati…
Come ti dicevo, ho scritto molto per altri. Ho avuto la fortuna di poter collaborare con artisti di nicchia ma di grande spessore, come Priska, Giordi, Durante, e anche con un artisti già affermati come Cristicchi, Di Bella o Camisasca, che mi hanno permesso di raggiungere un pubblico più ampio.

…c’è stato un crowfunding per sostenere un progetto letterario…
Sì, un paio di anni fa la casa editrice Les Editions Timbuctu ha pubblicato “Le fleuve pillé”, edizione francese di un mio romanzo-inchiesta sulla vicenda dell’ACNA di Cengio e della Valbormida, quella che potremmo definire la madre di tutte le lotte ambientaliste italiane. La versione originale del libro (“Cent’anni di veleno”, Stampa Alternativa 2005, ndr) aveva dato vita a un monologo teatrale interpretato da Andrea Pierdicca e il crowdfunding è stato lanciato dalla casa editrice francese per finanziare le riprese dello spettacolo e poterle allegare alla pubblicazione in forma di DVD sottotitolato, rendendo così questa riedizione completa e definitiva.

Recentemente ti sei esibito in apertura del concerto di Roberto M.Giordi
A Giordi mi lega un rapporto di amicizia prima che professionale: ho scritto i testi dei suoi primi tre dischi e, quest’anno, quello del brano politicamente scorretto in finale a Musicultura… È successo che a poca distanza dalla pubblicazione del suo bellissimo “Il sogno di Partenope”, lo scorso maggio sia uscito anche il mio disco “Come prati a primavera”. Vista la circostanza, più unica che rara, ci è venuto naturale pensare di presentarli insieme. Chiaramente io mi sono limitato a una breve apertura in acustico, anche perché, a parte un’apparizione all’ultimo Biella Festival, era parecchio tempo che non toccavo il pianoforte. È stata una splendida serata. Roberto dal vivo è straordinario e per di più gira con una band pazzesca. La nomination che ha appena ricevuto nella cinquina del Tenco per questo disco è meritatissima, ed è anche, secondo me, una sorta di doveroso atto riparatore per quanto non ha raccolto con i lavori precedenti.

Alcuni tuoi momenti artistici si uniscono anche con il vecchio termine di impegno sociale: quali ti sono più cari?
Il tema che mi è più caro in assoluto è quello ambientale. Stiamo devastando tutto. Finché continueremo a percepirci come un qualcosa di separato dalla Natura saremo perduti. In “Canzone a bassa velocità”, che apre il disco, racconto attraverso una storia d’amore l’inutile danno della TAV e la sfrontata bellezza dei resistenti. Ma questo senso di comunione con la Natura risuona anche negli altri brani, attraversa sottotraccia tutto ciò che scrivo. Prendi “Il suono del tuo nome”, ad esempio: è un’altra canzone d’amore in cui il sentimento profondo di appartenenza alla Natura abbraccia ogni cosa e la rende sacra.

Un tuo disco a cui siamo molto legati è stato registrato in Polonia…
Summertime blue” nacque in maniera del tutto casuale. In quel periodo, parliamo del 2006, mi trovavo a vivere appunto in Polonia. Una sera al Jazz Klub Rura di Wroclaw strinsi amicizia con un gruppo di fantastici jazzisti, capitanati da Tadeusz Nestorowicz. Tra una birra e l’altra feci ascoltare a Tadek alcune mie canzoni e, dopo un paio di prove estemporanee, ci chiudemmo per un giorno intero in una cascina ai margini di Olesnica attrezzata con apparecchiature analogiche (non per un intenzionale ritorno al vintage, ma semplicemente perché lì il digitale non era mai arrivato!). Registrammo tutto in presa diretta, buona la prima o al massimo la seconda. Quel disco è nato così…

Bei ricordi… ma ritorniamo alla stretta attualità: in cosa sei ora impegnato?
La stretta attualità è il mio secondo disco, “Come prati a primavera”, uscito lo scorso Maggio, a più di 12 anni di distanza dal precedente! È un lavoro che ruota intorno al bisogno di proteggere l’innocenza e lo stupore. La via è realizzare la più grande rivoluzione possibile: riappropriarci del nostro tempo. Oggi non c’è esigenza più universale di questa. Il resto viene di conseguenza. Queste dieci canzoni sono state concepite – forse anche un po’ inconsciamente – come dei mantra: hanno un respiro lungo, dilatato, che scende lentamente in profondità accordandosi ai nostri ritmi naturali e alle nostre frequenze più sottili. Michelangelo Brandimarte è entrato immediatamente in sintonia con questo modo di sentire e mi ha aiutato in maniera sostanziale nel tradurre in suono ciò che avevo in mente.

Come stai collaborando con lo storico mensile Rockerilla?
La musica mi accompagna da quando sono nato, in ogni momento, in ogni sua espressione. Un amico dei miei genitori, quando avevo tre anni o giù di lì, mi regalava i 45 giri dismessi dal juke box del suo locale. Ancora non sapevo leggere, ma già conoscevo e riconoscevo centinaia di dischi… Mi piace ascoltare tutto, dalla classica al metal, dal rock alla musica devozionale curda. Rockerilla mi offre la splendida opportunità di mantenermi in contatto con ciò che accade musicalmente nel mondo, con tutto quello che le radio hanno smesso di raccontare. E’ un piacere e un onore per me scrivere per una rivista storica di cui condivido spirito e principi.

… e con Maremosso?
Con Maremosso, l’etichetta di Rosario Di Bella con cui collaboro da molti anni, ho pubblicato il disco. È uno spazio di libertà che ci siamo ritagliati per realizzare progetti in cui crediamo senza dover rendere conto a nessuno, se non a noi stessi. Tra le cose più divertenti a cui ci siamo dedicati con la complicità di altri artisti ci sono due dischi di riletture creative delle canzoni per bambini di Sergio Endrigo e Bruno Lauzi (“Il pappagallo” e “La tartaruga”, collana “Parent Friendly”, ndt). In un brano ho avuto anche l’opportunità di registrare con delle coriste d’eccezione: le mie bimbe. Che altro posso chiedere?