Giuseppe Stalfieri super rilassato, perché Erik compone come un pazzo ..

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Abbiamo già intervistato recentemente Erik riflettendo sulla sua galassia musicale. Logico quindi ora soffermarci di più su quella umana, anche per capire come un ragazzo giovane stia vivendo queste settimane intense, lontano da casa, ma con un sacco di collaboratori attorno.

– Giuseppe Stalfieri buongiorno. Per arrivare ad un personaggio come Erik, quanto lavoro esiste? Buongiorno Giancarlo. Erik è solamente la mia quotidianità di anni e anni che si è staccata da un mondo parallelo, ma opposto dal suo. Erik è la metà della mela mancante. Giuseppe ed Erik si completano a vicenda. Poi Erik ha avuto un’evoluzione che è stata frutto di tanto tanto lavoro che tutt’ora va avanti e penso andrà avanti all’infinito. Non si smette mai d’imparare.
– Io e te abbiamo origini lucane ed entrambi amiamo i nostri paesini di origine, sparsi sulle montagne della Provincia di Potenza: cosa pensi ci sia di quelle terre nel tuo carattere o nel tuo modo di vivere? Beh, essendomi trasferito qui a Roma tutto quello che ho vissuto per tutto quel tempo me lo sono portato dietro, non l’ho mai abbandonato e lo vivo ogni giorno nella quotidianità. La Basilicata non te la togli mai dal cuore, è un’impronta che ti rimane a vita ovunque tu vada. Solo un lucano può capire, poi se sei di un paesino come il nostro lo capisci sicuramente.

– Se non avessi trovato questa tua attuale vena musicale, a cosa ti saresti dedicato? Ma è vero che sei diplomato ottico? Si, sono diplomato in ottica e penso che se non avessi trovato questa vena musicale sarei nell’ottica di famiglia, che è un’altra mia passione. Sin da quando ero piccolo mi piaceva stare lì e oggi purtroppo non ci passo molto tempo, perché quando scendo sto con gli amici che non vedo da tanto, però mi manca davvero tanto quel campo.
– Bella la storia di tuo nonno che ti porta nella banda musicale a respirare musica… Mio nonno è stato quello che mi ha portato per mano, per la prima volta, dalla musica. Ricordo ogni momento e ogni scena di quegli anni. Cosa assurda per me che non ricordo neanche cosa ho mangiato ieri sera. Gli voglio un bene dell’anima.
– Stai vivendo un momento artistico molto importante, ma riesci a ritagliarti dei momenti liberi o di relax? Ahahahahah .. mi fa ridere questa cosa. Io quando suono o scrivo mi rilasso, quindi sto sempre super rilassato, poi in tempi di Covid-19 chi esce più di casa. La cosa che mi fa uscire di testa è lo studio, ce ne vuole tanto. Studiare è importante ed è assurdo anche questo detto da me, poiché a scuola ero uno studente da ultimo banco, sebbene non sia mai stato rimandato o bocciato, sempre promosso.
– Vivi a Roma e quindi è logico chiederti come hai vissuto questi mesi di emergenza sanitaria.. Questi mesi sono stati difficili all’inizio, come per tutti, ma poi sono diventati la normalità. Ho lavorato e studiato tanto in questa quarantena. È una situazione difficile, ma riusciremo a rialzarci.
– Quanto di tuo vissuto c’è nelle tue canzoni? Alcune sono autobiografiche? Nei singoli brani c’è tutto me stesso, non leggerai mai un verso che non appartiene emotivamente a Giuseppe o a Erik. Nonostante questo però, la cosa che contraddistingue la mia scrittura è che cerco di dare molti sensi alla stessa frase, in modo che l’ascoltatore, possa dare il senso più appropriato al brano in base al proprio stato d’animo. Quindi molto probabilmente tu non vedrai quello che ho scritto io, ma quello che vuoi vederci tu. Questo è il concetto.
– Se incontro un tuo amico fraterno e gli chiedo cosa pensa di te, quali aggettivi userà per descriverti? Spero tu non lo faccia. Non so cosa potrebbe uscirne … ahahahah .. Sono le persone più pazze che io conosca e gli voglio bene in un modo assurdo.

– Raccontami qualcosa del primo incontro con Franco Eco (il tuo attuale produttore artistico): c’è stato imbarazzo? Qualche gaffes? Con Franco ci siamo incontrati in un bar vicino casa sua e mi ricordo che quella mattina lui non mi aveva dato l’indirizzo preciso, ma mi aveva detto la zona e che c’era un bar. Quella mattina io correvo avanti e dietro in tutti i bar limitrofi per paura di sbagliare bar e non presentarmi all’appuntamento, ma poi l’ho trovato,in perfetto orario, dove mi aveva detto. C’è stata poi una chiacchierata che mi ha fatto lasciare quel bar elettrizzato, davvero prendevi la scossa se mi toccavi, non è solo un modo di dire.