Coma Cose: Nostralgia canaglia

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Sono stati la rivelazione del recente Festival di Sanremo. I Come Cose con la loro “Fiamme negli occhi” hanno conquistato il cuore di milioni di ascoltatori. A fare tenerezza è stata anche l’intesa sul palco tra Fausto Lama (Fausto Zanardelli) e California (Francesca Mesiano), compagni anche nella vita, tanto da essere subito ribattezzati affettuosamente “gli Albano e Romina dell’indie italiano”. Dopo l’esperienza sanremese, che ha portato il brano “Fiamme negli occhi” a raggiungere il disco d’oro nel giro di tre settimane, i Coma Cose si presentano con il nuovo album “Nostralgia”, in uscita per Asian Fake/Sony Music. Sei pezzi per un lavoro dal linguaggio futuristico che racchiude un mondo di significati che affiorano da un passato che brucia ancora. Il disco, prodotto dai Mamakass, è un viaggio alla scoperta di ambientazioni e temi nuovi, tradizionalmente assenti o trascurati dalla musica leggera. Meno spazio alla città, alla vita all’aria aperta, molto invece alla solitudine, alla periferia, all’introspezione e all’autoanalisi.

Foto di Mattia Guolo

Partiamo dal titolo di questo nuovo disco, che è “Nostralgia”. Come nasce?
Francesca: Si chiama “Nostralgia” perché racchiude tutto il concept dell’album. E’ un disco che parla della nostra nostalgia in maniera molto intima e racconta le nostre storie prima che ci conoscessimo e la nostra vita prima di quest’ultimo anno. Per scrivere qualcosa che avesse un valore reale siamo andati a scavare indietro nel tempo e ad analizzare con gli occhi del presente la vita passata. Ha un punto di vista abbastanza singolo come scrittura ed è un disco diverso dal nostro solito: le canzoni hanno un mood e un sound che si discostano dal passato. Siamo reduci dall’esperienza di Sanremo che è stata una bella deviazione del nostro percorso e siamo contenti di averla fatta. La canzone “Fiamme negli occhi” è stata accolta bene dal pubblico, dalle radio ed è un brano in cui credevamo molto. Abbiamo un po’ combattuto per portarlo a Sanremo perché nella gestazione della decisione ci era stato chiesto di presentare anche altri brani e siamo contenti che alla fine è andata bene.

CI sono solo sei canzoni. Come mai e come sono nati i nuovi brani?
Francesca: E’ un disco di senso, un concept album molto concentrato. Sono solo 6 canzoni più un outro. Per noi è una rivoluzione ovvero quella di fare un disco così breve. E’ stata una necessità narrativa, quella di raccontare tutto in queste sei canzoni. Usciamo con un disco un po’ vintage.
Fausto: E’ un disco un po’ sospeso che capita nel momento particolare che stiamo vivendo. Questa sensazione ha pervaso la penna e l’ispirazione. Ci sono le tematiche del crescere e del trovarsi nella situazione di mezzo tra l’essere ragazzi e l’essere adulti. E poi tanta intimità che abbiamo cercato di salvaguardare. Ogni canzone è diversa, è un piccolo viaggio a sé stante. Però in qualche modo c’è un fil rouge che cuce tutte queste canzoni. Già nella foto di copertina dove ci sono due bambini che vanno a fuoco: quello è il fuoco dell’infanzia che ti arde, che ti muove per cambiarti. Fuoco che rischia di essere ammaestrato e circoscritto. Questo disco è la promessa che ci facciamo io e Francesca di mantenerci integri, puri e ispirati da ciò che ci piace, ovvero il lato più nascosto delle cose. Siamo molto contenti del risultato. Non è il disco che ci si aspetta dopo aver sentito il brano di Sanremo, ma secondo me dentro il disco quel brano trova la perfetta collocazione.

E’ inevitabile ritornare a qualche settimana fa, quando a Sanremo avete fatto conoscere “Fiamme negli occhi”. Una canzone d’amore che ha conquistato il pubblico, che forse si è riconosciuto in voi. Vi aspettavate tutto questo consenso?
Fausto: Negli occhi racconta l’amore, la complicità e la nostra storia. Era stato scritto a prescindere da Sanremo. Era già pronto dallo scorso settembre. Quando è arrivata la soffiata che alla redazione di Sanremo piacevamo abbiamo pensato a quel brano. Ma non è stato cercato, così come non c’è stata nessuna volontà di cambiare equilibrio. E’ stata una bellissima sorpresa. La canzone l’abbiamo scritta e lavorata noi e la coreografia preparata in saletta. Tutto è stato fatto con il nostro metro di misura dell’artigianato. Onestamente non ci sentiamo di aver cambiato nessun tipo di equilibrio. E’ una canzone che ha anche un linguaggio sociale e spensierato, ma il testo nasconde dei chiaroscuri e delle tensioni. Quando ci dichiariamo l’amore c’è un piccolo momento di razionalità che ci riporta dentro il nostro percorso. Questa cosa in qualche modo fa sempre capolino nelle nostre canzoni. Anche se penso che la vera canzone d’amore del nuovo disco è “La canzone dei lupi”.
Francesca: Il brano di Sanremo racconta un amore che va oltre il nostro. Una passione personale, mentre “La canzone dei lupi” è più intima. Per quanto riguarda noi penso che noi siamo due persone molto diverse di base, e abbiamo opinioni contrastanti su tutto: io sono più impulsiva, Fausto invece è più riflessivo e pragmatico. Queste nostre caratteristiche ci hanno portato a smussarci un po’ e a trovare un baricentro.

Foto di Mattia Guolo

Visto che l’avete accennata, raccontateci de “La canzone dei Lupi”.
Fausto: E’ un grande manifesto di libertà. E’ una promessa che ci facciamo nel rimanere integri e coerenti al di là di quello che succede nella vita. La dimensione diventa meno ampia. Noi abbiamo problemi con la canzone d’amore che poi diventa una trappola. Però è anche un limite per trovare nuovi percorsi narrativi. Ci siamo detti facciamone una che sia quella definitiva. L’argomento di dirsi a vicenda “Tranquillo, qualunque cosa ci succeda rimarremo liberi”. Questa è la più bella promessa che ci si può fare con una canzone d’amore. E’ un brano che ha un aspetto più onirico.

In “Nostralgia” fate riferimento al vostro passato. Cosa vi portate dietro dal passato e cosa vi siete lasciati alle spalle?
Francesca: Dal passato ci siamo lasciato dietro tutto e niente. La scrittura di questo disco è anche un modo per mettere un punto su certe cose che abbiamo fatto per perdonarci un po’. Ci sono due modi di vedere la nostalgia: la mente spesso cerca sempre di ricordarti le cose belle, però in realtà ci ricordiamo anche le cose brutte, quelle che ti rimangono lì. La funzione di questo disco è quella di dire che “ma lo sai che nonostante tutto va bene così?”.

In molti si sono avvicinati ai Coma Cose anche perché incuriositi dal vostro rapporto di coppia. E’ una cosa che vi ha dato fastidio?
Fusto: E’ un tema che viviamo tantissimo. Come Coma Cose c’è un pregresso. Noi siamo due musicisti, siamo una band e a casa siamo una coppia. Questo disco parla tanto un linguaggio da musicista. E’ un disco che parla alla pancia e ha anche dei lati ruvidi. CI auguriamo che chi ha visto l’aspetto più leggero di noi due possa scoprire anche i lati più introspettivi.

Com’è stato collaborare con il Maestro Vittorio Cosma?
Francesca: Fighissimo! Perché al di là della sua esperienza musicale ci piace molto come lavora e il bagaglio culturale che ha. E’ una persona fantastica. Abbiamo scoperto un essere umano che ci ha aiutati molto anche a vivere con tranquillità certi momenti.
Fausto: Una persona di grande sensibilità, che è rimasta punk nonostante ha avuto esperienze importantissime. Un musicista che conserva un’attitudine bambinesca.

Quanto ha influenzato il lockdown nella realizzazione di questo lavoro?
Fausto: Il disco non parla di lockdown, ma l’atmosfera di un qualcosa di sospeso permea l’intero racconto. E’ un disco che ha un senso, ma che nel suo senso trova anche l’incertezza. L’idea di cercare nel passato. Per esempio il brano “Discoteche abbandonate” ha riferimenti molto fisici. Ci manca molto toccare le cose, sentire gli odori e le sensazioni, e noi l’abbiamo ricercato nel passato per scappare dalla quotidianità.

Con il lavoro precedente siete stati influencer inconsapevoli di Milano. Con queste disco invece avete nostalgia della provincia?
Francesca: la provincia per quanto la si odi alla fine ti rimane sempre dentro e non te la togli. E quindi un odio / amore. Nascere in provincia e come nascere al mare. Se nasco in un posto prima o poi tornerò lì. Ci manca e poi quando ritorniamo non vediamo l’ora di scappare.
Fausto: In quest’ultimo anno abbiamo vissuto la città con quella sensazione di provincia. O meglio la città non l’abbiamo proprio vissuta. Potevamo essere ovunque perché quello che in genere offre la città non veniva più offerto. Anzi abbiamo vissuto cose molto vicine alla provincia.

Come rispondete a chi vi ha paragonato ad Albano e Romina?
Francesca: Ci fa sorridere. Magari avere una carriera così longeva come la loro.
Fausto: E poi avere dei successi in Russia come loro…. Scherzi a parte la punta dell’iceberg del nostro progetto è una coppia che canta sul palco dichiarandosi l’amore. Però quello che c’è dietro è molto diverso. Quando ti esponi è giusto raccogliere quello che arriva.

Cosa è cambiato nella vostra carriera dopo la partecipazione a Sanremo? E soprattutto i vostri primi fan cosa dicono?
Francesca: Ora è cambiato che il pubblico è più ampio e ci riconoscono al supermercato. L’indie sta cambiando la sua essenza. Negli ultimi anni con i social e l’avvento delle persone ai concerti non è più quello di prima. Ora hai accesso a tutto e poi ci sono cose che hanno più rilevanza. La distinzione degli ultimi anni si è molto affievolita. La musica che esiste in Italia è fatta per lo più dagli indipendenti come noi.
Fausto: Sulla nostra partecipazione a Sanremo il nostro pubblico è rimasto contento, forse perché si rivedeva in noi. Vederci incastonati in qualcosa che fosse più grande di noi non è stato visto come un tradimento. E’ anacronistico vedere Sanremo come il male che lotta contro la musica indipendente. Penso che questo disco sarà pane per i denti dei fans della prima ora. Il rischio è che venga visto come qualcosa di inaspettato dal pubblico della nuova ora. Dunque il rischio è al contrario.

Quali sono le differenze tra “Nostralgia” e il precedente album “Hype Aura”?
Fausto: il substrato sonoro è totalmente diverso. “Hype Aura” è urban e lì abbiamo dato tutto in quella semantica musicale. A livello di modo di scrittura è forse la giusta consecuzione perché noi abbiamo fotografato la nostra fase iniziale, e qui è un passaggio dopo: ci siamo incontrati e conosciuti, con le nostre difficoltà. Ora siamo una coppia consolidata, che si interfaccia con ciò che vuol dire diventare adulti e questo disco ne è la narrazione. “Squali”, contenuta in “Hype Aura”, è una canzone che poteva stare in questo disco. Inoltre abbiamo abbandonato un certo modo di cantare.

Qual è la canzone più difficile da cantare?
Fausto: Sicuramente “Zombie al Carrefour”. Ogni volta che la sento mi emoziono. Tocca delle cose che mi distrugge.

Per concludere, come promuoverete “Nostralgia”?
Francesca: Anche se è ancora tutto incerto, possiamo dire che qualche data dal vivo in estate si farà. Per precauzione non possiamo ancora dire dove e quando finché non ci saranno risposte certe. Questo è un disco che si può suonare in condizioni intime e in spettacoli più dimessi.
Fausto: Una delle cose che ci manca molto è andare a vedere i concerti. Siamo arrabbiati per ciò che sta succedendo, per come è stata trattata la musica e per come è stato trattato tutto il comparto artistico. Non capisco perché in alcuni luoghi si possa andare e in altri no. Proviamoci anche con lo spettacolo e vediamo che succede.