Quando il Diretur mi invio’ la compilation edita dalla Black Widow e dedicata ai Blue Oyster Cult stavo per collassare. Infatti, quanti ricordi mi sono ritornati alla mente riguardanti una delle band che ho amato e amo di più, ossia i BOC. Pertanto la recensione era d’obbligo. Come anche era d’obbligo l’intervista al curatore di cotanto splendore. Al secolo Giancarlo Bolther. Quanto segue è il risultato di una lunga conversazione proprio con lui. Come ti è venuta l’idea di realizzare una compilation tributo ai Blue Öyster Cult? “ Considero i BÖC come una delle band più sottovalutate di sempre. Dire che una band è “sottovalutata” è un’affermazione che leggiamo spesso e quasi sempre a sproposito, perché vorremmo che il nostro gusto personale avesse un carattere universale, ma non è così, inoltre i BÖC hanno venduto milioni di dischi, perché quindi considerarli sottovalutati? In realtà per diversi motivi, primo fra tutti la difficoltà di organizzare un tour per loro in Italia che denota una mancanza di interesse. Quando hanno suonato l’ultima volta a Roma e poi a Trezzo nel 2008 le date non sono andate male, ma per l’importanza storica che ha la band avrebbero dovuto suonare di fronte a molte più persone. Nei vari documentari, enciclopedie, classifiche, programmi radio… il loro nome non compare quasi mai, eppure sono considerati tra i padri dell’heavy metal e hanno avuto un grosso impatto anche sul punk. Quando si parla di hard rock i nomi che saltano fuori sono sempre Led Zeppelin, Deep Purple, Black Sabbath, Aerosmith, Kiss, Ac Dc, nessuno vuole negare l’importanza di queste band ci mancherebbe, ma sono convinto che i BÖC non siano da meno soprattutto se parliamo di qualità della musica. Per questo ho sempre cercato di divulgarli, convinto della loro grandezza. Poi leggo spesso su di loro delle cose grossolane, ad esempio gira la notizia che Patti Smith sia stata “moglie” di Albert Bouchard, mentre invece era stata compagna di Allen Lanier. Per molto tempo si è ritenuto che il gruppo fosse di destra e che avesse simpatie naziste, cosa assolutamente falsa ma che ha causato non pochi problemi alla band. Ho letto che sono stati costruiti a tavolino da Pearlman e Meltzer, ma anche questa è una sciocchezza, sicuramente il gruppo deve molto a questi due signori, ma non sono stati “costruiti a tavolino”, sono insieme dal 1967 e non sarebbero durati tanto a lungo se fosse stato così. Poi credo abbia pesato il fatto di essere usciti col primo album solo nel 1972, dovevano uscire per la Elektra ancora nel 1968 ma furono “congelati” per vari motivi. Uscire sul mercato quando già erano usciti quasi tutti i più grandi album del periodo non li ha certo aiutati. Tornando al disco, avendo iniziato a fare giornalismo musicale nel 1998 ho avuto modo di scrivere molte volte di loro, per fare uno step successivo mi sarebbe piaciuto scrivere un libro monografico, ma poi un giorno, mentre ascoltavo gli Arabs In Aspic, una band norvegese di hard prog, mi è venuta l’idea di realizzare un disco tributo, che ho pensato sarebbe stato più originale di un libro (già ce ne sono ma non in italiano) e così ho dato vita al progetto.” Cosa ti ammalia di questo storico gruppo che ci sta regalando musica senza tempo fin dagli anni settanta? “I BÖC sono davvero unici, la loro musica non è accostabile a quella di nessun’altra band e questo lo dicono un po’ tutti i giornalisti che hanno approfondito la loro conoscenza. Non hanno mai fatto due brani uguali, sono la band che ha fatto più concerti in assoluto e tutte le sere cambiano la scaletta, non hanno parlato di sesso e droga nei loro testi, ma piuttosto hanno usato la letteratura, spesso fantastica, horror, sci-fi (Moorcock e Shirley), le poesie di autori come Patti Smith, David Roter e Jim Carroll. Insomma, erano più un collettivo artistico che non una vera band, in tutta la loro decennale produzione si può respirare l’aria creativa di New York, una città che ha sempre partorito artisti poco “americani” (in senso positivo). Ma soprattutto ho amato le loro musiche suggestive e visionarie, per me ascoltarli equivaleva a leggere un bel libro di avventure, di quelli che ti acchiappano dalla prima all’ultima pagina. Immergermi nelle loro sonorità è stato il più bel modo di evadere che ho sperimentato.” Come hai iniziato a diffondere la voce che avresti realizzato una compilation sui BÖC? “La prima cosa che ho cercato di capire è se potevo affrontare l’impegno economico di realizzare un disco come quello che avevo in mente, così ho contattato la Black Widow di Genova per cercare di avere le idee più chiare, non mi ero mai cimentato prima nella produzione di un disco, quindi era tutto nuovo per me. Come ho spiegato a Massimo Gasperini l’idea che avevo in mente lui per prima cosa mi ha fatto capire che il progetto era fattibile e poi ha subito abbracciato l’idea e mi ha detto che dovevo assolutamente farlo con loro. Da quel momento abbiamo cominciato insieme a reclutare gli artisti che poi avrebbero partecipato. Nel giro di due o tre mesi avevamo già raccolto abbastanza adesioni e abbiamo dovuto “chiudere” le partecipazioni.” Ti saresti immaginato che il culto dei BÖC fosse così esteso? “In verità no, infatti ho dato vita a questo progetto proprio per diffondere la conoscenza della band. Poi pian piano mi sono reso conto di quanta stima ci fosse per loro nel mondo dei musicisti e ovviamente la cosa mi ha fatto molto piacere.” I gruppi dovevano interpretare un brano senza apporvi modifiche oppure potevano eseguire delle esercitazioni poetiche? “La mia direttiva era che i gruppi facessero delle versioni possibilmente personali, non volevo delle fotocopie dei brani originali. Però ho lasciato anche una certa libertà. Volevo una raccolta “tematica”, inizialmente volevo sottolineare il lato “prog” della band americana, ma poi mentre il progetto prendeva corpo, ho preferito porre l’accento sul lato “dark”.” Ciò che impressiona è che le band sono entrate “in core vile” dello spirito immortale dei BÖC… “Penso che tutti i gruppi abbiano capito cosa volevo fare, da un lato mi piace pensare che la comunicazione abbia funzionato bene, ma sicuramente tutti si sono fatti coinvolgere dalla musica dei BÖC al punto da interpretare con grande passione i brani a loro assegnati. Con grande soddisfazione personale posso affermare che tutti i gruppi che hanno partecipato hanno dato il massimo e posso dire che questa passione si sente.” Anzi in certi brani hanno dato a nuova vita!!! “Si qualcuno è stato molto creativo e ha riarrangiato i pezzi in modo davvero interessante ed originale. Una cosa che è stata comune un po’ a tutti è la difficoltà di mettere mano alla musica dei BÖC. A detta dei vari musicisti anche i brani apparentemente più intuitivi nascondevano insidie esecutive e più o meno tutti mi hanno detto che non è stato un compito facile.” È incredibile quanta musica indimenticabile abbiano composto i BÖC, un gruppo fin troppo sottostimato… “Si i cinque membri della band erano tutti compositori e poi si sono avvalsi di molti collaboratori esterni, come ho detto sopra erano una specie di collettivo artistico, tutti questi elementi hanno reso molto vario il loro songwriting. Però non è mai mancato un trademark che li ha resi comunque riconoscibili. La cosa particolare è che storicamente le band di maggior successo (commerciale) sono state quelle che hanno osato di meno a livello compositivo. Ci sono gruppi di grande successo che a volte hanno fatto brani esattamente uguali e hanno sfornato dischi fotocopia, eppure sono ritenuti fondamentali. Sembra che il grande pubblico voglia questo. Non voglio criticare i gusti delle persone, ma una band come i BÖC chiede un certo impegno all’ascolto e le masse invece cercano più il divertimento fine a sé stesso. È un discorso che riguarda tutta l’arte in generale. Probabilmente i BÖC sono troppo “artisti” per essere amati dalle grandi masse.” Grazie davvero per questa compilation (definirla compilation è un termine secondo me riduttivo), che assicura ai posteri la cosiddetta “legacy” di una band che ha scritto brani leggendari senza tempo. “Mi fa veramente piacere che tu l’abbia apprezzata, per quanto mi riguarda ho veramente cercato di fare un lavoro con sincero amore e animato solo dalla passione per la band. C’è chi ad un certo punto della vita si regala una macchina, chi un viaggio… io ho voluto regalarmi un disco. Spero che chi lo ascolterà possa sentire la passione vera che tutti abbiamo messo nel realizzarlo. Ogni aspetto è curato, dalla copertina, alle grafiche, ai testi e ovviamente ai brani interpretati. La mia speranza è che sia un disco che duri nel tempo.” Ma secondo te perché il rock di oggi non regala più brividi come quelli rappresentati dai BÖC? “Questa è una domanda a cui è veramente difficile rispondere. Penso che ci siano molteplici fattori che influiscono su questa attitudine, non solo artistici e musicali, ma anche sociologici e storici. Da un lato manca l’effetto sorpresa, alla fine degli anni sessanta e nei primi settanta era tutto molto “nuovo”, nessuna band (credo) dava vita ad un progetto con l’idea che avrebbe avuto successo, i giovani di allora cercavano vie espressive e la musica era un campo abbastanza sconfinato dove cimentarsi. Le persone si riunivano a parlare di dischi, si ascoltava la musica in modo comunitario e si condividevano le esperienze, mentre oggi siamo tutti molto più individualisti, ognuno si fa la sua playlist e lo scambio è diventato sempre più raro. Senza parlare del fatto che le espressioni artistiche attuali sono diventate molto liquide, nel senso che oggi trovi di tutto e tutto fortemente mescolato, manca un senso di appartenenza comune, che invece era molto forte in quegli anni e ci identificava entrando nell’immaginario collettivo fino ad incarnarsi. Fatte queste considerazioni trovo che anche oggi esca ottima musica, lo scorso anno ho apprezzato molto il disco dei Trail Of Dead “Bleed Here Now” un vero capolavoro. Un altro disco fenomenale per me è stato “The End Is Begun” dei Three e, ancora, mi piacciono veramente molto i dischi dei Pain Of Salvation, poi mi piace ricordare gli O.R.K. davvero notevoli, ma l’elenco sarebbe veramente lungo e non sono dischi meno belli di quelli del passato, anzi a volte sono anche meglio. Ma mentre in passato un disco di valore veniva ascoltato da tutti e questo gli conferiva un carattere di universalità, oggi questo non avviene più. Infine, la musica che ci emoziona, parlo per noi che abbiamo superato la soglia degli “anta”, è quella che ascoltavamo da giovani, anche alcune canzoncine stupide ci fanno partire una marea di ricordi. Per quanto sia bello il nuovo disco degli Uriah Heep “Chaos & Colour”, non ci emozionerà mai come certi pezzi del primo album, parlo del riff ipnotico di “Gipsy” o delle struggenti melodie di “Come Away Melinda”… mi partono i brividi solo a pensarci.”
La grandezza dei Blue Oyster Cult
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