Yugen – Tears and light (Dodicilune Ed538)

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Davide Ielmini nel cd scrive .. l’architettura è musica congelata .. citando Goethe. Ma soprattutto scrive che i brani dei Yugen sono .. mutevoli fino ai confini dell’ipnosi, portatori a volte di una sensazione di calma dinamica con un imprinting melodico pervasivo, seguono i principi della ripetizione e della riduzione attraverso il procedere orizzontale dell’interplay. Nel quale il collettivo è unità divisa in tre .. e sono riflessioni che sposo in pieno, ma che voglio che anche voi le facciate proprie, magari facendomi aiutare dalla visione del video promo che il trio ha diffuso: non troverete una struttura rigida di canzoni, ma un percorso accennato, suoni che quasi mai si sovrappongono, facendoci perciò cogliere la potenza dei pochi attimi di assoluto silenzio, Tears and Light è un disco votato all’iterazione sino dalla bella foto di Yohana Negusse in cui gocce d’acqua hanno forme diverse, disposizione caotica (ma non anarchica) ed i toni cromatici vanno dal nero intenso al bianco accecante. Sembra scattata al vetro della vostra automobile, quando le luci del giorno vanno a dormire: il tutto è leggermente scuro, perché Yugen si traduce proprio così ed il tutto sta ad indicare l’indubbio fascino di tutte le cose in penombra: aprire il disco con un brano come Loose words valorizza proprio la luce oscura ed il seguente brano Sheets from afar, è la bellezza ancestrale di ciò che rimane nell’ombra. Subentra ilarità nel vedere il legame tra la musica e la matematica quando gli Yugen intitolano il sesto brano con una riflessione tipica degli architetti infatti Your floor, me ceiling, its floor ci fa capire la relatività del luogo in cui viviamo, perché nulla è definitivo, essendo complici .. il tuo pavimento, il mio soffitto, il suo pavimento ..!
Il trio degli Yugen (Katya Fiorentino piano e synth, Stefano Compagnone bass e Maurizio De Tommasi drums) ha messo in sinergia il calore pugliese con la galassia giapponese (per noi europei spesso inspiegabile nel modus operandi, anche nei sentimenti o nel fare arte): grazie al collante musica, la struttura su cui compongono è solida (ma non rigida), movimentata (anche se non fragile) e ci invita ad una comunione di intenti e di trasporto emotivo: il pathos della tile track è foriera di stralunate cavalcate a ritmo lento, perché il cavallo ha finalmente capito che non siamo emuli di John Wayne o dei fantini del Palio di Siena. Distinguere i suoni dentro un brano, diventa quasi una ricerca della pietra filosofale e ci da grande emozione! Il progetto di Katya Fiorentino (tra l’altro autrice di tutti i brani), Stefano Compagnone e Maurizio De Tommasi ha scelto un nome che è subito un biglietto da visita e si sono affidati al coordinamento produttivo di Maurizio Bizzochetti e di tutto lo staff della Dodicilune: hanno fatto bene, perché indubbiamente c’è complicità che definirei filosofica, oltre che musicale. Perché (tra le recondite idee estetiche giapponesi) è assai vero che Yugen può essere considerato la più ineffabile: tutto questo è l’humus su cui il trio cresce, lavora e compone! Con il sorriso, sottolineo che in alcuni brani danno il loro contributo Valerio Daniele (chitarra), Giorgio Distante (tromba) e Francesco Massaro (elettronica).

Track List di questo disco: Loose words, Sheets from afar, Tears and light, If you want, Interludio – Picture#1, Your floor, my ceiling, its floor, Wood, After the wait.