Addio al grande pianista Maurizio Pollini

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“Come possiamo sapere se abbiamo compreso il senso di una musica? Dall’emozione che ci procura”. Era raccolto in queste parole il significato della vita stessa di Maurizio Pollini, uno dei grandi musicisti del nostro tempo e punto di riferimento fondamentale nel panorama artistico del Teatro alla Scala per oltre cinquant’anni, scomparso oggi all’età di 82 anni a Milano.

Molto selettivo, per sua stessa ammissione, nella scelta del repertorio, esteso anche se non particolarmente variegato, il pianista e direttore d’orchestra milanese è soprattutto noto per le sue interpretazioni di Beethoven, Chopin, Schubert, Schumann e della seconda scuola di Vienna (Schönberg, Berg e Webern).Allievo di Carlo Lonati e Giorgio Vidusso, protagonista assoluto della scena concertistica internazionale fin dalla vittoria, diciottenne, al concorso Chopin di Varsavia nel 1960, Pollini è stato un interprete capace di rivoluzionare la percezione di compositori che hanno fatto la storia della musica e promuovere l’ascolto delle avanguardie storiche e della musica d’oggi. “Un poeta del pianoforte che ha dato lustro all’Italia” lo ha definito il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ricordando la grandezza di uno strumentista cui resta fondamentale la sua testimonianza sul ruolo stesso della musica, intesa come componente essenziale della cultura e della vita civile e come strumento di trasformazione della società. Dal debutto l’11 ottobre 1958 all’ultimo recital il 13 febbraio 2023 Pollini ha suonato per 168 volte alla Scala (dove si terrà la camera ardente), cui si aggiungono gli incontri con gli studenti e le partecipazioni a giurie e convegni. Dopo i primi concerti diretti da Thomas Schippers e Sergiu Celibidache, con la serata del 23 ottobre 1969 prende avvio la collaborazione con Claudio Abbado, destinata a segnare la storia dell’interpretazione ma anche la storia culturale della città di Milano. Il comune impegno per allargare il repertorio, in particolare alla seconda scuola di Vienna e alla nuova musica si coniuga ad un eguale impegno ad allargare le platee in linea con l’impostazione di Paolo Grassi che in quegli anni sviluppava nuove politiche per coinvolgere tutta la città nelle attività del Teatro, è quanto ricorda il Teatro alla Scala. Fondamentali anche le collaborazioni con Riccardo Muti e poi con Daniel Barenboim e Riccardo Chailly, ma nel corso dei decenni non possono essere dimenticati anche i concerti con Carlo Maria Giulini Pierre Boulez e Zubin Mehta. Al rapporto costruito negli anni con i musicisti scaligeri, sia in veste di Orchestra della Scala sia soprattutto in veste di Filarmonica, si aggiungono le apparizioni con grandi orchestre come i Wiener Philharmoniker (con Abbado) e il Gewandhausorchester di Lipsia (con Chailly) e numerose compagini dedicate alla musica d’oggi, in particolare nei ‘Cicli Pollini’ promossi da Stéphane Lissner: l’Ensemble Intercontemporain, il Klangforum Wien, la Musikfabrik Köln, l’Experimentalstudio Swr. Ma al centro dell’ininterrotta presenza scaligera di Maurizio Pollini ci sono soprattutto i recital: dallo storico ciclo con le 32 sonate di Beethoven nel 1995 al sempre attesissimo concerto annuale in cui ricorrevano le stelle fisse del suo universo musicale: oltre ad alcune occasioni bachiane, Beethoven, Brahms, Chopin, Debussy, Schönberg, e Nono. “Quando prendo in mano una partitura o studio un pezzo, io punto innanzitutto alla ricerca di aspetti comunicativi, a cose che davvero possano darci gioia”, diceva Pollini per il quale più di ogni cosa contava la qualità dell’ascolto, “la più diretta, immediata e anche selvaggia”.

Tante le personalità che in queste ore stanno ricordando Pollini. “Con la morte di Maurizio Pollini non solo piangiamo la scomparsa di un grande pianista, ma anche di un pezzo di fondamentale importanza della cultura del Novecento. Lontano da ogni forma di narcisismo individualista, Pollini ha sempre messo gli autori e le loro opere, da Bach a Chopin, al centro della sua ricerca rigorosa e delle radici profonde del pensiero musicale”. Così in una nota il presidente – sovrintendente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Michele dall’Ongaro. “Questa lezione ha coinvolto anche tanti autori di oggi, come Stockhausen, Boulez, Nono, Manzoni, Sciarrino e prima ancora Schonberg, Webern, Berg e Debussy – si legge ancora nel comunicato – questa lezione si e’ allargata anche alle ragioni etiche e morali che guidano l’artista di oggi nelle sue nelle sue scelte musicali, intellettuali e civili. Un modo di pensare musicalmente la vita che diventera’ materia di studio e di esempio per molte generazioni. Lunghissimo il rapporto tra Polini e Santa Cecilia iniziato sin dalle prime tappe della sua carriera fino all’inaugurazione del nuovo Auditorium nell’anno 2002 con il coro e l’orchestra di Santa Cecilia diretti da Chung e che e’ proseguita fino a oggi con concerti, sempre seguitissimi da un pubblico festoso e pieno di giovani”.

Per rendere omaggio alla figura di Maurizio Pollini Rai Cultura ne ripropone alcune storiche interpretazioni, in onda domenica 24 marzo alle 19.25 su Rai 5, dopo una prima trasmissione oggi – sabato 23 marzo – sempre su Rai 5. Si comincia con il concerto dall’Herkulessaal di Monaco in cui Maurizio Pollini esegue le ultime tre Sonate per pianoforte di Beethoven. Tra i vertici assoluti della letteratura pianistica di tutti i tempi, le tre composizioni sembrano attraversare tutte le possibilità timbriche ed espressive dello strumento verso i più alti valori etici e spirituali. A seguire, sempre di Beethoven, il Concerto n. 5 in mi bemolle maggiore op.73 (Imperatore) per pianoforte e orchestra interpretato all’Auditorium del Foro Italico in Roma da Maurizio Pollini e dall’Orchestra Sinfonica di Roma della Radiotelevisione Italiana. Sul podio, un direttore legato a Pollini da un’amicizia e da un rapporto artistico straordinari: Claudio Abbado.