Addio a Monica Vitti: stella del cinema e musa di Antonioni, Di Palma e Russo

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Addio alla grande Monica Vitti, tra le attrici più importanti del cinema italiano di tutti i tempi. Musa di Michelangelo Antonioni, Carlo Di Palma e Roberto Russo, è scomparsa a Roma all’età di 90 anni. La ricordiamo cantare con Mina e Alberto Sordi e in un omaggio del gruppo La Batteria.

È morta oggi 2/2/2022 a Roma, dopo una lunga malattia all’età di 90 anni, la grande attrice Monica Vitti, pseudonimo di Maria Luisa Ceciarelli (nata a Roma il 3 novembre 1931). Ha dato la notizia questa mattina Walter Veltroni su Twitter attraverso il marito Roberto Russo, che da anni la accudiva nella sua casa romana insieme a una badante. Roberto Russo è il regista del film “Flirt” con la stessa Vitti per cui Francesco De Gregori scrisse la colonna sonora, che conteneva la celebre “La donna cannone”. Non appariva in pubblico dal 2002, il suo ultimo film è stato “Scandalo segreto” del 1990 con la sua regia, poi nel 1992 aveva partecipato alla miniserie televisiva “Ma tu mi vuoi bene?” di Marcello Fondato. Nel 1995 aveva ritirato il Leone d’Oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia.

Dopo qualche ruolo di secondo piano in alcune pellicole comiche, venne notata dal regista Michelangelo Antonioni, con il quale intrecciò una relazione artistica e sentimentale, che ne fece la sua musa e la protagonista nella sua tetralogia cosiddetta dell’incomunicabilità. Diventò così la tormentata Claudia in “L’avventura” (1960), la tentatrice Valentina di “La notte” (1961), la misteriosa e scontenta Vittoria de “L’eclisse” (1962) e la nevrotica Giuliana nel capolavoro “Deserto rosso” (1964).

Monica Vitti

Lavorò saltuariamente come doppiatrice dando la voce al personaggio Ascenza nel film “Accattone” di Pasolini; a Rossana Rory in “I soliti ignoti” di Monicelli e a Dorian Gray nel film “Il grido” di Antonioni; è la voce inoltre di Dalila (Daphne) nel film “Senti chi parla adesso!” (1993), sostituendo la voce di Diane Keaton nella versione originale, insieme a Renato Pozzetto, voce del cane “Scag” (in originale “Rocks”), originalmente doppiato da Danny DeVito. Fu Mario Monicelli a metterne in risalto la sorprendente verve di attrice comica, dirigendola nella commedia “La ragazza con la pistola” (1968), dove la Vitti interpretò il ruolo di Assunta Patanè, una ragazza siciliana che insegue fino in Scozia l’uomo che l’ha “disonorata” (Carlo Giuffré) con l’intento di vendicarsi. Il film ebbe un grande successo e contribuì notevolmente a ridefinire la carriera dell’attrice romana, soprattutto agli occhi del pubblico.

Lasciate alle spalle le esperienze internazionali e una volta confermato il suo talento brillante, tra gli altri, in “Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca)” (1970) di Ettore Scola, “Gli ordini sono ordini” (1972) di Franco Giraldi e “La Tosca” (1973) di Luigi Magni, la Vitti negli anni settanta sarà protagonista di numerose pellicole della commedia all’italiana. L’esperienza accanto ad Alberto Sordi nei film con lui interpretati per la regia di quest’ultimo (“Amore mio aiutami” del 1969, “Polvere di stelle” del 1973, “Io so che tu sai che io so”, 1982) sarà quella che l’avvicinerà maggiormente al grande pubblico, nel senso più nazional-popolare del termine. Celebre il loro duetto su “Ma ‘N Do’… Hawaii” (la canzone della “banana”) dalla colonna sonora di “Polvere di stelle” scritta dal maestro Piero Piccioni (a cui è stata recentemente dedicata una mostra per i 100 anni dalla nascita):

Con il regista e direttore della fotografia Carlo Di Palma (scomparso nel 2004) ebbe una lunga relazione a partire dal 1964 e recitò nelle tre commedie da lui dirette: “Teresa la ladra” (1973), “Qui comincia l’avventura” (1975) e “Mimì Bluette fiore del mio giardino” (1976). Nel 1974 si esibisce con Raffaella Carrà e Mina nel varietà televisivo “Milleluci”, cantando con loro “Bellezze al bagno” e inscenando una simpatica coreografia balneare, con citazioni anche dal suo film di successo “Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa” (1970) di Marcello Fondato. Negli anni ottanta tornò a lavorare con Michelangelo Antonioni in “Il mistero di Oberwald” (1980). Nel 1981 affiancò Vittorio Gassman in “Camera d’albergo” di Mario Monicelli. Nel 1983, con la pellicola “Flirt” dell’esordiente Roberto Russo, ricevette il premio dell’attrice al Festival di Berlino del 1984; la collaborazione con Russo, suo futuro marito, continuò con “Francesca è mia” (1986), entrambi i film furono sceneggiati anche dalla stessa Vitti. Nel 1988  fu protagonista con Orazio Orlando del videoclip “Ma chi è quello lì”, brano eseguito da Mina, tratto dall’album “Rane supreme”, e composto da Pino D’Angiò.

In alcuni suoi film degli anni sessanta e settanta operò quale sua controfigura un’ancora sconosciuta Fiorella Mannoia, cantante che proviene da una famiglia di stuntman. Nel 2018 al Teatro dei Dioscuri al Quirinale di Roma viene allestita la mostra “La Dolce Vitti”, ideata e organizzata da Istituto Luce Cinecittà. Nel 2021, in occasione dei suoi novant’anni, le è stato dedicato il docufilm “Vitti d’arte, Vitti d’amore”, diretto da Fabrizio Corallo e promosso dalla Rai, che è stato presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma 2021 e poi trasmesso su Rai 3 il 5 novembre 2021. Nel 2019 il gruppo romano La Batteria le aveva dedicato il brano strumentale “Monica Vitti” contenuto nel loro secondo disco “La Batteria II”:

Di sè aveva detto: “Sono una donna bionda, ho gli occhi verdi, alta 1,73, presbite, miope, astigmatica, ipermetrope, ipersensibile. Amo il mare, ma non posso stare al sole. Amo l’avventura ma ho paura di entrarci. Amo le novità e i paesaggi nuovi, ma preferisco “un viaggio intorno alla mia stanza”. Amo i dolci, ma mi viene mal di pancia. Amo gli amici, la gente, le parole, le voci, i colori, le contraddizioni, scrivere, camminare. Guardare, capire, cambiare idea. Credo di avere molti occhi, molti capelli, molti dubbi, molte paure, molti desideri. Mi piace recitare, è un riposo dalla vita; insegnare per imparare. Scrivere per capire. Amare e giocare il più possibile. Ma non dormire, perché mi sembra di rinunciare a un po’ di vita” (Monica Vitti).