La voce di Andrea Pavoni

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Il musicista racconta il suo album solista “Canzoni in verticale”, uscito lo scorso luglio per Filibusta Records

AH: “Canzoni in verticale” si presenta come un’opera corale, aperta al contributo di diversi artisti. Puoi spiegare le ragioni di questa scelta?

AP: La musica ha per me una forte somiglianza con la vita, globalmente intesa. Per me forse è anche un po’ la vita. Quindi “portare con me” alcune persone, renderle partecipi di questo processo creativo e realizzativo è stato come scattare tutta una serie di istantanee di ricordi e momenti specifici. Non volevo essere da solo, volevo essere “con loro”. Poi c’è anche un aspetto tecnico derivante, per ciò che concerne le voci, dal fatto che non sono un cantante ma un autore, quindi era necessario trovare le voci “giuste” per i brani. Questo mi auguro abbia contribuito a colorare di più l’album.

AH: Come è nata la collaborazione con Phil Mer e quale equilibrio avete trovato?

AP: Non posso dire “per caso” perché in realtà non è stato così. Io ho cercato Phil per una serie nutrita di motivi… Lui è batterista, arrangiatore, pianista… Grande appassionato di arte visiva… E’ un artista, e non ragiona solo da turnista/professionista. Speravo che sarebbe stato in grado di vedere “a tutto tondo” il lavoro e che avrebbe potuto indirizzarmi al meglio su tanti aspetti sia tecnici che artistici. Avevo visto alcune cose realizzate per Red Canzian e mi avevano colpito. E’ stato così come pensavo, per mia fortuna. E’ stato un bel rapporto di collaborazione di cui vado orgoglioso. 

AH: Molte delle canzoni di questo disco hanno atteso a lungo prima di vedere la luce. Immagino che, avendo scelto di pubblicarle, tu le senta ancora nelle tue corde. Che effetto ti ha fatto tornare a lavorarci su?

AP: Sì, sono nelle mie corde, ma allo stesso tempo non si può negare che il tempo sia passato. Questo però mi ha consentito di accostarmi a loro con spirito molto più asettico: le ho trattate come se fossero canzoni “di qualcun altro” da migliorare, arrangiare, integrare. In questo modo il lavoro è diventato “nuovo”, e io lo sento attuale, corrispondente alla mia realtà di oggi, più orientata sull’autorialità e sull’arrangiamento.

AH: C’è qualche brano a cui ti senti più legato per qualche ragione particolare?

AP: No, perché sono tutti pezzi di vita importanti, istantanee di momenti che già ricordavo “per sempre” e che ora ho potuto condividere con più persone. Posso dire che considero “L’Ascensione di Cristo” il brano più complesso che io abbia mai composto, e la sfida – per me, nel futuro – sarà di andare oltre, riuscendo a comporre qualcosa di ancora più complesso o articolato. Considera che sono già molti anni che ho intrapreso questa sfida e ancora non mi considero vincitore.

AH: Cosa hai portato dell’esperienza Greenwall in questo lavoro?

AP: La voglia di fare le cose per bene, direi. Comunque i Greenwall “sono sempre con me”. Alfredo De Donno ha partecipato suonando in un brano, Michela Botti sarà presente nei concerti dal vivo.

AH: Prevedi quindi di proporre il materiale del disco anche dal vivo?

AP: Sì! La presentazione ufficiale sarà il 2 ottobre presso il Teatro Il Cantiere, a Roma. Poi potrebbe esserci anche un evento in streaming… Poi chissà, sono aperto a tutto!!

AH: Che la canzone d’autore e una certa attitudine progressive potessero convivere lo hanno già brillantemente dimostrato De André & PFM e il Banco di Mutuo Soccorso. Sembra però che questi due generi non stiano godendo di una salute eccellente negli anni 2000. Quali sono secondo te le ragioni di questa crisi?

AP: Non lo so, lo devo ancora capire. Hai fatto degli esempi “brillanti”, nel senso che effettivamente il prog si è incontrato con la canzone d’autore tante volte, e forse in Italia era l’incontro migliore che potesse fare. Ma in questi anni c’è una realtà musicale profondamente diversa e va capita. Io non sono affatto refrattario al nuovo. Certo, ha tante sfumature, e alcune di queste mi lasciano indifferente. Però la musica “popolare” dei nostri tempi va innanzitutto capita. Ho il sospetto che “serpeggi” tra un loop e l’altro una “canzone d’autore diversa”, che quindi potrebbe aprirsi ad altri incontri, altre culture, come è avvenuto e avviene per il prog. I mezzi espressivi cambiano col tempo, non ce n’è uno migliore e uno peggiore, non è la forma che determina il contenuto.

AH: Progetti per il futuro?

AP: Diventare ricco e pieno di groupies!! Scherzi a parte, in parallelo esistono diversi altri progetti… Chiaramente c’è anche un “Canzoni in Verticale 2”, ma c’è anche musica da camera, musica elettronica… Insomma tenteremo di restare in movimento!

Andrea Pavoni, “Canzoni in verticale“, Filibusta Records 2022