Il rock dei Måneskin sbanca Sanremo

Tempo di Lettura: 4 minuti

Hanno vinto i Måneskin con “Zitti e buoni”. Una sorpresa finale in cui ha avuto un ruolo importante il popolo del web, che ha spinto fino al secondo posto anche la debole “Chiamami per nome” di Francesca Michielin e Fedez. Con questo verdetto la 71.ma edizione ha sdoganato il rock nel più tradizionale dei Festival italiani. Una operazione voluta e attuata da Amadeus all’inizio del suo “mandato”.

Al terzo posto si è classificato “Un milione di cose da dirti” di Ermal Meta, al quale non è bastato aver occupato il primo posto nella classifica generale sin dal primo ascolto. Con la proclamazione del brano vincitore e l’assegnazione del Premio Mia Martini a Willie Peyote, del Premio Lucio Dalla a Colapesce e Di Martino, del Premio Sergio Bardotti (per il miglior testo) a Madame e il Premio Giancarlo Bigazzi (per la miglior composizione musicale) a Ermal Meta si è chiuso uno dei capitoli della rassegna sanremese che verrà ricordata negli anni. La vittoria dei Måneskin è stato l’unico sussulto di un Festival che ha messo in evidenza lo stesso canovaccio delle serate precedenti. Iniziata con l’Inno di Mameli eseguito dalla Banda Musicale della Marina Militare a cui ha fatto seguito un omaggio di Fiorello a Little Tony, la serata ha avuto il suo momento più alto nell’esibizione di Ornella Vanoni. La cantante ha lanciato un messaggio di incoraggiamento «Oltre questo teatro c’è il pubblico, il pubblico c’è sempre». Ha anche rimproverato Fiorello per essersi esibito come cantante. Poi ha mostrato classe e trasmesso emozioni con il medley “Una ragione in più”, La musica è finita”, Mi sono innamorata di te” e “Domani è un altro giorno” e il sentito duetto con Francesco Gabbani di “Un sorriso dentro al pianto”. La serata ha visto la partecipazione di Serena Rossi, Umberto Tozzi, Paolo Vallesi, Michele Zarrillo, DardustAlberto Tomba, Federica Pellegrini, il gruppo di ballerini Urban Theory. Un numero eccessivo di ospiti che, quest’anno, è stato addirittura superiore al numero dei cantanti in gara. Come sempre inutile la presenza di Ibrahimovic. Da evidenziare l’ennesima caduta di stile di Fiorello. Ricevuto il Premio Città di Sanremo, non ha esitato a esibirlo come fosse una medaglia olimpica.

Il quinto quadro di Achille Lauro ci ha mostrato il cantante in una versione meno trasgressiva nel suo doppiopetto color ciclamino. Alla fine della sua apprezzabile performance di “C’est la vie”, preceduta dal ballerino Giacomo Castellana, solista dell’Opera di Roma, si apre la giacca mettendo in risalto il busto di Lauro trafitto da steli spinosi di rose, con rivoli di sangue che escono dalle ferite. Una ulteriore provocazione che viene sottolineata da un video in cui si sovrappongono voci con insulti nei suoi confronti.
Il Festival di Sanremo ha scritto così la parola fine. Una edizione difficile da organizzare ma che non può tenere conto di cosa non abbia funzionato. La volontà di non porre l’accento sulla pandemia ha costretto Amadeus e Fiorello a pensare a uno spettacolo nello spettacolo. Da una parte le canzoni, dall’altra le performance di Fiorello. Tutto a scapito di una fluidità che una rassegna di questo tipo richiede. E’ impensabile che l’orario di chiusura previsto superi le due di notte. La perdita di spettatori rispetto al passato dovrebbe essere un segnale importante. Una flessione innegabile che non deve utilizzare come alibi il difficile momento che stiamo attraversando. Bisogna tener conto che, oramai, è possibile vedere tutto sui vari canali RAI in orari più “umani”. E’ vero che un anno di preoccupazioni e incertezze ci abbia cambiati. Proprio questo avrebbe dovuto spingere Amadeus a tenere in considerazione lo stato attuale degli italiani. Forse sarebbe stato opportuno organizzare un programma più snello. A tutto ciò si aggiunge l’eccessivo numero di cantanti che forzatamente sono stati presentati come big, poco attrattivi per gli over 40, cercando di attirare il pubblico dei giovani. Si dimentica che proprio questo è più propenso a utilizzare le piattaforme come Spotify e il canale YouTube per l’ascolto delle canzoni dei propri beniamini. E’ proprio con queste realtà che in futuro bisognerà convivere. Riflessioni che il prossimo anno dovrebbero essere valutate da chi sostituirà Amadeus che, dichiarando a poche ore dalla finale che non ci sarà un AmaTer, lascia una pesante eredità a chi lo sostituirà.