Vincenzo Incenzo ci presenta il singolo e video Pornocrazia che anticipa il nuovo album Zoo

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Conosciuto soprattutto come autore per Renato Zero, PFM, Dalla, Trovajoli, Venditti, Zarrillo, Califano, Endrigo, Vanoni, Pravo, Tosca abbiamo intervistato nella sua casa romana il cantautore, regista e scrittore Vincenzo Incenzo. Il 5 Novembre ha pubblicato il nuovo singolo e video Pornocrazia (Verba Manent /distribuzione Artist First) prodotto da Jurij Ricotti e D Lewis, che anticipa il nuovo disco di inediti Zoo in uscita prossimamente.

Vincenzo Incenzo nel suo studio

– Questo riferimento al porno che caratterizza questo singolo, “Il regno del porno”, come lo intendi? V.I.: Intanto la pornocrazia storicamente ha un nobile percorso, è il basso Impero, è il momento in cui ti fanno sembrare Paradiso qualcosa che in verità è l’Inferno, lo mascherano come occasione di felicità, qualcosa da raggiungere, da ottenere, da conquistare, in verità mi pare che ormai sia una guerra tra poveri, se vogliono farci credere che il porno sia ancora quello dei corpi nudi o quello che vediamo su “Only Fans” l’obiettivo è sbagliato, la vera pornografia è quella della corruzione, di questo stato delle cose dove ci danno come a un tossico la dose non per stare bene ma per stare in vita, è un mondo che va tutto in una direzione, dove il linguaggio ha perso completamente senso, non è più un posto dove si nasconde o si palesa il vero, i prodotti ormai sono loro a comprare noi, le immagini sono loro a guardare noi, è un mondo che va in una certa direzione, l’aspetto pornografico secondo me è proprio nel fatto che tutto questo come diceva Piero Ciampi “per il momento lo chiamiamo felicità”, poi l’attacco è indiscriminato ma più che altro è un tentativo di suonare una sorta di allarme e di restituire alla canzone quella ragione sociale che si è ultimamente persa, mi dispiace che anche i grandi nomi si siano un po’ allontanati dai grandi temi, dalle cose urgenti della vita di oggi, del sociale, si sono un po’ trincerati dietro un linguaggio più generalista, e allora per questo dico “questa non è una canzone”, prendendo spunto dalla citazione di Magritte “questa non è una pipa”, perché se le canzoni stanno andando da quella parte io vorrei continuare a rimanere da quest’altra, cioè pensare che una canzone possa ancora sollevare delle domande oltre che andare su Spotify… – Il tuo è più un grido disperato, un allarme… V.I. Sì è un allarme, poi in tutto questo c’è anche il tentativo di “surfare” sul problema, di cercare di alimentare anche una piccola speranza, mi fa quasi   tenerezza, infatti mi sono messo come ultimo accusato nella canzone, dico che ho ancora voglia di sognare un’idea di dignità universale che è così ormai quasi impensabile solo approcciarsi a questo pensiero, sì è un allarme indiscriminato e poi anche il tentativo di sollevare la domanda e di responsabilizzarci un pochino su questo disastro in corso… – Mi ha colpito molto quando canti “Il patto sociale è sciolto e si torna allo stato animale, quant’è bella giovinezza che si lascia brandizzare e il mio cuore ancora sogna dignità universale…” V.I.: Sì la verità è che io credo che il patto sociale si sia sciolto nel momento in cui tutti abbiamo pensato che la tecnologia ci potesse rendere indipendenti, e da quel momento in poi non avevamo più bisogno degli altri, questa è stata proprio una cosa indotta dall’America, la tecnologia come formula per l’eternità ed elisir di onnipotenza, e quindi da lì in poi tutto vale tutto… – E uno vale uno come dici nella canzone “Alla propaganda dell’uno vale uno oppongo il senso nobile dell’uno per uno”…V.I.: Sì sarebbe meglio pensare a “uno per uno” perché si è visto che questo “uno vale uno” fa disastri, la giovinezza che si lascia brandizzare è perché alla fine, a proposito di quegli inferni mascherati da Paradiso, è proprio questo, il fatto che comunque per queste gioie temporanee, per questo “meglio” che è il primo nemico del bene vero, si tira avanti, i giovani sono consolati dalla visibilità e dal guadagno, ma non voglio fare un discorso da anziano, anche perché i giovani mi sono molto d’aiuto con i loro codici anche nella costruzione di tanti brani del disco, io sono continuamente informato sulle nuove sonorità, mi piace sentire tutto, anche cose che arrivano da fuori, viaggiando prima della pandemia ho assorbito molte di queste cose, soprattutto in America Latina che è diventata la mia seconda casa, Medellin in Colombia è la nuova Miami a livello di sonorità, la cosa bella che mi permette Jurij Ricotti (il produttore) è che siccome lui è uno degli sperimentatori dei nuovi programmi musicali e apparecchiature audio le sperimenta in anteprima in Italia, quindi abbiamo delle tecniche di registrazione (ad es. per la voce di questo brano) che ancora non sono state usate…

Vincenzo Incenzo (ph. Patrizia Zalocco)

– Ma Jurij Ricotti è inglese? Ricordo il percussionista Frank Ricotti nel disco “Voyeur” di Zero…V.I.: lui è italiano, ha la famiglia sparpagliata per il mondo, però avendo lavorato con Tony Renis si è aperto un mondo ed è andato a suonare con i Queen, Eminem, Dua Lipa, ha fatto un percorso incredibile e mi è di grande aiuto anche per questo… – Insieme a D Lewis… V.I.: D Lewis è un dj che ha lavorato molto sia in Italia che all’estero, io cercavo una sonorità tra l’extrabeat e l’elettronica, che va molto bene in Germania e in queste nuove terre di conquista della musica, ero rimasto affascinato da queste sonorità e parlando con lui abbiamo prima fatto una produzione “pop” e poi l’abbiamo quasi remixata però non è un remix perché il remix è entrato nella scrittura del pezzo, la ritmica è diventata determinante per scandir il testo, alla fine è un tutt’uno, ammicca all’extrabeat perché è un rap supervelocizzato ma io lo prendo solo in prestito, non ho la velleità di fare rap, perché quel codice ti permette di dire tante cose in poco tempo, altrimenti mi sarebbero servite cinque o sei pagine o sei canzoni per cantare tutto questo testo, e poi anche per trasformarlo in un mitra robotico impersonale che sputa fuori queste frasi in uno zapping isterico senza risultare retorico o patetico… – Tu avevi già fatto una specie di invettiva con “Je suis” in un disco precedente… V.I.: Sì “Je suis” (in “Credo”) e anche Allons Enfants” (nel disco successivo “Ego”, vedi intervista a Giancarlo Passarella), io ho cominciato a fare il cantautore a 17-18 anni al Folkstudio (alla sede di Via Sacchi), poi il lavoro di autore mi ha preso la mano per tanti anni ma lì al Folkstudio era una regola pensare che la canzone avesse una ragione sociale, quindi mi è rimasta quella suggestione che la canzone debba guardare fuori dalla finestra e non dentro casa… Questo singolo è solo l’anticipo del disco “Zoo” che uscirà prossimamente, inteso come un’umanità varia in cui c’è di tutto… V.I.: Tra l’altro l’idea di chiamarlo così è dell’ufficio stampa Vita Ragaglia, sì era proprio il bestiario umano in verità, Chesterton (“Uomovivo”) oppure Orwell (“La fattoria degli animali”), gli animali c’entrano poco, anche se penso che di questo passo saranno loro a tirarci le noccioline, perché ci stiamo mettendo dentro delle gabbie, quasi come in una leva obbligatoria con tanti volontari o una leva volontaria, sembra quasi che ci piaccia perimetrarci, io lo vedo anche in come è stata gestita questa cosa del DDL Zan, che rimane qualcosa che per il valore simbolico andava espressa, però d’altra parte sembra che con il voler perimetrare delle categorie allo stesso tempo si corre il rischio di ghettizzarle, “non puoi offendere il gay perché offendi la categoria”, ma allora state creando una categoria? Non siamo tutti insieme sotto lo stesso cielo? Quello è un po’ il pericolo, poi capisco il valore simbolico della questione, ma la ghettizzazione esiste, questo per dire come le gabbie stanno dappertutto, senza considerare altri tipi di sbarre come i “codici a sbarre”, sono anche quelle delle gabbie, quindi è un po‘ la fotografia dello stato attuale delle cose, è un disco che per l’80% ha tematiche di questo tipo, poi c’è anche un residuo di romanticismo nell’altra parte del disco…

La copertina del singolo “Pornocrazia”

Sono già pronti gli altri brani del disco? V.I. : Sì, dobbiamo capire quando uscire perché il periodo è così confuso, ho pensato magari di fare uscire un altro singolo prima dell’album, comunque nel giro di pochi mesi… Le sonorità sono più o meno quelle del singolo? V.I.: Sì le sonorità sono queste e sono molto contento del lavoro, c’è un uso sia del suono che del materiale visivo molto nuovo, mi piace l’idea di poter combinare i due elementi, di farli vivere insieme, “Pornocrazia” che è il primo singolo vive proprio nella sua interezza anche con le immagini, è un tutt’uno, è quasi un oggetto, mi piace pensare alla canzone sdoganata dalla sua consistenza abituale ma che possa vivere anche in altre situazioni, a livello di immagine, di testo, anche indipendente dalla musica, possa avere queste varie anime, il tentativo è quello anche in altri brani, di costruire dei piccoli eventi dove immagine, suono, parola tutti concorrono insieme a creare una suggestione e un’emozione… – Ci sono altri collaboratori nel disco di cui vuoi parlare? V.I.: Sì i musicisti sono tanti, ce li portiamo dietro dal disco precedente, poi la tecnologia ti permette di chiamare Alfredo Paixao, un bassista che sta in Brasile che mi ha mandato la sua traccia, addirittura ho convocato un coro di bambini in una canzone un po’ sui generis che parla di usura, mi piaceva l’idea di poter trattare dei temi che sono così lontani dall’idea di canzone, come l’usura o altre tematiche che sembrano idrorepellenti… – Mi viene in mente la pedofilia di cui parlava Renato Zero in “Qualcuno mi renda l’anima” nel 1974… V.I.: Sì esatto, se c’è una sfida è proprio quella di rendere prosa delle tematiche che apparentemente prosa non potrebbero mai essere, parlando anche con D. Lewis mi diceva “forse certe volte dovresti essere più lirico”, io sono stato molto lirico, ho fatto grande uso della metafora, ad es. in “L’elefante e la farfalla”, però questo linguaggio molto diretto dove si usano termini che appartengono al quotidiano mi piace molto fonderlo con una sorta di lirismo, penso che questo codice urbano che è entrato violentemente nelle mie canzoni da cantautore sia una componente essenziale, perché sono stato lirico abbastanza, adesso mi sembra che ci sia poco tempo da perdere, bisogna andare dritti… – Si può essere poetici anche senza fare la rima baciata…V.I.: O cercare la parola evocativa, molte volte la realtà ti offre delle suggestioni che sfidano qualsiasi forma di fantasia… – Poi la canzone è un’arte a parte, non è la poesia, non so se sei d’accordo…V.I.: assolutamente, sono d’accordissimo, è proprio un’altra cosa, la poesia si regge sulle sue gambe, c’ha il suo ritmo, la sua musicalità, i suoi tempi, le sue pause, il testo vive in osmosi con la musica e viceversa, quindi il testo di una canzone è influenzato dalla stessa musica, io poi sono fissato con questo, sono uno studioso della parola, dalla “parola scenica” di Verdi, che a nota acuta fa corrispondere una parola che abbia un senso acuto, violento, e viceversa a una nota bassa, questa onomatopea del linguaggio operistico e quindi dell’associare musica e parole viene da molto lontano, anche lo stesso Dante Alighieri, mi ha sempre affascinato questo discorso, se leggi l’”Inferno” di Dante insieme allo scenario acustico che è pieno di grida, lamenti, pianti, ecc. anche il linguaggio è duro, pieno di consonanti dure e aspre: rocca, roccia, stipa, insacca, ecc.  se vai nel “Paradiso” il linguaggio si purifica, non ci sono più le q, le r, ma ci sono le elle, le esse, ecc. quindi pensa che tipo di lavoro è stato fatto sul fonosimbolismo, questa cosa mi ha sempre affascinato e la inseguo da sempre, questo fatto di restituire al suono la giusta parola e viceversa, la parola può essere raccontata, sono partito spesso in questo album non da un pianoforte ma da un loop (che è una cosa che non ho fatto spesso), quindi mi sono creato una gabbia ritmica e ho cominciato a scrivere il testo, e poi è stato il testo a suggerirmi il clima sonoro, quindi quali strumenti mettere in gioco, ecc. mi piaceva l’idea di sperimentare una nuova forma di partenza, ci sono anche delle canzoni nate al piano ma la maggior parte sono nate senza l’approccio orizzontale di avere le note ma magari partendo proprio da una frase o da un ritmo, ad es. “Questa non è una canzone”, non c’era un pianoforte sotto, perché penso che l’armonia si è ristretta molto, lo vedo nella composizione in genere, in tutto il mondo, anche quando sono andato in America latina o in Germania, l’uso degli accordi si è molto compresso, perché è tutto più immediato, io come al solito sono uno a cui piace la sfida con la contemporaneità, non è che dico che le canzoni vanno suonate e scritte solo in quel modo, mi piaceva questa idea e mi ci volevo cimentare, penso che non importa da dove si parte, l’importante è che ci sia qualcosa da cui partire, io trovo di aver scritto cose molto più melodiche partendo da un loop in questo disco rispetto magari all’altro disco partendo dal pianoforte con tutti gli accordi davanti a me che potevo fare quello che volevo, quindi non è detto, molte volte è lo stimolo che può venire da un suono ripetuto, da un loop, da qualsiasi cosa, questo l’ho imparato in Colombia dai ragazzini per strada che fanno dei rap incredibili battendo la pietra sul tombino e partono con delle armonizzazioni fra di loro con dei controtempi fantastici…(“Fuori fuoco” dal disco “Ego” era stata dedicata alla tragica vicenda di WiIly Monteiro).

La copertina di “Ego” (Spanish version)

– Per cantare all’estero, anche in America latina, traduci le tue canzoni o usi sempre l’italiano? V.I.: io fortunatamente conosco bene lo spagnolo quindi i dischi precedenti sono usciti anche in spagnolo, “Ego” e “Credo” li abbiamo tradotti, anche se a loro piace molto sentire cantare in italiano, però io il disco lo porto in spagnolo, poi mi piace anche fare cose loro, adesso c’è anche una collaborazione in corso (che doveva partire prima della pandemia) con la più grande star colombiana che si chiama Carlos Vives, un artista straordinario che fa dei numeri incredibili da qualche decennio, è un po’ il Vasco Rossi della situazione, anche se lui è più folklorico, quindi sono entrato proprio nel tessuto, ci vado spesso, poi ho aperto anche una Fondazione per bambini lì sul Pacifico, quindi il rapporto è sincretico e profondo, molto vissuto da parecchi anni…  – Adesso speriamo che si possa ricominciare a viaggiare… V.I.: Io ho un po’ paura adesso delle frontiere perché magari vai lì e ti richiudono dentro in quarantena da qualche parte, devo dire che quando sono andato per cantare mi hanno sempre trattato bene, sono meno isterici di noi e più permissivi, forse questo è anche un problema perché lì c’è tanta promiscuità, però nel viaggio precedente mi hanno fatto lo scanner di tutto il corpo, e quindi la paura mia è sempre quella che lì quel tipo di vaccino non va bene, ecc. però mi manca tanto, io sono stato accolto benissimo quando non sapevano ancora cosa facessi, quindi c’è proprio una stima di base per l’italiano che arriva, poi ho cantato una canzone di Carlos Vives e mi hanno proprio sposato, ho fatto degli eventi importanti tipo il Primo Maggio lì, il Carnevale di Pasto dove c’erano ventimila persone, tutto questo prima della pandemia, poi dovevo tornare quest’anno ma è esploso tutto, ora abbiamo programmato con molto ottimismo dei concerti per l’estate 2022, anche in Cile, stiamo facendo già delle interviste con loro e sto traducendo l’album per farlo uscire poi in primavera, questo sarebbe il terzo disco in spagnolo quindi ho già una trentina di canzoni tradotte, molte scopro che sono più belle in spagnolo, suonano meglio, il problema sarà “Pornocrazia” perché cantare a questa velocità è difficile, anche per l’italiano ho dovuto studiare per farlo, perché volevo essere credibile, non volevo fare un montaggio taglia e cuci, quindi ho voluto cantarlo tutto di un fiato come lo farò anche in concerto… – Ci sono già dei concerti in programma? V.I.: stiamo organizzando delle date a Napoli, Roma e Milano tra la fine dell’anno e l’inizio del 2022, per scaldare un po’ il pubblico, non avendo ancora pronti gli arrangiamenti live per gli altri brani quelli ce li riserviamo con l’uscita dell’album quando faremo un tour strutturato bene… – Saranno concerti con la band?  V.I.: sì con la band, abbiamo tre o quattro moduli: piano e voce per i piccoli spazi, il trio con chitarre e tastiere, e poi abbiamo la band al completo con la possibilità anche del quartetto d’archi… – Ci sono altre novità che vuoi segnalare? V.I.: sta uscendo il mio romanzo tradotto in Russia, mi ero quasi pentito di averlo scritto perché immagino in un’epoca un po’ distopica un virus che blocca il mondo, l’ho scritto 5 o 6 anni fa e poi è arrivato il Covid, non lo volevo più vedere questo libro, poi faccio la regia di uno spettacolo a teatro di Giovanni Scifoni (“Santo piacere. Dio è contento quando godo” dal 7 al 19 dicembre alla Sala Umberto), lui è solo sul palco e fa uno scontro tra sesso e religione da spaccarsi dalle risate…

Vincenzo Incenzo nel suo studio

– Parliamo un po’ del video di “Pornocrazia” che è molto particolare… V.I.: il video realizzato in cartoon in tricromia è stato fatto da Luca Bizzi che mescola animazione 2D e 3D, poi questi tre colori (rosso, bianco e nero) mi fanno pensare a un libro “La poesia concreta” sulla poesia futurista, questi automi fanno pensare anche un po’ ai Kraftwerk, questo Luca è straordinario, mi ha ripreso la bocca e l’ha montata su tutti quelli che cantano, perché voleva l’effetto playback, e quando mi si vede nel video in realtà ero qui a casa, poi lui ha montato tutto benissimo, poi lo riguardo e scopro delle cose che ha proprio capito da dentro il testo, poi siccome è anche musicista sul tempo è perfetto, fa dei controtempi pazzeschi, e poi c’è questo “foratino” che ha creato lui come effetto retinato un po’ fumetto alla Diabolik, ci ha messo mesi di lavoro per farlo, anche per la ricerca di materiali, aveva già fatto un video per noi ma la sua forza è la videoarte e la grafica, è insuperabile…