Dopo un ep pubblicato qualche anno fa solo per in patria, il belga Thomas Frank Hopper, amplia i propri orizzonti e dopo una stampa autoprodotta, il suo primo lavoro sulla lunga distanza, trova accoglienza in Italia su etichetta VRec.
Ecco così che l’hard rock blues, di matrice zeppeliniana di “Bloodstone” può finalmente trovare prospettive più ampie. E dopo aver ascoltato le dodici canzoni, non possiamo fare altro che sperare che la musica di questo ragazzo si diffonda ad ampio raggio.
Immaginatevi un cantato intenso e potete che ricorda il primo Robert Plant e i tanti epigoni, non ultimo Joshua Michael Kiszka dei Greta Van Fleet, la scrittura tuttavia è meno legata a schemi del passato, ecco così che appaiono sensazioni di The Black Keys, Jet, Firebird e Thunder, una delle band che più di tutte ha contribuito alla rinascita del classic rock nel terzo millennio.
Il trittico iniziale è mastodontico, la title track, “Come Closer” e “Dirtylicious”, rappresentano la purezza dell’hard rock contemporaneo, con il blues che esplode nella chitarra del leader, grande nella ritmica e puntale nella solista, e nella sua ugola generosa.
Ma l’intero album, dagli echi dei Free di “Sweet Black Magic Sugar Babe” all’omaggio agli Stones di “Into The Water”, fino al blues moderno di “Tomb Of The Giant” e “Tatanka”, funziona che è un piacere. Ma se dovessi scegliere il brano simbolo, non avrei dubbi: “Crazy Mojo”, che evidenzia la padronanza vocale del titolare, accompagnato da una band, che sa essere comprimaria e, all’occorrenza, protagonista.
In chiusura “Mississippi” che sin dal titolo dice tutto dell’ispirazione di Thomas Frank Hopper, che con la sua faccia pulita e i capelli corti, non avrà l’immagine da rocker, ma nell’anima e nella scrittura dei pezzi, lo è completamente.
Non sottovalutatelo, “Bloodstone” è un grande disco di rock, classico e moderno, che ha la forza di guardare al passato, ma senza nostalgia.